Mangiare tra due mondi

Nuove prove sul ruolo di transizione di Tiktaalik rosae: uno studio suggerisce che la sua nutrizione fosse a metà tra il morso e la suzione tipica dei pesci

Si è parlato molto delle appendici carnose del sarcopterigio Tiktaalik rosae, testimonianza della graduale trasformazione che ha condotto le pinne dei nostri antenati acquatici a diventare i quattro arti di cui siamo dotati noi vertebrati terrestri, i tetrapodi (Pikaia ha affrontato l’argomento qui, qui e qui). Anche gli occhi di Tiktaalik sono stati oggetto dell’interesse degli scienziati, visto che ci raccontano come la vista di questi pesci, adattata per cacciare prede al margine dei bassi specchi d’acqua in cui vivevano, avrebbe in seguito favorito la conquista della terraferma (Pikaia ne ha parlato qui). Come si nutriva, però, questo vertebrato così vicino a quelli che per primi colonizzarono le terre emerse? Uno studio dei paleontologi americani Justin B. Lemberg, Edward B. Daeschler e Neil H. Shubin, comparso recentemente su PNAS, ha provato a rispondere a questa domanda.

Tra i vertebrati acquatici, uno dei meccanismi di nutrizione predominanti è quello per suzione: quando un pesce apre la bocca, la rapida espansione volumetrica attira l’acqua nel cavo orale dell’animale, e la preda insieme ad essa. I crani dei pesci devono poter accomodare questa espansione, motivo per cui presentano solitamente diverse articolazioni mobili, che consentono un certo grado di movimento relativo tra le ossa. Se, al contrario, provate a tastarvi la testa, troverete (se tutto va bene) un’unica articolazione mobile, quella che connette la mandibola al resto del cranio (detta articolazione temporo-mandibolare; Pikaia ha parlato della sua evoluzione qui e qui). Escludendo la catena degli ossicini dell’udito, il resto delle nostre ossa craniche è unito da sinartrosi, articolazioni immobili che finiscono di consolidarsi alla chiusura delle fontanelle nei primi due anni di vita. Siamo, infatti, tra i molti tetrapodi che hanno sviluppato un cranio rigido, adatto a esercitare pressione, a mordere; l’aria è troppo poco viscosa per consentire la nutrizione per suzione.

Dove si colloca, in tutto questo, il nostro Tiktaalik? Il suo cranio appiattito, simile a quello di un coccodrillo, insieme ai denti e ad altri criteri anatomici hanno a lungo fatto pensare che l’animale si nutrisse, semplicemente, mordendo la preda. Lo studio in questione, però, fa sospettare una realtà più complicata. Gli scienziati hanno analizzato con la tomografia computerizzata (TC) i crani fossili di più esemplari del sarcopterigio; quindi, li hanno confrontati con i crani di pesci odierni con analoghi anatomici, nello specifico un polipteride (Polypterus ornatipinnis) e il luccio alligatore della clip seguente (Atractosteus spatula). 

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Le scansioni hanno permesso di costruire un modello 3D del cranio di Tiktaalik, successivamente animato prendendo spunto dai movimenti del luccio alligatore.
I risultati sono stati sorprendenti: se da un lato hanno confermato la capacità di mordere del sarcopterigio, dall’altro hanno evidenziato anche la presenza di articolazioni mobili, simili a quelle che permettono ai pesci la nutrizione per suzione.

Gli autori hanno ipotizzato una modalità di nutrizione mista per Tiktaalik, cioè un morso accompagnato da un certo grado di espansione laterale del cranio, molto simile a quello adottato dal moderno luccio. Secondo questo modello la suzione generata avrebbe agito in modo sinergico con il morso per la cattura della preda.
Questa strategia intermedia, in un organismo di transizione come Tiktaalik, ha affascinanti implicazioni e aiuta a fare luce sul lungo percorso evolutivo che ha portato ai tetrapodi. La capacità di mordere di Tiktaalik fu un adattamento alla vita nelle acque basse del Devoniano in cui viveva, un vantaggio acquisito senza piani o progetti; eppure, potrebbe aver costituito un gradino fondamentale nell’ascesa dalle profondità marine alle terre emerse.

Fonte:
The feeding system of Tiktaalik roseae: an intermediate between suction feeding and biting, Justin B. Lemberg, Edward B. Daeschler, Neil H. Shubin, Proceedings of the National Academy of Sciences, Feb2021, 118 (7) e2016421118; DOI: 10.1073/pnas.2016421118

Immagini e video: Kalliopi Monoyios; Justin Lemberg, University of Chicago, via uchicago news