Leggere i fossili, leggere Darwin

Il problema della comprensione della teoria dell’evoluzione accomuna tutti coloro che si interessano superficialmente dell’argomento. Sarà la controintuitività del meccanismo di selezione naturale, o la mole di dati che abbisognano di essere riassunti ed ordinati nella nostra mente prima ancora che nei libri, ma fatto è che capire e far capire come funzioni l’evoluzione non è per nulla facile. Impossibile

Il problema della comprensione della teoria dell’evoluzione accomuna tutti coloro che si interessano superficialmente dell’argomento. Sarà la controintuitività del meccanismo di selezione naturale, o la mole di dati che abbisognano di essere riassunti ed ordinati nella nostra mente prima ancora che nei libri, ma fatto è che capire e far capire come funzioni l’evoluzione non è per nulla facile. Impossibile farlo se poi si ignorano anche i fossili.

Anastasia Thanukos paleontologa dell’University of California Museum of Paleontology, nell’ultimo articolo di Evolution, Education & Outreach, “Darwin’s “Extreme” Imperfection?“ci spiega quali siano gli errori comuni nell’interpretazione del record fossile e quindi nella comprensione della teoria dell’evoluzione.

Cominciando dall’abusato concetto di “anello mancante”. Oggi si preferisce “forma di transizione”, specialmente in seguito alla rivoluzione cladistica della sistematica, in quanto i caratteri che si trovano riuniti nelle specie attuali sono comparsi gradualmente, anche se a diversi tassi evolutivi, in quella linea filetica. Tuttavia è improbabile trovare serie dirette di antenati e discendenti, largamente più probabile è che si ritrovino linee filetiche imparentate che presentano diverse caratteristiche appartenenti alle specie attuali, secondo un modello di evoluzione a mosaico. È quindi più interessante e istruttivo seguire l’evoluzione dei singoli caratteri, così come per i geni che li controllano, che pretendere di trovare i diretti progenitori delle linee filetiche attuali.

La ricerca dei diretti antenati è collegata, nella sua logica, all’antica concezione della Grande Catena dell’Essere, a sua volta, riciclo neoclassico della Scala Naturae. Questa idea, tipicamente antidarwiniana, legata al pensiero idealistico della Naturphilosophie, produce un atteggiamento tipicamente antropocentrico (e quindi, vertebratocentrico, zoocentrico etc.) secondo cui Homo sapiens sarebbe nel migliore dei casi, lo “sforzo creativo” bergsoniano di una natura progettista.

Il prodotto dell’evoluzione per selezione naturale, non è infatti una scala o una catena in cui esistano un “superiore” ed un “inferiore”, bensì un albero, di natura frattale, i cui rami continuano a separarsi (ed eventualmente unirsi per simbiogenesi), generando, in un determinato tempo specie più o meno specializzate ad un determinato ambiente – la storia dell’evoluzione. La spiegazione del pensiero popolazionistico è quindi il modo più corretto per cominciare a parlare e spiegare l’evoluzione, rompendo così il pigro schema idealistico.

Infine, l’articolo indica una serie di siti internet dove potersi documentare per rispondere ai quesiti fondamentali sull’evoluzione, con spiegazioni indirizzate alla scuola media e superiore. Una buona informazione scientifica fin dall’infanzia è il miglior antidoto all’ignoranza del creazionismo.

Leggiamo dell’evoluzione, capiamo l’evoluzione, spieghiamo l’evoluzione.

Giorgio Tarditi Spagnoli