L’evoluzione all’opera: i pesci fossili insegnano

Nelle barriere coralline l’evoluzione è sempre all’opera. Nel primo incontro del secondo ciclo degli “ApeGeo”, gli aperitivi scientifici del Dipartimento di Scienze della Terra Ardito Desio dell’Università  degli Studi di Milano, Andrea Tintori, professore ordinario di Paleontologia e responsabile del Laboratorio di Paleontologia dei Vertebrati, ha raccontato una storia di convergenze adattative. Il prof. Tintori si è in particolare soffermato su quei

Nelle barriere coralline l’evoluzione è sempre all’opera. Nel primo incontro del secondo ciclo degli “ApeGeo”, gli aperitivi scientifici del Dipartimento di Scienze della Terra Ardito Desio dell’Università  degli Studi di Milano, Andrea Tintori, professore ordinario di Paleontologia e responsabile del Laboratorio di Paleontologia dei Vertebrati, ha raccontato una storia di convergenze adattative.

Il prof. Tintori si è in particolare soffermato su quei pesci che si nutrono di qualcosa di duro e hanno delle specializzazioni per questa dieta: i pesci durofagi. Ci sono diversi modi per essere durofago, ma andando a studiare pesci con dieta simile di centinaia di milioni di anni fa e quelli di oggi vediamo che ci sono delle somiglianze.Se osserviamo un Sarago di oggi o un Sargodon  della fine del Triassico vediamo che entrambi hanno dei denti anteriori per afferrare e poi posteriormente degli altri denti per triturare”. E lo stesso vale nel caso dell’Orata e del Paralepidotus: adattamenti molto simili per una dieta molto simile. Siccome non si tratta di specie imparentate tra di loro siamo davanti a un magnifico esempio di convergenza adattativa. Come dice il prof. Tintori, dunque: “nulla di nuovo sotto il sole”.

“I pesci teleostei da soli comprendono più specie che tutti gli altri vertebrati messi insieme. La chiave di questa diversità  sta anche nella grande varietà  di adattamenti trofici che questi hanno saputo evolvere”, spiega Tintori. Un recente studio pubblicato su Biological Journal of the Linnean Society  è andato a indagare proprio su questo punto e ha mostrato come l’evoluzione di nuove articolazioni mandibolari abbia portato alla diversificazione trofica nei pesci di barriera. L’articolazione intramandibolare si sarebbe evoluta indipendentemente dalle tre alle cinque volte permettendo nuovi modi di muovere la bocca e di nutrirsi.

Immergersi e nuotare tra i colori della barriera corallina è una esperienza incredibile. Trovare tra le rocce delle Grigne o nella pesciara di Bolca. Nonostante i paleontologi non vedano i mille colori delle loro barriere pietrificate, riescono studiando denti e scheletri dei loro abitanti a regalarci una visione dell’evoluzione che, come dice Tintori “ha più fantasia di Speilberg”.

Chiara Ceci