L’industria litica olduvaiana è più antica di quello che pensavamo

industria litica

Nyayanga è una località archeologica presso l’Homa Peninsula, nel Kenya occidentale,  caratterizzata da un ambiente ricco di depositi fluviali e lacustri risalenti a oltre 6 milioni di anni fa. Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte il Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, documenta le ricerche condotte in questo sito dove sono stati ritrovati alcuni dei più antichi esempi

Nyayanga è una località archeologica presso l’Homa Peninsula, nel Kenya occidentale,  caratterizzata da un ambiente ricco di depositi fluviali e lacustri risalenti a oltre 6 milioni di anni fa. Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte il Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, documenta le ricerche condotte in questo sito dove sono stati ritrovati alcuni dei più antichi esempi di innovazione tecnologica, conosciuta come industria litica olduvaiana, risalenti a circa 2,9 milioni di anni fa.
I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Science, hanno permesso la ricostruzione della paleodieta, ma anche di parte dell’ambiente geografico e dell’ecosistema degli ominidi.

Per realizzare la ricerca sono state analizzate le caratteristiche tecnologiche e funzionali di scaglie, di 330 oggetti litici, soprattutto percussori e schegge, confrontandole con quelle dei manufatti di altre località olduvaiane. Inoltre, sono stati studiati 1776 frammenti ossei, tra cui quelli di ippopotamo.

“Gli scavi – spiega Cristina Lemorini del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza – hanno reso possibile anche il ritrovamento di due massicci molari appartenenti a Paranhropus, la cui linea evolutiva è connessa con quella della specie umana. La presenza di queste evidenze fossili, assieme all’industria litica, fa sorgere degli interrogativi su quali nostri antenati abbiano prodotto e usato questi oggetti: Homo o Paranthropus”.

Le analisi delle tracce d’uso, effettuate presso il laboratorio di analisi tecnologica e funzionale dei manufatti preistorici (LTFAPA) del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza hanno dimostrato che questi strumenti litici sono stati utilizzati da nostri antichissimi antenati per lavorare una vasta gamma di materiali e cibi, incluse piante, carne e anche midollo osseo.

Nel 2012 altro team di scienziati, guidati dall’antropologa Sonia Harmand, aveva già trovato un Kenya strumenti di pietra ancora più antichi: ben 3,3 milioni di anni. Vista l’eccezionalità dei reperti, la pubblicazione su Nature era però stata accolta da alcuni con un certo scetticismo. Le nuove scoperte sembrano però confermare che la lavorazione della pietra da parte degli ominini sia cominciata prima di quanto pensavamo.

Intervista dalla rivista Sciences et avenir Sonia Harmand ha dichiarato:

Gli strumenti trovati nel sito non sono i più antichi mai scoperti poiché quelli che io e il mio team abbiamo portato alla luce nel 2012 a Lomekwi 3, nel bacino del lago Turkana, li precedono di almeno 300.000 anni. Ma Nyayanga è ora il sito più antico che associa strumenti di pietra a segni di attività sulle ossa, e in questo è davvero straordinario! Ci offre un’istantanea molto bella della vita quotidiana di questi ominidi, che si nutrivano – lo sapevamo già – delle carogne di grandi mammiferi come gli ippopotami. Ci dice anche che questo tipo di strumento veniva utilizzato anche per lavorare con le piante, un’osservazione finora senza precedenti per siti così antichi. Sospettavamo che le popolazioni di ominidi di 3 milioni di anni fa non fossero solo carnivore e dovessero consumare, come i nostri cugini stretti gli scimpanzé, piante sotto forma di foglie o di radici. Ma non ne avevamo prove dirette. Caso chiuso.”

Riferimenti:

Expanded geographic distribution and dietary strategies of the earliest Oldowan hominins and Paranthropus – Plummer TW, Oliver JS, Finestone EM, Ditchfield PW, Bishop LC, Blumenthal SA, Lemorini C, Caricola I, Bailey SE, Herries AIR, Parkinson JA, Whitfield E, Hertel F, Kinyanjui RN, Vincent TH, Li Y, Louys J, Frost SR, Braun DR, Reeves JS, Early EDG, Onyango B, Lamela-Lopez R, Forrest FL, He H, Lane TP, Frouin M, Nomade S, Wilson EP, Bartilol SK, Rotich NK, Potts R – Science (2023) doi: 10.1126/science.abo7452.

Fonte e immagine: comunicato stampa Università Sapienza