Lo sviluppo delle strategie riproduttive tra biologia e psicologia

Negli esseri umani, come in moltissimi organismi, si possono osservare notevoli differenze individuali in quelle che vengono chiamate “strategie riproduttive”. Considerando lo sviluppo fisico, ad esempio, esiste una grande variabilità nell’età in cui viene raggiunta la maturità sessuale, e quindi nell’inizio della riproduzione; ma gli aspetti più interessanti delle strategie riproduttive si trovano al livello del comportamento. In entrambi i

Negli esseri umani, come in moltissimi organismi, si possono osservare notevoli differenze individuali in quelle che vengono chiamate “strategie riproduttive”. Considerando lo sviluppo fisico, ad esempio, esiste una grande variabilità nell’età in cui viene raggiunta la maturità sessuale, e quindi nell’inizio della riproduzione; ma gli aspetti più interessanti delle strategie riproduttive si trovano al livello del comportamento. In entrambi i sessi, alcuni individui sono più propensi a cercare relazioni a breve termine con un maggior numero di partner, mentre altri tendono a formare dei legami stabili e ad investire maggiormente nelle cure parentali. Queste differenze correlano anche con altri importanti aspetti del comportamento e della personalità, come l’aggressività e la propensione al rischio; in più, gli studi cross-culturali mostrano che gli uomini tendono ad adottare strategie “a breve termine” più frequentemente delle donne. Le strategie riproduttive umane vengono studiate ormai da alcuni decenni dagli antropologi e psicologi evoluzionisti.

 

Ma qual è l’origine di queste differenze individuali? Mentre diversi studi hanno messo in luce l’influenza di fattori genetici, altri ricercatori si sono concentrati sulla plasticità del comportamento umano in risposta alle condizioni ambientali. Un’ipotesi affascinante, che ha ricevuto diverse conferme empiriche negli ultimi anni, è che la qualità delle prime relazioni familiari venga usata dal bambino come una fonte di informazioni sulla qualità del suo ambiente futuro, e quindi sul tipo ottimale di strategia da adottare. Lo stress esperito nella relazione con i genitori (specialmente nei primi 5-7 anni di vita) potrebbe così influire a lungo termine sul comportamento sessuale, sullo “stile” adottato nelle relazioni di coppia, e persino sulla velocità della maturazione puberale. Questo approccio, per quanto influente, non è però finora riuscito a dare una spiegazione convincente delle differenze tra maschi e femmine negli stili relazionali, né a descrivere il percorso di sviluppo che dalle prime esperienze porta alla differenziazione delle strategie negli adulti.

 

In un articolo in uscita sulla rivista Behavioral and Brain Sciences, ho recentemente proposto un modello teorico aggiornato dello sviluppo delle strategie riproduttive nell’uomo. In questo lavoro ho cercato per la prima volta di descrivere in modo sistematico lo sviluppo delle differenze tra i sessi nelle strategie riproduttive, integrando i concetti biologici della selezione sessuale con la teoria psicologica dell’attaccamento.

 

Oltre a delineare una spiegazione evoluzionistica delle differenze tra i sessi, in questo articolo ho proposto delle ipotesi sul meccanismo prossimale che potrebbe mediare lo sviluppo di tali differenze. La mia ipotesi è che un ruolo cruciale sia giocato dagli androgeni adrenali, cioè degli ormoni (precursori di testosterone ed estradiolo) che vengono messi in circolo dalle ghiandole adrenali a partire dai 6-8 anni di età. Gli androgeni adrenali potrebbero funzionare da trigger (innesco) per la differenziazione tra maschi e femmine negli stili di attaccamento, che sembra emergere in modo abbastanza rapido intorno ai 7 anni e che anticipa (per molti aspetti) le differenze negli stili di coppia osservate negli adulti. Il sistema endocrino farebbe così da ponte tra lo stress relazionale e lo sviluppo sessuale, integrando le informazioni ambientali e coordinando il dispiegarsi delle strategie riproduttive nell’arco della vita.

 

Marco Del Giudice

Centro di Scienza Cognitiva, Università di Torino

 

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons