Le donne di Darwin

Le donne di Darwin. La selezione sessuale e la sua immagine pubblica. Saggio di Alessandro Volpone

Le donne di Darwin. La selezione sessuale e la sua immagine pubblica

Alessandro Volpone
Docente di Storia della biologia evoluzionistica all’Università di Bari

Saggio contenuto nel collettaneo: Il bello della scienza. Intersezioni tra storia, scienza e arte, Franco Angeli, Milano 2013, pp. 179-198

SINTESI

L’opinione di Darwin sulle questioni di genere sembra essere tradizionalista e conservatrice nelle sue pubblicazioni ufficiali; e ciò risulta per certi versi paradossale, essendo egli notoriamente un progressista, o comunque un liberale. Nella corrispondenza privata, però, la situazione cambia: è possibile intravedere una concezione decisamente più fluida e complessa. Le tinte forti sembrano cedere il passo a un delicato chiaroscuro. Per questa ragione, alcuni recenti studi cercano di (re)interpretare alla luce del contesto più ampio del panorama socio-culturale vittoriano il modo in cui Darwin inquadrava la donna, investigando le forme attraverso le quali l’ideologia di genere all’epoca si esprimeva.

Il presente lavoro cerca di mostrare che anche nella sede pubblica delle opere a stampa si offre in realtà un analogo chiaroscuro. Anzi, analizzando la complessità contenutistica delle proposte di Darwin in materia, è possibile rintracciare argomenti e spunti quanto mai innovatori, per la sua epoca. Probabilmente, occorre chiedersi se la componente ideologica non abbia potuto in qualche senso e misura condizionare, oltre che le concezioni dell’autore, anche e soprattutto la ricezione delle sue idee. In altre parole, è innegabile che nel corso della storia vi sia stata una percezione differenziale della teoria, sia a livello di comunità scientifica sia a livello di impatto sociale, poiché alcuni punti di essa sono stati accolti subito e più facilmente, o comunque con minore difficoltà, mentre altri sono stati trascurati, sottovalutati, se non rigettati per diverso tempo. Questo ci ricorda che la nostra stessa idea della concezione di Darwin della donna è un prodotto socio-culturale, nonché un risultato storicamente determinato.

Nei lavori di Darwin è difficile rintracciare osservazioni dirette sulla “condizione sociale” della donna, perché egli se ne occupa in realtà dal mero punto di vista “naturale”, discutendo di selezione sessuale. Egli introduce questa nozione sin dalla prima edizione dell’Origine delle specie (1859), trattando di animali e piante (a sessi separati). Nella successiva Origine dell’uomo (1871), ne perfeziona la portata e il significato, ma, soprattutto, la applica al caso specifico dell’uomo. In generale, essa consiste nel fatto che ogni individuo di un sesso sceglie il proprio partner di sesso opposto, per riprodursi; e questo rappresenta un costante processo selettivo che integra, e in parte si sovrappone, a quello naturale. A ciò dobbiamo la maggior parte delle differenze di genere – d’ordine morfologico, fisiologico e comportamentale – alla base del cosiddetto “dimorfismo sessuale”, che nelle varie specie può essere più o meno marcato; ed è presente anche nell’uomo.

Secondo Darwin è possibile distinguere due forme di selezione sessuale. Una, più evidente, è quella del combattimento del maschio per il possesso della femmina. Tuttavia, è vero che la femmina esercita un ruolo determinante, quando sceglie il maschio che la attrae di più. Nel passo che segue, la distinzione delle due forme è esplicitata da Darwin in maniera molto chiara:

La lotta sessuale è di due generi: in uno è tra individui dello stesso sesso, generalmente maschi, per scacciare o uccidere i rivali, mentre le femmine restano passive; nell’altro la lotta è parimenti tra individui dello stesso sesso, per eccitare o attrarre il sesso opposto, generalmente femmine, che non restano più passive, ma selezionano il compagno più gradito.[1]
Il ragionamento di Darwin prevede quindi per entrambi i sessi un ruolo nella selezione sessuale. Darwin attribuiva al maschio (anche a quello umano) una facoltà di scelta, ma ne riconosceva alla femmina un’altra, cioè la possibilità di avere l’ultima parola. Il primo processo richiede l’uso di caratteri (come artigli e zanne) che sono gli stessi adoperati nell’ambito più generale della lotta per l’esistenza. Il secondo coinvolge caratteri (come piumaggi e canti) che spesso non sono di alcuna utilità ai fini della sopravvivenza del portatore; e, anzi, possono risultare persino svantaggiosi: ne è un esempio eccellente la coda del pavone.

Ebbene, nel corso della storia sembra essere accaduto questo: l’antico argomento della donna quale causa scatenante di conflitti e guerre, la cui memoria si perde nella notte dei tempi (si pensi per esempio al caso di Elena di Troia – “Nam fuit ante Helenam mulier teterrima belli causa”, come recita verso dell’Iliade) sembra aver trovato un corrispettivo scientifico – quasi una naturale estensione – nella concezione darwiniana della legge di battaglia tra maschi per la conquista della femmina. Va da sé, allora, che quest’idea si affermasse con molta più facilità rispetto a quella complementare della scelta femminile, che mal si innestava nell’immaginario collettivo. Così, una parte della teoria di Darwin della selezione sessuale è caduta nell’oblio, essendo in varia misura trascurata, almeno fino all’ultimo cinquantennio.[2] Questo può essere ampiamente dimostrato sia in ambito scientifico che artistico e letterario.[3]
La concezione di Darwin della donna è sicuramente datata, poiché contrassegnata da limiti epocali ideologici e culturali, ma, altrettanto, è sorprendentemente complessa e articolata. Resta il dubbio che sia stata recepita in maniera unilaterale e semplicistica, nel corso del tempo, e che sia stata distorta, o fraintesa, complice un atteggiamento millenario interpretabile come un fil rouge che collega tra loro cose lontane come la mitica guerra di Troia narrata da Omero e la battaglia cinematografica del signore delle scimmie sull’Empire State Building di New York: l’immaginario collettivo è pieno di maschi – non importa se umani, antropoidi, o bestioni – che si contendono una femmina, mentre è impresa ardua citare opere che raffigurino la scelta femminile.

Alla fine, dunque, non è chiaro se i dubbi di apparente “maschilismo” debbano riguardare la teoria o piuttosto la sua ricezione. Oggigiorno, da un punto di vista storico e culturale vale forse la pena tornare a considerare la posizione di Darwin nella sua interezza, cercando di compenetrare più compiutamente il suo sforzo teorico.

 

[1] L’origine dell’uomo e la selezione sessuale (1871), trad. it. (edizione integrale) Newton Compton, Roma 1990; 4a ed. 2003, pp. 459-460.

[2] Per una ricostruzione del dibattito scientifico sulla selezione sessuale, cfr. H. Cronin, Il pavone e la formica. Selezione sessuale e altruismo da Darwin a oggi (1991), Il Saggiatore, Milano, 1995; edizione EST 1999.

[3] Per una disamina dell’impatto del darwinismo nell’arte, cfr. B. Larson & F. Brauer (eds.), The Art of Evolution. Darwin, Darwinism and Visual Culture, University Press of New England, Hanover (New Hampshire, USA) and London 2009.