L’origine dell’HIV nei lemuri

All’interno del genoma di uno dei primati più piccoli del mondo, il lemure topo (Microcebus murinus), un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine ha rinvenuto quello che sembrerebbe un vicino parente del virus che causa l’immunodeficienza umana, o HIV. Questa scoperta potrebbe fornire importanti informazioni sull’origine e l’evoluzione di uno dei virus che negli ultimi decenni ha

All’interno del genoma di uno dei primati più piccoli del mondo, il lemure topo (Microcebus murinus), un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine ha rinvenuto quello che sembrerebbe un vicino parente del virus che causa l’immunodeficienza umana, o HIV. Questa scoperta potrebbe fornire importanti informazioni sull’origine e l’evoluzione di uno dei virus che negli ultimi decenni ha infettato milioni di persone e su come questa forma virale si sarebbe coevoluta con i suoi ospiti primati nel corso dei milioni di anni.

Già da tempo era stato proposto che i lentivirus (Famiglia Retroviridae), a cui appertiene anche l’HIV, avessero in passato infettato altri primati prima dell’uomo, ma solo oggi vengono fornite le prime prove empiriche. Alcune forme di lentivirus sono infatti in grado, oltre che di replicare inserendo il proprio RNA nel DNA delle cellule ospite, anche di incorporare il proprio genoma in quello delle cellule staminali dell’ospite. Queste si differenzieranno in tutti i tipi cellulari, tra cui gli oociti e gli spermatozoi, con la possibilità di trasmissione del virus alle future generazioni già incluso nel genoma dello zigote. Mediante questa modalità di trasmissione, i lentivirus potrebbero essere stati trasmessi nel corso dell’evoluzione dei primati dalla prima specie arcaica che ne fu infettata fino alle attuali.

I ricercatori hanno monitorato il DNA di 21 specie di primati il cui genoma era stato in precedenza anche solo parzialmente sequenziato, andando alla ricerca di sequenze nucleotidiche simili a quelle tipiche dei lentivirus. L’analisi, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha evidenziato la presenza di uno di questi, denominato pSIVgml, all’interno del genoma del lemure topo. Si ritiene che pSIVgml possa rappresentare uno delle forme di lentivirus più antiche, in quanto gli antenati degli attuali lemuri colonizzarono il Madagascar circa 75 milioni di anni fa, senza mai, o quasi, entrare in contatto con le specie del continente africano. In questo modo, è lecito ipotizzare che l’evoluzione delle forme di lentivirus malgasce e africane sia stata indipendente e che la condizione di isolamento dei lemuri avrebbe dunque impedito la diffusione di questa forma virale verso altri primati.

La storia comune tra questi virus e i primati avrebbe dunque radici molto profonde nel tempo. Questo non stupisce, dato che molti primati, al contrario dell’uomo, seppur infettati da lentivirus non contraggono alcuna malattia, in quanto sono dotati di un sistema immunitario che previene la replicazione di questi virus. Solo andando più a fondo nella comprensione di questo processo di coevoluzione, concludono i ricercatori, potremo comprendere i meccanismi di azione del virus HIV e consentirebbe la realizzazione di trattamenti e cure più efficaci contro l’AIDS.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons