Mega-evoluzione: becchi, ritmi evolutivi e citizen science

Un recente studio sui cambiamenti nel tempo delle forme del becco degli uccelli ha permesso di chiarire quanto differiscano nel tempo i ritmi di variazione tra i vari gruppi, ma anche al loro interno

La diffusione in nicchie ecologiche libere favorisce un’accelerazione del ritmo di cambiamento, alla quale segue un rallentamento della diversificazione, dovuto principalmente alla saturazione della nicchia. Gli uccelli hanno sfruttato le molte nicchie lasciate libere dai dinosauri alla fine del Cretaceo: dopo un periodo iniziale di grande cambiamento morfologico, le forme si sono stabilizzate in funzione delle esigenze specifiche di ogni nicchia colonizzata. Innovativo è stato l’accumulo dei dati utili, al quale hanno partecipato migliaia di persone attraverso un progetto di Citizen Science.

Cosa succederebbe se scienziati esperti di evoluzione degli uccelli iniziassero a collaborare con centinaia di appassionati bird-lovers? Il risultato sarebbe più che interessante, tanto da meritare una pubblicazione sulla rivista Nature[1]. Tutto è iniziato con un vecchio problema da risolvere: come si è evoluta la stupefacente diversità delle forme aviarie? Il problema è tanto antico che fu uno dei pensieri che portarono Darwin ad elaborare la sua teoria. 150 anni dopo tantissime specie di uccelli sono state studiate e hanno permesso di approfondire la nostra conoscenza di molti processi evolutivi, dalla selezione naturale a quella sessuale, dal parassitismo alla speciazione.

In questa occasione gli scienziati hanno deciso di concentrarsi su come possano emergere separazioni tra gruppi e diversità attraverso radiazioni adattative durante lunghi periodi evolutivi. Il problema può essere così specificato: osservando attraverso una larga scala tassonomica la diversificazione dei “cladi” (gruppi monofiletici di organismi costituiti dal loro antenato comune e da tutti i discendenti, viventi ed estinti, di quell’antenato), non si trovano evidenze di tassi evolutivi lenti, come atteso secondo il gradualismo della versione standard della sintesi evoluzionistica moderna; ma osservando più da vicino, all’interno di singoli cladi, le diversificazioni graduali si possono rinvenire. Il grande paleontologo George G. Simpson[2] tentò di dare una spiegazione a questo apparente paradosso parlando di “evoluzione quantica”. Secondo questa ipotesi i ritmi di differenziazione non sarebbero identici per ogni specie e in ogni periodo: in alcuni habitat è possibile che si liberino delle nicchie, all’interno delle quali “salterebbero” subito delle specie che abitano le zone vicine; ciò comporterebbe un cambiamento delle pressioni selettive e un conseguente rapido cambiamento morfologico. A questo primo rapido mutamento seguirebbe una diversificazione più lenta, canalizzata all’interno di spazi morfologici limitati dalle caratteristiche principali proprie dei pionieri iniziali. Le opportunità ecologiche (nicchie libere caratterizzate da diverse risorse da sfruttare) e i vincoli evolutivi sarebbero fondamentali nel modellare le traiettorie macroevolutive delle diverse linee di discendenza e spiegherebbero le fasi di relativa stasi morfologica intervallata da veloci mutamenti.

Il carattere che gli scienziati hanno scelto per verificare l’ipotesi è stata la forma del becco degli uccelli, essendo un tratto adattativo dalla grande importanza ecologica. Come si evince da molti studi, piccole variazioni del becco sono correlate con variazioni nella dieta e nel foraggiamento[3]. Si è cosi deciso di misurare le variazioni della forma del becco di più specie possibili (più di 2000), concentrandosi principalmente su quelle di cui si hanno a disposizione reperti fossili, così da poter ricostruire i cambiamenti avvenuti durante la storia evolutiva delle varie specie. L’indagine ha chiarificato quanto le espansioni all’interno di nuove nicchie abbiano influito sulla variazione della forma del becco nella storia evolutiva delle specie aviarie, proprio secondo i ritmi previsti da Simpson. Lo schema individuato è di questo tipo: in un primo periodo, durante il quale molte nicchie si trovano libere, si attua in esse una diffusione delle varie popolazioni, alla quale segue una diversificazione notevole delle varie forme dei becchi, che si sintonizzano con le esigenze ecologiche di ogni contesto. In un secondo periodo, i discendenti dei primi pionieri consolidano il proprio “dominio” all’interno della nicchia acquisita, traendo vantaggio da piccole modificazioni nella forma. Dopo una prima accelerazione nella diversificazione delle forme, le generazioni successive non subiscono più, in un breve lasso di tempo, modificazioni tanto forti, anche se possono continuare a variare leggermente in differenti direzioni, rimanendo sempre fedeli al modello dei predecessori. Quindi: rapida e imponente diversificazione iniziale, seguita da lenti processi di “variazioni sul tema”.

I ritmi di variazione sono dunque risultati differenti e una correlazione fondamentale è stata trovata tra radiazione evolutiva all’interno di una nuova nicchia e aumento del tasso di cambiamento. Una volta saturati la nicchia e lo spazio adiacente, il tasso di cambiamento decresce. Gli scienziati hanno anche notato che non tutti i cladi variano alla stessa velocità, alcuni cambiano più velocemente di altri: alti tassi di variazione del becco sono stati infatti connessi a cladi caratterizzati da un’alta tendenza alla speciazione. Non si tratta però di una regola generale: si possono trovare casi di rapida differenziazione, spesso associati all’occupazione di una nuova nicchia su isole, che favorisce l’isolamento e nuove opportunità ecologiche da esplorare, e questo si verifica indipendentemente dal clade di appartenenza della singola specie che contingentemente giunge su un’isola disabitata. Il tutto converge con l’osservazione di questi stessi schemi anche tra molti altri gruppi di animali. Gli autori concludono che “l’evoluzione degli uccelli moderni prese avvio nel tardo Cretaceo, in un mondo in rapido cambiamento, in coincidenza dell’aprirsi di ampie opportunità ecologiche. I nostri risultati implicano che questo paesaggio adattativo dinamico possa aver guidato una mega-evoluzione simpsoniana attraverso zone adattative, innescando un successivo raffinamento dei dettagli del becco su piccola scala, mentre la diversità aviaria si espandeva sul globo”.

Ma come sono giunti a queste conclusioni su larga scala? La parte più sorprendente del lavoro è stata l’ampia partecipazione di una manovalanza non ordinaria. Semplici cittadini hanno contribuito all’elaborazione della ricerca aiutando gli scienziati a prendere le misure dei tantissimi becchi. Migliaia di becchi sono stati scannerizzati in 3D a partire da collezioni di musei e successivamente sono stati selezionati quattro punti di riferimento generali, da dover rintracciare per ogni becco, al fine di poter poi stimare le variazioni in funzione di questi punti. Poi è stato aperto un sito online dove chiunque sia interessato può contribuire alla ricerca (che non è ancora terminata). Sul sito, dopo un breve addestramento, viene assegnato un becco tra i tanti non ancora misurati e il volontario può inserire i punti di riferimento che saranno poi computati da programmi specifici. Ovviamente sono state prese le opportune precauzioni al fine di evitare errori e distorsioni da parte di osservatori non specialisti. A inizio febbraio 2017 gli utenti registrati risultavano più di 1400 e i becchi misurati circa 7800 su un totale di 9993. Chiunque desideri collaborare è il benvenuto.

Si tratta di un ottimo esempio di un movimento che recentemente ha preso il nome di Citizen Science, ovvero la partecipazione attiva a una ricerca scientifica da parte di un gran numero di persone non specialiste, che lavorano sotto il controllo di un responsabile qualificato. In altri contesti, si intende per Citizen Science anche la discussione pubblica di obiettivi e risultati della ricerca scientifica. Il fulcro è l’aspetto partecipativo della cittadinanza non tecnica all’attività scientifica e alla discussione dei suoi risultati. Bisogna specificare che difficilmente qualcuno potrà arrivare a partecipare in prima persona a un esperimento al CERN, ma i contributi che possono essere dati sono molteplici e riguardano soprattutto le scienze biologiche e naturali, dove abbondano dati (dalla non troppo intricata complessità) da raccogliere, organizzare e interpretare. Non si tratta solo di mettere punti su becchi, importanti possono risultare anche le collaborazioni nel monitoraggio della biodiversità e delle migrazioni delle specie. Numerosi sono anche i progetti avviati in altri settori disciplinari, per esempio in astronomia. Da una parte gli scienziati possono beneficiare di un prezioso aiuto nel loro lavoro, velocizzando molte ricerche, dall’altra il cittadino non specialista può entrare a contatto con una realtà che non conosceva e comprendere come tali attività abbiano risvolti diretti o indiretti sulla vita pubblica.

Questi progetti racchiudono inoltre un enorme potenziale educativo e sono ottimi strumenti di alfabetizzazione scientifica della cittadinanza. Da questo tipo di alfabetizzazione ci si attende un aumento delle capacità critiche e delle conoscenze concrete dei processi della ricerca scientifica. La società intera si gioverebbe dell’incremento delle capacità di giudizio dei suoi membri in merito alle questioni sollevate dagli avanzamenti delle conoscenze scientifiche. Anche gli scienziati sarebbero responsabilizzati a rendere più chiaro il proprio ruolo all’interno della società e a valorizzare le proprie ricerche. La Citizen Science è ai suoi albori, ma si può prevedere un incremento di queste attività nei prossimi anni. Già vengono organizzati annualmente congressi internazionali e le attività scientifiche che chiedono un contributo dei non specialisti si moltiplicano[4]. Una buona pubblicità deriverà di certo da quei cittadini orgogliosi di aver contribuito ora a una pubblicazione su Nature e di aver aiutato a portare un po’ di luce nella storia evolutiva degli uccelli.

Da La Mela di Newton

NOTE

[1] Cooney, Christopher R., et al. “Mega-evolutionary dynamics of the adaptive radiation of birds.” Nature (2017).

[2] George G. Simpson fu un influente paleontologo americano che contribuì all’elaborazione della Sintesi evoluzionistica Moderna a partire dagli anni 40 del XIX secolo, soprattutto con la pubblicazione di Tempo and Mode in Evolution nel 1944, nel quale rivalutò e reinterpretò l’informazione contenuta nel record fossile.

[3] Si pensi ai risultati dei lavori dei coniugi Grant presso le Galápagos: Grant, Peter R., and B. Rosemary Grant. How and why species multiply: the radiation of Darwin’s finches. Princeton University Press, 2011. http://www.nature.com/news/2009/091116/f…

[4] http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/valentina-meschia/citizen-science-scienza-di-tutti/marzo-2016

https://www.citizensciencealliance.org

http://citizenscience.org

http://ecsa.citizen-science.net