Paginae naturalis. Ritratti Reali di Animali Fantastici

Viene prorogata fino al 5 maggio l’interessante mostra artistica di Hitnes allo Zoologico di Roma. Paginae naturalis è una collezione di illustrazioni naturalistiche, un catalogo di “semi-falsi” animali dipinti e delle loro denominazioni, in un gioco nel quale il segno pittorico imita la realtà sciogliendola in una macchia.

Arte e biodiversità vivono un rapporto nuovo nei dipinti di Hitnes, un nome inventato come lo sono i suoi animali, perfetti rappresentanti di specie che… non esistono. Ma per capire cosa renda questa mostra sui generis così affascinante è opportuno riflettere sul passato. 

Nei grandi trattati sul mondo animale, pensiamo a quelli settecenteschi di Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon e di Geoffroy Saint-Hilaire, le illustrazioni sono fondamentali. Eppure pochi ricordano i nomi dei loro autori. A quei tempi gli illustratori si basavano sugli esemplari che le grandi spedizioni scientifiche riportavano in patria. Ma sebbene cercassero di riprodurre la realtà nel modo più esatto possibile, era la realtà stessa — le pelli rinsecchite, i corpi conservati malamente, gli animali vivi e macilenti — a porre loro continui tranelli. 
Eppure ci sono stati artisti, come Maria Sibylla Merian nel XVII secolo o, più di recente John James Audubon, che affascinati dal mondo naturale hanno osservato gli animali e il loro comportamento rappresentandolo alla perfezione. Merian, donna d’arte e di scienza, come l’ha definita la mostra in suo onore al Paul Getty Museum di Los Angeles, ricorda che nella sua gioventù ha trascorso molto tempo ad osservare insetti. Nella sua città natale, Francoforte, ha iniziato illustrando come i bachi da seta si trasformano in farfalle. Poi, trasferitasi in Suriname, Meriam ha continuato la sua attività di ritrattista scrupolosa della fauna e della flora di questo paese e, da autorevole studiosa, ha riconosciuto la validità scientifica della tassonomia sviluppata dagli indigeni. Ci vorranno tre secoli prima che l’antropologo americano Brent Berlin dimostri che le società tradizionali, spesso bollate come primitive, classificano animali e piante seguendo principi che arrivano ad un’enumerazione talvolta superiore a quella della scienza “ufficiale”! 
Hitnes fa qualcosa di differente. Da “graffitaro”, che per anni ha dipinto animali sui muri del mondo, continua ad usare superfici che hanno già una loro vita. Ricicla libri e riviste usandoli per una prima catalogazione dei suoi modelli: gli uccelli volano negli spartiti musicali beccandone le note, i pesci nuotano nel mare delle lettere greche, gli anfibi si mimetizzano fra le protuberanze del cirillico, i rettili si snodano nei caratteri kanji del giapponese. Hitnes potrebbe dipingere alla perfezione qualsiasi animale ma non vuole essere un illustratore, non è questo il suo obbiettivo. Così supera la rappresentazione fedele e gioca con la nostra percezione. Una o più macchie sulla carta con i loro giochi di trasparenze e buchi sono l’inizio casuale da cui scaturiscono questi dipinti ispirati alle collezioni del Museo di Zoologia di Roma. 
Ai visitatori poco esperti di biodiversità, le forme e i colori di questi dipinti indicano i particolari da esaminare negli esemplari morti accanto ai quali si trovano. Così Hitnes ne mostra la bellezza, il comportamento, le infinite variazioni sul tema. La creatività delle composizioni è emozionante e i particolari che le arricchiscono strepitosi in quanto fondamentali aggiunte per caratterizzare e interpretare gli animali. Gli esperti invece capiscono presto che nessun animale dipinto è come quello reale, c’è sempre un dettaglio di meno o di troppo, qualcosa su cui ragionare. Tuttavia, bastano pochi dipinti per comprendere che gli “errori” sono intenzionali. E sono talmente verosimili che potrebbero anche essere frutto dell’evoluzione biologica, rappresentazioni di specie che il Museo… non possiede. Le sue collezioni si sono arricchite grazie a Hitnes che ci ha insegnato a guardarle attraverso la sua arte. 
Elisabetta Visalberghi