“L’orribile gente”: i Neanderthal di H. G. Wells 100 anni dopo

100 anni fa Herbert George Wells scrisse un testo, a metà tra racconto e divulgazione, dove descriveva i Neanderthal e i Sapiens con cui dividevano il territorio

Il 2021 è stato un anno fecondo per i Neandertal. Molto si è scritto e molto se n’è parlato. Importanti ritrovamenti sono stati resi noti al pubblico e nuovi libri li hanno visti come protagonisti. Tutto ciò dopo anni di scoperte, ricerche e pubblicazioni che ne hanno sfatato vecchi miti e luoghi comuni (forse).

Ma, cento anni fa le cose come stavano?

Nel 2021 ricorre anche il centenario della pubblicazione di The Grisly Folk and Their War With Men di Herbert George Wells. Uscì sul settimanale The Saturday Evening Post il 12 marzo 1921, con le illustrazioni di Charles Livingston Bull. Su Wikisource, dove si può leggere il testo originale, è definitoAn imaginative antrophological article”, un fantasioso articolo antropologico. Tradotto in italiano da Paolo Carta con il titolo di L’orribile gente, è stato pubblicato in Italia nel 1966 e nel 1980 da Mursia in raccolte dedicate all’autore.

Il britannico H.G. Wells, autore di classici come La macchina del tempo e La Guerra dei mondi, viene oggi ricordato come uno dei “padri della fantascienza”, ed è noto prevalentemente agli estimatori di tale filone di letteratura. In realtà è stato molto di più. Laureatosi in zoologia a Londra, studiò biologia con Thomas H. Huxley, e fisica, chimica, geologia, astronomia. Scrisse saggi di biologia, antropologia, critica sociale, storia e divenne noto anche come autore di racconti e romanzi fantastici.

The Grisly Folk non è solo un racconto fantasioso, è anche una sintesi di cosa si sapeva e di cosa si poteva immaginare in base alle scoperte dell’epoca, sia da parte di ricercatori scientifici (i sapienti) sia del pensatore comune. Terreno di analisi, l’Europa.

I fossili raccontano

In L’orribile gente, la traduzione italiana di The Grisly Folk a cui facciamo riferimento, nelle primissime righe Wells ricorda:

“Pochi di noi … si rendono conto di quanto il sottile, instancabile e minuzioso esame del ricercatore scientifico abbia saputo estrarre dalla testimonianza di questi rugginosi, ostinati testimoni durante gli ultimi anni.”

Questi rugginosi, ostinati testimoni non erano altro che grandi quantità di utensili di selce, cui venivano dati strani nomi a seconda dei luoghi di ritrovamento, e ossa e frammenti umani o presunti tali trovati un po’ ovunque in “depositi di considerevole antichità; alcuni … possono avere un milione e più anni”. Tutti i ritrovamenti ponevano grandi interrogativi su chi erano, come erano fatti e come vivevano le creature che li avevano lasciati. Ancora di più sollecitavano la fantasia popolare e le credenze più disparate.

Tra questi antichi costruttori di utensili di selce, uno incuriosisce particolarmente il nostro autore. Loro … o Essi?

I Neanderthal: chi o cosa erano?

“Il più affascinate di tutti questi interrogativi delle età del ghiaccio e delle avversità, … è quello posto dagli uomini musteriani, perché essi vivevano forse ancora nel mondo quando gli uomini veri giunsero vagando in Europa.
… Vissero trenta o quarantamila anni fa… Questi musteriani vengono anche chiamati Neanderthal.

Fino a poco tempo fa si era supposto che si trattasse di uomini veri, simili a noi. Ma ora cominciamo a renderci conto che erano diversi, tanto diversi che è impossibile che essi possano essere nostri parenti molto stretti.
Camminavano o si aggiravano a passi strascicati con particolare goffaggine, non riuscivano a volgere la testa in direzione del cielo, e avevano denti molto diversi da quelli dei veri uomini.

Una loro singolare caratteristica è che in uno o due particolari erano molto simili alle scimmie di quanto non lo siamo noi. Il dente canino, il terzo dente a partire dal centro, che nel gorilla è così grande, e che nell’uomo è appuntito e ancora del tutto distinto dagli altri denti, nell’uomo di Neanderthal non è assolutamente distinto. Egli aveva una fila di denti uniformi, e i molari erano molto diversi dai nostri e meno simili dei nostri a quelli delle scimmie.
Aveva il volto più largo e la fronte più bassa dei veri uomini, ma non perché avesse un cervello più piccolo; il suo cervello era grande quanto quello di un uomo dei nostri giorni, ma era differente, più grande dietro e più piccolo davanti, cosicché probabilmente, pensava e si comportava in modo diverso da noi. Forse aveva una memoria migliore e un minore potere raziocinante dei veri uomini, o forse maggiore energia nervosa e minor intelligenza.

Non aveva mento, e il modo in cui le sue mascelle si riunivano di sotto fa dubitare parecchio che potesse usare nel discorso i suoni che utilizziamo noi. Probabilmente non parlava nel modo più assoluto. Non sapeva tenere uno spillo tra un dito e il pollice. Più conoscenze abbiamo su questo uomo-bestia, più ci appare singolare e meno simile al selvaggio australoide che una volta era ritenuto.

Mentre ci rendiamo conto della mancanza di qualsiasi stretta relazione tra questo deforme, forte e goffo animale somigliante all’uomo, e l’umanità, diviene meno probabile che avesse una pelle senza pelo e capelli simili ai nostri, e più probabile che fosse diverso, e forse setoloso o peloso in qualche strana maniera non umana come l’elefante peloso o il rinoceronte lanoso che erano suoi contemporanei. Come questi viveva in una terra nuda sul ciglio delle nevi e dei ghiacci che già allora andavano ritirandosi verso nord.”

Così, 100 anni fa, vedevamo il Neanderthal fisicamente: uomini-bestia, deformi, impossibili da considerare come parenti stretti. Ma come vivevano e che abitudini avevano?

Questi orribili uomini dovevano essere creature piuttosto solitarie.

Il cibo dell’inverno era troppo scarso per la comunità. Un maschio poteva andare con una femmina o due; forse d’inverno si dividevano e si riunivano d’estate; quando i figli divenivano abbastanza grandi per infastidirlo, l’orribile uomo li uccideva o li scacciava. Se li uccideva avrebbe potuto mangiarli. Se riuscivano a sfuggirgli, avrebbero potuto ritornare per ucciderlo. L’orribile gente avrebbe potuto conservare a lungo ricordi irragionevoli e propositi molto fermi.”

E mentre l’Europa occidentale, la parte del Mondo più studiata, si andava via via scaldando e gli ostacoli geografici di ghiaccio si andavano sciogliendo, era inevitabile che prima o poi ci sarebbe stato un primo incontro. Che impressione poteva fare il Neanderthal ai veri uomini?

“Peloso e orribile, con una grossa faccia simile a una maschera, sporgenti e grandi sopracciglia, niente fronte, tenendo una enorme pietra e correndo come un babbuino con la testa in avanti, e non, come l’uomo, con la testa sollevata, deve essere stata una creatura spaventosa per i nostri progenitori che si imbattessero in lui.

I “veri uomini”

Wells non poteva descrivere un incontro senza prima presentare la controparte, cioè i “veri uomini”, che giunsero in Europa da qualche regione di un non meglio precisato sud del Mediterraneo.

“… le loro mani erano abili quanto le nostre; sapevano disegnare figure che ancora ammiriamo, sapevano dipingere e incidere; gli strumenti che facevano erano più piccoli di quelli musteriani, … ma fatti meglio e più vari.

Non portavano indumenti di cui valga la pena parlare, ma si pitturavano e probabilmente parlavano. Procedevano in piccoli gruppi. Erano più socievoli degli uomini di Neanderthal; avevano leggi e divieti; la loro mente aveva percorso un lungo tratto del sentiero dell’adattamento e dell’autolimitazione che ha portato alla complessa mente dell’uomo di oggi….

Erano più uniti, questi uomini, e mantenuti in ordine dalle strane limitazioni del tabù.

Erano ancora selvaggi, molto inclini alla violenza e irregolari nei loro desideri e brame; ma al meglio delle loro misere capacità essi obbedivano a leggi e costumi già da tempo immemorabile, e temevano i castighi di un cattivo comportamento….”

Perché si fossero spinti fino alle terre del nord e dell’ovest dell’Europa rimaneva ancora un mistero, anche se per Wells un’ottima ragione era che “la loro specie andava moltiplicandosi e il cibo diminuendo. Sarebbero stati oppressi da sfide e guerre. Non avevano un domicilio fisso; erano abituati a spostarsi con le stagioni, di tanto in tanto qualche gruppo era spinto dalla fame e dalla paura più a nord, in regioni sconosciute.”

Wells ci dice anche che gli antropologi del tempo, in base a diversi indizi, erano stati in grado di ricostruire “i particolari dell’aspetto e delle abitudini di questi primi padri pellegrini del genere umano”.

Di solito non erano un gruppo molto numeroso, … due o tre uomini piuttosto anziani, di circa trent’anni, otto o dieci donne e ragazzi con alcuni bambini, un certo numero di ragazzi tra i quattordici e i vent’anni, potevano costituire tutta la tribù.

Si trattava, di solito, di gente bruna con occhi marroni e capelli scuri ondulati; i capelli biondi degli europei e quelli diritti, nero azzurri dei cinesi non erano ancora apparsi nel mondo.

Probabilmente gli uomini più vecchi guidavano il gruppo, le donne e i bambini si tenevano in disparte dagli uomini e dai giovani, separate – da complessi e definiti tabù – da ogni stretta relazione. I capi andavano dietro le tracce del gregge che stavano seguendo. Seguire le tracce, allora, era la suprema caratteristica del genere umano.

Da segni e tracce che sarebbero stati invisibili a qualsiasi occhio civilizzato di oggi, essi leggevano la storia del percorso fatto nel giorno precedente dal branco di robusti piccoli cavalli davanti a loro. Erano tanto esperti che passavano da una debole traccia a un’altra, con un lieve indugio con cui un cane segue un odore.”

Il primo incontro secondo Wells

A questo punto l’articolo diventa narrazione pura. Wells lascia temporaneamente le vesti dello scrittore di ipotesi antropologiche e fa emergere il narratore fantasioso che ancora oggi conosciamo.

“La tribù [di veri uomini, n.d.A.] viaggiava leggera. Erano quasi tutti nudi, ma dipinti di bianco, nero, rosso e giallo ocra. A tanta distanza di tempo è difficile sapere se erano tatuati. Probabilmente non lo erano. I bimbi e i ragazzi piccoli venivano portati dalle donne sulle schiena, legati con cinghie o in borse fatte con pelli di animali; forse alcuni, o tutti, avevano mantelli e bande di pelle sui fianchi e portavano borse e cinture di cuoio.
Gli uomini erano forniti di lance di pietra appuntita, e tenevano in mano selci acuminate.

Non c’era nessun uomo anziano che fosse signore, capo o padre di questa particolare moltitudine. Settimane prima, l’uomo anziano era stato caricato e calpestato, sino a divenire un ammasso informe, da un grosso toro nella lontana palude. Poi due delle ragazze erano state attese al varco e portate via dai giovani di un’altra, più grande tribù. Era a causa di queste perdite che il resto della tribù ora cercava nuovi territori di caccia.

Il panorama che si aprì davanti agli occhi di questo piccolo gruppo, quando raggiunse la cima della collina, era una versione brulla, più desolata e insieme poco curata del panorama dell’odierna Europa Occidentale. ….. Lontano, lungo i pendii settentrionali della catena che erano visibili, era possibile vedere, mentre brucavano, i pony selvaggi.

A un segnale dei due che conducevano, il piccolo gruppo sparso di uomini si arrestò, e una donna che stava chiacchierando a bassa voce con una giovinetta tacque.

I fratelli ispezionarono con attenzione l’ampia zona.

– Ugh! – disse uno all’improvviso, e indicò.

– Ugh! – gridò suo fratello.

L’intera tribù volse lo sguardo verso il dito che indicava.
Il gruppo si mise a guardare fissamente. 

Ogni persona rimase ferma e muta; lo stupore li aveva trasformati in un teso gruppo di statuine.

In lontananza lungo il pendio, con il corpo di profilo e la testa volta nella loro direzione, raggelata da un analogo stupore, stava una grigia figura curva, più grossa ma meno alta di un uomo. Si era arrampicata dietro una piega del terreno per vedere i pony, e all’improvviso aveva girato gli occhi e aveva scorto la tribù. Aveva la testa sporgente come quella di un babbuino.


Reggeva tra le mani quello che agli uomini parve un grande pezzo di roccia…. Alcune donne e qualche bambino cominciarono a muoversi e a uscire dal gruppo per meglio osservare la strana creatura.
– Uomo! – disse una vecchia rugosa di quarant’anni.– Uomo! -.
Al movimento delle donne l’essere orribile si voltò, corse goffamente per circa una ventina di metri verso un boschetto di betulle e di biancospino in fiore. Poi, di nuovo si fermò un momento per vedere i nuovi venuti, agitò un braccio in modo strano e si precipitò al coperto.”

Si erano solo intravisti da lontano e i piani di caccia della tribù ebbero una battuta d’arresto. Poi la decisione di proseguire ma in modo più guardingo e in silenzio.

“Poi una ragazza mandò un grido acuto e indicò. Sobbalzarono e si fermarono bruscamente.

C’era di nuovo l’essere orribile. Correva attraverso uno spiazzo, correva quasi a quattro zampe, con grandi balzi. Era gobbo, molto grosso e basso, un grigio mostro peloso simile a un lupo. Di quanto in quanto le sue lunghe braccia toccavano il suolo. Era più vicino di quanto lo fosse stato in precedenza. Di nuovo scomparve tra i cespugli…”

In un continuo avanzare e nascondersi, fermarsi e osservare “un ragazzo, che in un certo senso faceva il pagliaccio” iniziò a imitare la goffa andatura della creatura e tutti si misero a ridere. “In quei giorni il riso era un legame sociale. Gli uomini potevano ridere, ma non c’era la minima ombra di riso in quel orrendo pre-uomo che scrutava e si stupiva nell’ombra. Era sbalordito.” La paura era svanita e la tribù poté proseguire, ma allontanandosi da quella creatura.

“Fu così che gli uomini, nostri progenitori, ebbero la loro prima visione dei pre-uomini abitanti nelle zone desolate dell’Europa Occidentale.”

Per un po’ le cose procedettero così, con avvistamenti reciproci, fughe, ma anche lunghe e strette impronte trovate al mattino che si facevano via via più vicine al campo.

“Poi un giorno, uno dei bambini, mangiando … verdi germogli …, si allontanò troppo dagli altri. Ci fu uno strillo, una lotta e un tonfo, e qualcosa di grigio e peloso si lanciò attraverso i boschetti portando via la sua vittima, con … degli uomini più giovani all’inseguimento. Diedero la caccia al nemico in una gola scura, con molta vegetazione.

Quella volta non avevano a che fare con un solitario uomo di Neanderthal. Contro loro uscì dai cespugli un grosso maschio per coprire la ritirata della compagna, e scagliò un pezzo di roccia che rotolò sul giovane colpito come un birillo, cosicché, da allora, zoppicò sempre. Ma Waugh, con la lancia da tiro, prese il mostro grigio sulla spalla, e questi si fermò grugnendo. Nessun altro suono giunse più dal bambino rapito….

Come andò questo primo confronto? Forse non fu favorevole agli uomini della nostra razza.”

Sul campo i veri uomini persero un bambino e un membro adulto del gruppo, ma iniziarono a capire come agivano i loro nemici e, in seguito, studiarono varie strategie per poterli sconfiggere.

“Si rendeva conto che l’uomo di Neanderthal non poteva arrampicarsi così facilmente come l’uomo, né udire con la medesima rapidità, né fuggire con altrettanta imprevedibilità. Questi uomini orribili dovevano essere trattati come orsi, davanti ai quali si corre e si scappa per poi tornare, all’improvviso, dal di dietro.

Può darsi che il primo gruppo di veri uomini sopravvisse, oppure no.

“Se essi morirono, altri della loro razza li seguirono ed ebbero una sorte migliore. Quello fu il principio di un’era d’incubo per i piccoli figli della tribù dell’uomo. Sapevano di essere osservati. I loro passi erano seguiti.”

E come se non bastasse, “i neanderthaliani ritenevano i piccoli dell’uomo un bel trastullo e un cibo piacevole.”

Dopo la narrazione, Wells ritorna alle teorie e alle ipotesi. Seppure con qualche licenza poetica. Come andò a finire?

L’estinzione dell’ “orribile gente”

“E per l’uomo di Neanderthal fu l’inizio di una lotta incessante che poteva terminare soltanto con lo sterminio.”

Una sintesi concisa e senza fronzoli, in una frase che anticipa le dinamiche che avrebbero caratterizzato per lungo tempo i rapporti tra questi due gruppi di ominidi.

Perché andò proprio così? Il divulgatore non poteva non svelare le ragioni che avevano portato all’estinzione degli uni e alla sopravvivenza degli altri.

L’uomo di Neanderthal, sebbene non così eretto e alto come gli uomini, era una creatura più pesante e forte, ma era stupido, e se ne andava solo, oppure a due o a tre a tre; gli uomini erano più veloci, più agili di mente, e più socievoli; quando combattevano, combattevano accordandosi. Si allineavano, circondavano, tormentavano e colpivano i loro avversari da ogni lato.

Combattevano gli uomini di quella razza orribile come i cani potrebbero combattere un orso. Si gridavano l’un l’altro ciò che ognuno doveva fare: i neanderthaliani non parlavano e non capivano. Si muovevano troppo rapidamente per loro e combattevano troppo astutamente.

Parecchi e ostinati furono i duelli e le battaglie che questi due tipi di uomini combatterono per il mondo in quella cupa età delle steppe ventose, trenta o quarantamila anni fa.

Le due razze non si sopportavano. Volevano entrambe le caverne e le rive presso i fiumi dove potevano procurarsi le grandi selci. Si accapigliavano per i mammut morti che erano stati spinti ad impanarsi nelle paludi e per le renne uccise nel periodo dell’accoppiamento. Quando una tribù di uomini trovava tracce della gente orribile vicino alle proprie caverne e ai campi, doveva per forza di cose inseguirli e ucciderli; la loro stessa salvezza e la salvezza dei piccoli poteva essere assicurata soltanto grazie a queste uccisioni.”

Non era dato sapere, già nel 1921, per quanto tempo i neanderthaliani avessero convissuto con i nuovi venuti. Può darsi che avessero inflitto ingenti perdite e avessero “resistito per anni, facendosi più furbi e pericolosi, a mano a mano che diventavano rari.”

“I veri uomini li cacciarono nelle loro piste e nei loro sentieri, cercarono il fumo dei loro fuochi e fecero loro scarseggiare il cibo. In quel mondo dimenticato, giunsero grandi paladini, uomini che si alzarono e colpirono il grigio uomo-bestia a faccia a faccia e lo uccisero.
Fecero lunghe aste di legno, indurite dal fuoco nelle punte; alzarono scudi di pelle per ripararsi dai colpi potenti. Lo colpirono con pietre su corde e gliele lanciarono con fionde. E non furono solo gli uomini ad opporsi all’orribile animale, ma anche le donne. Esse proteggevano i loro bambini; stavano accanto agli uomini contro questo essere misterioso che era simile ma non uguale all’uomo.”

I sapienti dell’epoca, “a meno che abbiano interpretato male tutti i segni”, dedussero anche quale fu l’arma vincente dei veri uomini che ne determinò la supremazia.

“… furono le donne a creare le più grandi tribù in cui le famiglie umane stavano già aumentando in quei tempi antichi. Era l’acume sottile, guidato dall’amore femminile, che proteggeva i figli dalla feroce ira dell’uomo anziano, ed insegnava loro a evitare la sua gelosia e la sua rabbia, e persuadeva lui a tollerarli per avere così il loro aiuto contro l’orribile nemico.

Fu la donna, dice Atkinson
[James Jasper Atkinson, un antropologo n.d.A.], al principio delle cose umane, che insegnò i principali tabù, che un figlio deve farsi da parte fuori della strada della sua matrigna, e prendersi una moglie da un’altra tribù …”

che mise pace tra maschi adulti, che proprio pacifici non erano, che insegnò la cooperazione tra figli e fratelli e diede l’avvio alle società umane, mentre la gente orribile non aveva appreso neppure i più semplici elementi di cooperazione.

“Generazione dopo generazione, era dopo era, quella lunga lotta per l’esistenza continuò…. Migliaia di combattimenti e di cacce, improvvisi assassinii e precipitose fughe avvennero tra le caverne e i boschetti di quel mondo freddo e ventoso, tra l’ultima era glaciale e il nostro tempo più caldo finché, alla fine, l’ultimo povero uomo orribile fu ridotto agli estremi e fronteggiò le aste dei suoi inseguitori tra l’ira e la disperazione.”

Ma anche per i vincitori non fu una passeggiata, la tensione dei vincitori fu la nostra tensione.

“… noi siamo per discendenza diretta identici a quegli esseri cotti dal sole e dipinti, che correvano, combattevano e si aiutavano l’un l’altro; il sangue nelle nostre vene si scaldò in quelle lotte e si raffreddò in quelle paure del dimenticato passato.”

Epilogo: cosa rimane dei Neanderthal? Solo le leggende, secondo Wells

Queste lotte furiose furono dimenticate fino a quando, sessanta o settant’anni prima del 1921 i sapienti iniziarono a pensare a memorie di un tempo che fu, studiando le pietre scheggiate e i fossili che si trovavano ormai ovunque.

Ma cosa era rimasto dei Neanderthal nell’uomo moderno del 1921?

Quel passato remoto, fu infatti dimenticato.

Eccetto forse qualche vago terrore della nostra vita di sogno e qualche nascosto elemento di tradizione nelle leggende e negli avvertimenti dell’infanzia….

Gli Orchi delle leggende e degli incubi notturni erano, per Wells, la traccia di quelle antiche creature estinte che ancora viveva nella memoria dei veri uomini del 1921.

Sono trascorsi cento anni dalla pubblicazione dell’articolo di Wells e i sapienti hanno scoperto tantissime cose sui Neandertal, altre sono in corso, ma oggi almeno una cosa è certa: erano sì diversi (e chi non lo è?), ma sicuramente Homo.

Riferimenti: Wells H.G., L’orribile gente, traduzione di Carta P.; in Storie di fantasia e di fantascienza, a cura di Ferrara F., Giunti, Milano, 1980

La versione completa in inglese di The Grisly Folk and Their War With Men è in pubblico dominio su Wikisource 

Immagini: in apertura la prima pagina del racconto di di Wells, illustrato da Charles Livingston Bull, su The Saturday Evening Post, via Archive.org; illustrazioni nel testo di Charles Livingston Bull, pubblico dominio via Wikisource