Le ragioni della sopravvivenza e dell’estinzione

Un’altra interessante lezione del prof. Bernard Wood a Firenze (*). Due milioni di anni fa in Africa vivevano diverse specie di ominini. Le loro caratteristiche variavano, ma nella documentazione fossile raccolta e studiata finora i paleontologi hanno individuato due raggruppamenti: gli “ominini arcaici megadonti” che avevano grandi denti e un cervello piccolo, e gli “Homo premoderni” che avevano, al contrario,

Un’altra interessante lezione del prof. Bernard Wood a Firenze (*).

Due milioni di anni fa in Africa vivevano diverse specie di ominini. Le loro caratteristiche variavano, ma nella documentazione fossile raccolta e studiata finora i paleontologi hanno individuato due raggruppamenti: gli “ominini arcaici megadonti” che avevano grandi denti e un cervello piccolo, e gli “Homo premoderni” che avevano, al contrario, un cervello più grande e denti più piccoli. Sebbene una delimitazione netta sia difficile e si trovino forme intermedie, è come se vi fosse una polarizzazione delle specie, ognuna delle quali è più vicina a un estremo o all’altro.

Nella documentazione fossile di 1.5 milioni di anni fa, in corrispondenza di importanti cambiamenti ambientali, gli ominini megadonti tra cui le specie del genere Paranthropus non si trovano più, restano invece le specie “premoderne” che nel periodo successivo appaiono in grande quantità. I Paranthropus si sono estinti. I premoderni hanno prolificato. Perché?

A lungo si è pensato che le cause dell’estinzione delle specie di Paranthropus andassero ricercate nella loro elevata specializzazione per una dieta composta da cibi duri e/o di scarsa qualità, una strategia adattativa dedotta soprattutto dalla dentizione. Ebbene, queste specie sarebbero state troppo specializzate (“stenotopiche”, ovvero “che possono abitare una gamma ristretta di luoghi”), tanto da trovarsi incapaci di adattarsi ai cambiamenti ambientali sopraggiunti 1.5 milioni di anni fa. La diversa strategia ecologica del genere Homo, considerata “generalista” e contraddistinta da flessibilità alimentare e comportamentale (“euritopia”), ne avrebbe garantito la sopravvivenza alle medesime sfide ambientali.

Ma i Paranthropus erano davvero più stenotopici degli Homo? L’ipotesi, molto influente, risale ai primi anni Cinquanta, ma nel 2004 Bernard Wood e David Strait decisero di applicare a quegli organismi estinti gli undici criteri per “misurare” la stenotopia, elaborati a partire dagli organismi viventi e pubblicati soprattutto da Niles Eldredge e da Elizabeth Vrba. Un gruppo stenotopico dovrebbe avere un’ampiezza dietaria molto limitata, una marcata preferenza di habitat molto legata alla risorsa alimentare, e il suo areale dovrebbe essere molto discontinuo; dovrebbe mostrare un alto grado di diversificazione in specie separate, con tratti distintivi e adattamenti morfologici stretti, le quali potrebbero facilmente convivere in simpatria, e ognuna dovrebbe avere una vita piuttosto breve; la densità popolazionale dovrebbe essere funzione non della totale capacità di sostentamento della regione, bensì solo della presenza della risorsa; il gruppo dovrebbe essere molto soggetto alla vicarianza e alla dispersione con una direzione molto vincolata al cambiamento ambientale.

Dopo un’analisi molto approfondita, Wood e Strait conclusero che sei degli undici criteri, applicati a Paranthropus, deponevano contro l’ipotesi che questo gruppo fosse stenotopico; soltanto una linea – indiretta – di prove avvalorava l’ipotesi di un’abilità ridotta dei Paranthropus nel processare cibi duri e fibrosi come le foglie fosse rispetto ai primi Homo; i risultati sui rimanenti criteri erano ambigui, e sarebbero valsi solo in determinate condizioni. La valutazione degli Homo secondo gli stessi criteri appariva problematica.

Così, un’ipotesi largamente accettata basata sull’idea dell’estinzione di gruppi troppo specializzati si rivelò troppo affrettata, poiché non resse all’applicazione di criteri che misero in dubbio proprio il riconoscimento dei gruppi in questione come “stenotopici”.

Potrebbe essere uno di quei casi in cui per molto tempo un presupposto influente viene dato per scontato e non sottoposto a verifica. Il ragionamento potrebbe aver funzionato così:
(1) le specie troppo specializzate si estinguono facilmente nei cambiamenti ambientali;
(2) i Paranthropus si sono estinti a fronte di forti cambiamenti ambientali;
(3) quindi, i Paranthropus erano troppo specializzati, come si vede anche dai loro grandi denti!

«We suggest that researchers have been misled by assuming that derived morphology always equates with a specialized adaptation» (p. 154): i ricercatori si sono fidati troppo delle loro idee sull’estinzione e sui denti!
In questo caso è facile notare uno degli aspetti che rendono più difficile e più affascinante lo studio scientifico dell’evoluzione: non si possono sempre controllare tutti i presupposti di una ricerca, e a volte capita di scoprire che – come dicono i filosofi – “si è presupposto proprio ciò che si voleva scoprire”.

Un altro elemento da sottolineare è il tentativo di applicare alle specie fossili i pattern trovati negli esseri viventi odierni: estremamente problematico ma evidentemente necessario per ridurre le incoerenze tra due storie naturali, quella del tempo profondo narrata dai paleontologi e quella recente studiata dai naturalisti.

È probabile che sia i Paranthropus che i primi Homo fossero ecologicamente generalisti. Wood e Strait conclusero il loro paper proponendo uno scenario che coinvolge molti altri caratteri oltre alla specializzazione della dieta nel differenziare gli Homo dai Paranthropus, primo fra tutti la locomozione: «Postuliamo che condizioni ambientali instabili o mutevoli nel tardo Pliocene potrebbero aver guidato le specie di Homo a ridurre l’affidamento sulle risorse arboree pur mantenendo una dieta ampia. Come risultato, le specie consolidarono il loro ada ttamento alla locomozione bipede espandendo lo sfruttamento di cibi terrestri. Così, una strategia di locomozione specializzata fu mediata da una strategia di alimentazione generalista» (p. 150). Questo ragionamento mostra anche il carattere complesso degli organismi che difficilmente possono essere etichettati come “generalisti” o “specialisti” in toto. Altri caratteri importanti potrebbero essere stati le modalità e il grado di utilizzo di strumenti, le capacità di evitamento dei predatori, la competizione con altri primati o altri mammiferi, la reciproca competizione, la struttura sociale e la capacità di apprendimento.

«Researchers will need to explore other avenues of research in order to generate testable hypotheses about the demise of Paranthropus» (p. 119).

Emanuele Serrelli

 

Riferimenti:
Wood, B., D. Strait (2004) “Patterns of resource use in early Homo and Paranthropus”, Journal of Human Evolution 46(2), pp. 119-162.

Bernard Wood, professore di “Human Origins” al Dipartimento di Antropologia dell’Università di Washington, è ospite abituale del prof. Jacopo Moggi (http://www.unifi.it/dbalan/CMpro-v-p-45.html) e dei paleontologi Fiorentini, che ogni anno lo invitano a portare oltre agli sviluppi più recenti in campo paleoantropologico la sua autorevole esperienza: anatomista di formazione, Bernard Wood partecipò alla metà degli anni Settanta alle spedizioni di Richard Leakey, che portarono a un’esplosione dei ritrovamenti fossili e alla fine a una radicale ristrutturazione del nostro modo di ricostruire le nostre origini. La pagina web di Wood (http://home.gwu.edu/~bwood/) contiene i riferimenti bibliografici alla sua ampia e illustre produzione scientifica. In particolare si consigliano il libro Human Evolution: A Very Short Introduction (2005, Oxford University Press, New York) e il recentissimo numero di aprile 2008 del Journal of Anatomy (http://www.blackwell-synergy.com/toc/joa/212/4), da lui curato, che contiene aggiornatissimi paper tratti da un simposio tenutosi ad Oxford nel 2007.

(*) Le altre news su Pikaia:
– Mostrami la dentina e ti dirò chi sei, notizia del 26/05/2008
– Se trovo un fossile di ominide posso essere automaticamente sicuro che sia un nostro antenato?, notizia del 25/05/2008
– Human evolutionary history, notizia del 06/05/2008