L’Uomo di Denisova visse in Tibet per decine di migliaia di anni

Scavi paleo-archeologici nell’area hanno restituito migliaia di reperti e tracce di DNA mitocondriale, utile a comprendere quanto a lungo questa specie visse sull’altopiano e come si distribuì nel continente asiatico

La grotta di Baishiya, letteralmente “scogliera bianca”, è una profonda cavità carsica di più di 300 metri posizionata a 3280 m di altitudine nel massiccio calcareo Dalijia, in Tibet. Una grotta sacra ai buddhisti e per questo gestita dal tempio locale a cui appartiene il monaco che ritrovò la mandibola di Xiahe, primo resto di Denisoviani mai ritrovato fuori dalla Siberia (Pikaia ne ha parlato qui), donata nel 2005 all’Università di Lanzhou e da cui partirono molti studi sulla presenza di ominini nell’area. La scoperta arrivò così a dare ulteriori conferme su come questi fossero probabilmente una specie indipendente (Pikaia ne ha parlato qui) dai Neanderthal e dalla nostra specie, sebbene tuttora non ancora nominata, e su come probabilmente entrarono in contatto con i nostri antenati proprio in Tibet tra trenta e quaranta mila anni fa.

Un recente studio su Science, condotto da un team internazionale di ricercatori della Lanzhou University e della Chinese Academy of Sciences, in collaborazione con ricercatori dell’australiana Wollongong University, dell’Arizona State University e del Max Planck institute per l’Antropologia Evoluzionistica di Lipsia, ha indentificato materiale genetico appartenuto all’uomo di Denisova estratto dai sedimenti della grotta di Baishiya. Più nello specifico si tratterebbe di DNA mitocondriale, cioè di materiale genetico trasmesso alla prole soltanto dalla madre, essendo i mitocondri organuli con un proprio specifico DNA. Il rinvenimento del materiale genetico è avvenuto durante gli scavi iniziati nel 2018, partiti in seguito ai primi ritrovamenti archeologici nella cavità, realizzando la prima descrizione stratigrafica e geocronologica dei resti presenti nella grotta. Si sono così ritrovati moltissimi nuovi reperti quali 1310 manufatti in pietra, 579 resti ossei e frammenti di carbone raccolti e analizzati da due principali siti di scavo.

Ogni sito è stato poi diviso in strati da cui sono emersi resti di animali di piccola e media taglia, come gazzelle, marmotte e volpi, nei sei livelli più recenti e resti di grossi animali, come bovidi, iene e rinoceronti in quelli più antichi. Da lì sono stati raccolti anche otto campioni di sedimento da cui sono state identificate, grazie ad una tecnica messa a punto nel 2017 dai ricercatori del Max Planck institute di Lispia, tracce di DNA mitocondriale, attribuite nello studio a Denisoviani.

Inoltre, secondo la datazione al radiocarbonio e ottica dei sedimenti con DNA mitocondriale e della mascella di Xiahe, più antica, lo studio indica che la presenza di Denisoviani in questa grotta sia durata decine di migliaia di anni, ipotizzando occupazioni dai cento ai sessanta mila anni fa e forse fino a quarantacinquemila anni fa. Una presenza sufficientemente lunga da permettere la selezione positiva di caratteristiche genetiche (come il gene EPAS1) che ne facilitassero l’adattamento all’ambiente tipico dell’altopiano del Tibet, freddo, scarsamente vegetato e povero d’ossigeno, presenti anche nei moderni tibetani (Pikaia ne ha parlato qui). Si parlerebbe perciò di una popolazione così antica e da risultare anche la più antica di ominini mai identificata a quote così elevate, ben più antica di quella dell’uomo moderno che fu ritrovata a Nwya Devu (Pikaia ne ha parlato qui), sempre in Tibet.

L’importanza del ritrovamento è legata quindi all’influenza che questa antica popolazione ormai estinta ebbe nell’arricchire il pool genetico dei moderni umani, riscontrabile in molte popolazioni dell’Asia e specialmente della Melanesia. Ma per fortuna le occasioni di studio fornite da questo importante sito paleoantropologico non sono nemmeno lontanamente terminate, essendo già in attesa di prossimi studi sui reperti di un terzo sito di scavo aperto nel 2019 nella grotta, quasi ancora da esplorare.

Fonte:
Dongju Zhang, Huan Xia, Fahu Chen et alii. Denisovan DNA in Late Pleistocene sediments from Baishiya Karst Cave on the Tibetan Plateau. Science Published online on October 30, 2020.

Image credit: Maayan Harel