L’arvicola e l’evoluzione

J. Andrew DeWoody, genetista alla Purdue University, studia da tempo la genetica delle arvicole e ha scoperto alcuni tratti del genere Microtus davvero interessanti. Le oltre sessanta specie studiate si sono prodotte tra 500.000 e due milioni di anni fa, e cio’ significa che il tasso di speciazione di questi mammiferi e’ quasi cento volte superiore a quello mediamente presentato


J. Andrew DeWoody, genetista alla Purdue University, studia da tempo la genetica delle arvicole e ha scoperto alcuni tratti del genere Microtus davvero interessanti. Le oltre sessanta specie studiate si sono prodotte tra 500.000 e due milioni di anni fa, e cio' significa che il tasso di speciazione di questi mammiferi e' quasi cento volte superiore a quello mediamente presentato dagli altri vertebrati. Nonostante la constatazione indubbia che tutte le arvicole si assomiglino moltissimo, il genere Microtus possiede al suo interno un insolito, ampio intervallo nel numero di cromosomi che caratterizzano le varie specie: da 17 a ben 64; di solito le specie all'interno dello stesso genere mostrano lo stesso numero di cromosomi. E se pensate che le bizzarrie di Microtus finiscano qui, vi sbagliate di grosso. C'e' un lungo elenco di caratteristiche notevoli mostrate dal piccolo roditore, e colpisce soprattutto la differenza genetica tra maschio e femmina che spesso si incontra: alcuni esempi? Il cromosoma sessuale X di una specie contiene il 20% circa dell'intero genoma! In un'altra specie la femmina possiede larghi tratti del cromosoma sessuale maschile, mentre in una terza specie, maschi e femmine possiedono un diverso numero di cromosomi. Questi tratti sono davvero inusuali tra gli animali, specialmente in casi come questo, dove spesso per distinguere una specie dall'altra sono necessarie analisi genetiche!

Anche il DNA mitocondriale delle arvicole e' davvero unico, avendo la capacita' di inserirsi nel DNA nucleare: questa caratteristica, afferma il ricercatore americano, sara' oggetto dei prossimi studi, al fine di ottenere un nuovo meccanismo di inserzione per la terapia genica umana.

Potete approfondire questi temi leggendo l'intero articolo che sara' presto pubblicato sulla rivista Genetica.

Paola Nardi