Non solo Neanderthal

Oltre a quelle dovute all’incrocio con i Neanderthal, il DNA degli esseri umani moderni presenta anche tracce di mescolamento con la specie ancora misteriosa dell’uomo di Denisova. Per la prima volta una ricerca ha mappato la quantità di queste tracce, in relazione alla posizione geografica, nelle varie popolazioni non africane della nostra specie presenti sul pianeta

C’eravamo noi: gli uomini anatomicamente moderni e c’erano loro, i Neanderthal, gli ultimi Homo erectus ancora esistenti e i piccoli uomini di Flores (Homo floresiensis); ma durante il Paleolitico medio il mondo ha ospitato almeno un’altraspecie umana: l’uomo di Denisova. Di questo antico membro della nostra famiglia conosciamo davvero poco, visto che possediamo solo pochissimi resti delle sue ossa trovate presso la grotta di Denisova, sui monti Altai in siberia; da cui la presunta specie prende il nome. L’analisi del materiale genetico estratto da queste ossa lascia però pochi dubbi: si tratta di una specie ben distinta dalle altre specie ad essa coeve, frutto probabilmente di una migrazione distinta da quelle che hanno portato alla fuoriuscita dall’Africa degli antenati di Homo sapiens e Homo neanderthalensis.

Antenati promiscui
Anche se i denisoviani ci hanno lasciato così poco di sé in termine di resti, qualcosa di loro è arrivato vivo fino a noi: alcune popolazioni asiatiche e dell’Oceania portano infatti nei loro geni i segni di incroci avvenuti nell’antichità con questa popolazione. Sriram Sankararaman e colleghi, delle università di California, Harvard, e del MIT, hanno cercato tracce di materiale genetico denisoviano nei genomi di 257 individui moderni appartenenti a 120 distinti gruppi etnici, comprendenti quelli di 20 individui dell’Oceania: il gruppo nel quale sono stati rilevati i segni più abbondanti di geni derivati dall’uomo di Denisova. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Current Biology, aiutano a chiarire la storia degli incroci tra gli antenati della nostra specie e gli altri ominidi loro contemporanei; così come i vantaggi o svantaggi selettivi affrontati dai portatori dei geni di antichi ominidi.

Recidivi
La distribuzione geografica del DNA denisoviano nelle popolazioni moderne ha confermato il dato per cui i suoi maggiori portatori sono gli abitanti dell’Oceania (Pikaia ne ha parlato qui), ma ha anche confermato un’alta presenza di questo materiale genetico nelle popolazioni Himalaiane e dell’India centro-meridionale (Pikaia ne ha parlato qui). Il gruppo etnico più rilevante, in questo senso, sono gli Sherpa himalaiani, con una percentuale di genoma di origine denisoviana pari allo 0,1% , secondi al mondo solo ai papuani con il loro 1,12%. Gli himalaiani possiedono una variante del gene chiamato EPAS1 che conferisce una notevole resistenza agli stress cui l’organismo umano è sottoposto ad alta quota. Varie ricerche hanno già evidenziato come questa variante derivi con ogni probabilità da incroci con gli uomini di Denisova. Ma i vantaggi conferiti da EPAS1 non bastano da soli a spiegare l’alta percentuale di geni denisoviani degli Sherpa, né la presenza di così alte percentuali in due popoli distanti geograficamente come quelle dell’Himalaya e della Papuasia. La spiegazione più probabile dei dati osservati è che nel corso della storia umana siano avvenuti, in luoghi e momenti separati, più episodi di incrocio tra esseri umani moderni e denisoviani: secondo gli autori della ricerca almeno tre.

Bene e male
Fra le funzioni più comuni nei geni che con un’alta probabilità derivano dai denisoviani, gli autori hanno individuato quelli relativi al metabolismo del grasso e alcuni recettori per i composti amminici, legati alla percezione olfattiva di queste sostanze; ma non è affatto chiaro se, ed eventualmente quali, vantaggi, questi geni abbiano conferito ai loro portatori. Di sicuro i ricercatori hanno trovato una correlazione negativa tra la presenza di geni denisoviani e la forza della selezione a cui sono stati sottoposti quei geni nel corso dell’evoluzione. Pare che l’ambiente abbia lavorato per liberare gli umani moderni dai geni entrati nella popolazione per incrocio, lasciandone resti solo in quelle parti di genoma già di per sé poco importanti per la sopravvivenza. Tra le parti del genoma dell’uomo moderno che contengono alte percentuali di geni esogeni gli autori hanno individuato per esempio il tratto del cromosoma 7 contenente il gene FOXP2, ritenuto essenziale per il corretto sviluppo delle capacità di linguaggio nella nostra specie.

Elisir dell’infertilità
Uno dei principali problemi, che hanno fatto in modo che i maschi degli ibridi tra uomini moderni e denisoviani lasciassero pochi discendenti, è stata la loro scarsa fertilità: anche tra le popolazioni con le più alte percentuali di geni derivati dall’antica specie asiatica, la quantità cala drasticamente nelle parti del cromosoma X essenziali alla produzione di sperma, così come in tutti gli altri geni molto espressi a livello del testicolo. Vale la pena ricordare, però, che se i geni ereditati dai denisoviani fossero stati troppo deleteri per la sopravvivenza, la selezione li avrebbe probabilmente eliminati presto e tutti. I loro residui, per quanto minimi, presenti negli asiatici e Oceaniani moderni non sono stati dannosi, quanto meno. Non è ancora detto che studiandoli meglio, in futuro, non si possano avere ulteriori sorprese.

Riferimenti: 
Sankararaman et al. The Combined Landscape of Denisovan and Neanderthal Ancestry in Present-Day Humans. Current Biology (2016), http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2016.03.037

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