Orecchie da serpente

Si è spesso creduto che l’udito dei serpenti non fosse particolarmente acuto, convinzione basata su considerazioni di carattere anatomico e comportamentale. Infatti questi animali mancano dell’orecchio esterno e non sembrano molto percettivi a stimoli sonori, tuttavia possiedono un orecchio interno dotato di una coclea funzionante. E’ proprio questa struttura, tramite una complessa catena di segnali che si dipartono dalla mascella

Si è spesso creduto che l’udito dei serpenti non fosse particolarmente acuto, convinzione basata su considerazioni di carattere anatomico e comportamentale. Infatti questi animali mancano dell’orecchio esterno e non sembrano molto percettivi a stimoli sonori, tuttavia possiedono un orecchio interno dotato di una coclea funzionante. E’ proprio questa struttura, tramite una complessa catena di segnali che si dipartono dalla mascella inferiore, a consentire ai serpenti di percepire l’entità e la direzione delle vibrazioni del suolo.

Un gruppo di ricercatori della Technical University Munich (TUM) e del Bernstein Center for Computational Neuroscience (BCCN) ha proposto una modellizzazione di come questi rettili siano in grado di captare anche le minuscole vibrazioni che perturbano la superficie su cui si trovano e si propagano radialmente come un’onda dal punto in cui sono state emesse. Il distretto anatomico che svolge questo compito è la mascella inferiore, che è portata a vibrare dalle onde prodotte dalla fonte di movimento. La vibrazione quindi viene trasmessa direttamente all’orecchio interno mediante una catena di piccoli ossicini collegati alla mascella, in modo del tutto simile a come avviene la percezione del suono nel mammiferi, che si attua tramite gli ossicini dell’orecchio medio. Si può dunque dire che i serpenti siano letteralmente in grado di “sentire le vibrazioni”.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, illustra anche in che modo questi rettili siano in grado di individuare la direzione di provenienza della vibrazione, e quindi quella di una potenziale preda. L’adattamento che conferisce loro tale capacità è da ricercarsi ancora una volta nell’anatomia della mascella: questa è infatti suddivisa in due parti non rigidamente accoppiate, in grado di muoversi e percepire le vibrazioni indipendentemente. In questo modo, in base alla direzione di propagazione, l’onda vibrazionale colpirà le due parti non nello stesso istante, ma tra la stimolazione di una e quella dell’altra trascorrerà un brevissimo intervallo di tempo, sufficiente però a consentire al cervello di elaborare l’informazione ricevute e comprendere la direzione della vibrazione. Così, il lato della mascella che verrà stimolato per primo segnalerà la direzione di provenienza, anche in questo caso proprio come avviene nella percezione dei suoni tramite l’udito stereo dei mammiferi.

La mascella dei serpenti si evoluta doppiamente come macchina predatoria: prima percepisce i movimenti, la direzione e la distanza delle prede, poi grazie alla sua incredibile flessibilità, consente a questi rettili di ingoiare pasti di dimensioni davvero notevoli.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons.