L’evoluzione del sesso e le mutazioni

Una delle principali sfide che la teoria dell’evoluzione per selezione naturale è chiamata ancora a rispondere riguarda l’origine della riproduzione sessuale. La riproduzione sessuale, infatti, è molto diffusa in natura (soprattutto tra gli eucarioti) nonostante l’ingente costo che impone ai genitori. Contrariamente alla riproduzione asessuata, infatti, presuppone l’unione di due gameti (aploidi) provenienti da entrambi i genitori a formare lo

Una delle principali sfide che la teoria dell’evoluzione per selezione naturale è chiamata ancora a rispondere riguarda l’origine della riproduzione sessuale. La riproduzione sessuale, infatti, è molto diffusa in natura (soprattutto tra gli eucarioti) nonostante l’ingente costo che impone ai genitori. Contrariamente alla riproduzione asessuata, infatti, presuppone l’unione di due gameti (aploidi) provenienti da entrambi i genitori a formare lo zigote: questo significa che ciascun genitore contribuirà al patrimonio genetico del 50% della prole, diversamente a quanto avviene nelle specie che adottano partenogenesi, scissione binaria o gemmazione in cui gli organismi figli sono geneticamente identici al genitore. In termini di successo riproduttivo, questo significa che un individuo che rinuncia alla riproduzione asessuata per praticare quella sessuale, rinuncia anche al 50% del successo riproduttivo.

Da questo punto di partenza sono state proposte numerose ipotesi volte a spiegare l’origine di questa modalità di riproduzione a partire dalla condizione ancestrale, la riproduzione asessuata, che si sono concentrate sui possibili vantaggi che il sesso poteva comportare per essere stato avvantaggiato dalla selezione naturale. Tra queste, una delle più accreditate riguarda la possibilità di prevenire l’accumulo di mutazioni leggermente deleterie all’interno del genoma: nelle specie asessuate, infatti, una mutazione che avviene in un genitore si trasmette identica nella prole. Questo processo, prolungato nel tempo, potrebbe condurre alla presenza nelle sequenze di DNA di numerose mutazioni deleterie e compromettere la sopravvivenza. D’altro canto, la riproduzione sessuale porterebbe alla ricombinazione di questi genotipi: in questo modo, verrebbero a crearsi individui portatori di numerose mutazioni leggermente deleterie che sarebbero fortemente svantaggiati, quindi eliminati dalla popolazione, e altri con poche o nessuna mutazione. In sostanza, il sesso avrebbe come effetto la diluizione delle mutazioni all’interno della popolazione e la controselezione dei portatori di più mutazioni leggermente deleterie.

Un recente studio, pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution, ha testato questa ipotesi sulla chiocciola neozelandese Potamopyrgus antipodarum, nota nel praticare entrambi i tipi di riproduzione. La ricerca ha stimato il tasso di mutazione e e la velocità di accumulo di mutazioni deleterie nei genomi mitocondriali di entrambe le popolazioni, stabilendo una stretta relazione tra questi due elementi e l’assenza di riproduzione sessuale. Lo studio sembra dunque confermate l’ipotesi dell’origine del sesso come strumento per eliminare le mutazioni deleterie nelle popolazioni. Secondo questa prospettiva, dunque, la selezione naturale avrebbe favorito gli individui che iniziarono a riprodursi sessualmente quando il vantaggio conseguente alla produzione di una prole priva di mutazioni deleterie avrebbe superato il costo derivante dall’investimento iniziale dovuto al sesso (il 50% del proprio patrimonio genetico).

Bisogna però sottolineare la possibilità che altre forze siano intervenute nell’origine del sesso: infatti, già altri studi sulla medesima specie avevano messo in luce una relazione tra la presenza di riproduzione sessuale e l’intensità di infezione parassitaria (Pikaia ne ha parlato qui), sottolineando un possibile ruolo della ricombinazione tra i genomi parentale nella formazioni di genotipi resistenti ai patogeni. Sebbene la risoluzione del “mistero dell’origine del sesso” sia tutt’altro che risolto, si accumulano sempre maggiori evidenze di un ruolo fondamentale della ricombinazione (implicata sia nell’eliminazione delle mutazioni deleterie sia nella generazione di genotipi resistenti) tra i genomi parentali come forza che potrebbe aver determinato l’origine e la diffusione di questa modalità di riproduzione.

Andrea Romano

Riferimenti:
Maurine Neiman, Gery Hehman, Joseph T. Miller, John M. Logsdon, Jr., and Douglas R. Taylor. Accelerated Mutation Accumulation in Asexual Lineages of a Freshwater Snail. Molecular Biology and Evolution, 2009; DOI: 10.1093/molbev/msp300

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons