Pensare il presente delle scienze. Filosofi e scienziati a confronto

Telmo Pievani, professore associato di Filosofia della Scienza all’Università di Milano Bicocca, coordinatore scientifico delle conferenze del Festival della Scienza di Genova, autore di numerosi volumi sull’evoluzionismo (Homo sapiens e altre catastrofi, Meltemi 2002; Introduzione alla filosofia della biologia, Einaudi 2005), l’ultimo dei quali – Creazione senza Dio, Einaudi 2006 – è finalista del premio Galileo per la divulgazione scientifica,

Telmo Pievani, professore associato di Filosofia della Scienza all’Università di Milano Bicocca, coordinatore scientifico delle conferenze del Festival della Scienza di Genova, autore di numerosi volumi sull’evoluzionismo (Homo sapiens e altre catastrofi, Meltemi 2002; Introduzione alla filosofia della biologia, Einaudi 2005), l’ultimo dei quali – Creazione senza Dio, Einaudi 2006 – è finalista del premio Galileo per la divulgazione scientifica, e Antonello La Vergata, professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Modena e Reggio, autore, fra l’altro di L’equilibrio e la guerra della natura. Dalla teologia naturale al darwinismo, Morano 1990 e Guerra e darwinismo sociale, Rubbettino 2005. Coordina Gaspare Polizzi. Domani alle ore 10 nuovo incontro al Liceo “Michelangiolo” in Via Condotta 9/11.

La teoria dell’evoluzione neodarwiniana è fatta oggetto sempre più frequentemente di fraintendimenti di diversa natura. Sono state avanzate interpretazioni secondo cui attualmente esisterebbero “più teorie dell’evoluzione” in alternativa l’una all’altra. Può inoltre capitare di leggere tesi secondo cui la teoria sarebbe entrata in crisi e non verrebbe sostituita da una migliore soltanto per un attaccamento dogmatico dei suoi sostenitori. Vorrei mostrare, in modo argomentato e utilizzando gli strumenti più idonei dell’analisi epistemologica contemporanea, la fallacia di queste letture del dibattito evoluzionistico. La teoria dell’evoluzione è rappresentata oggi da un programma di ricerca composito, dotato di un “nucleo” centrale neodarwiniano esteso e di una “cintura” di assunzioni ausiliarie in via di affinamento. Il dato emblematico che leggiamo infatti negli sviluppi novecenteschi della teoria dell’evoluzione è che si è dimostrato, grazie all’opera dei fondatori della genetica delle popolazioni – fra gli altri, Ronald A. Fisher, John B. Scott Haldane, Sewall Wright e Theodosius Dobzhansky – che la selezione naturale era un meccanismo corretto, e indispensabile per comprendere la trasformazione delle specie, anche in assenza della conoscenza esatta dei meccanismi di ereditarietà all’interno degli organismi. Darwin non sapeva cosa fosse un gene e aveva un’idea dei meccanismi di ereditarietà che si rivelerà poi scorretta, ma aveva capito che all’interno delle popolazioni vi è una continua produzione di diversità ereditaria e che questa diversità viene sottoposta al filtro della selezione: è il nocciolo esplicativo ancora oggi al centro del programma di ricerca evoluzionista e fuso insieme alla biologia molecolare nella cosiddetta “Sintesi Moderna”. Oggi a quel nucleo vanno aggiunti altri “motori” di cambiamento, come la deriva genetica, la migrazione e il complesso dei fenomeni macroevolutivi che si manifestano su larga scala. Anche le assunzioni ausiliarie della Sintesi Moderna – relative ai ritmi, ai livelli e ai vincoli dell’evoluzione – sono in corso di trasformazione e stanno transitando da una forma tendenzialmente riduzionista e funzionalista tipica della “prima Sintesi” a una forma più pluralista e strutturalista che potremmo abbozzare come “nuova sintesi”. Gli sviluppi della genomica evoluzionistica, della biologia evolutiva dello sviluppo e della paleontologia possono essere efficacemente inquadrati in questa cornice. Ne risulta che è infondato parlare di più teorie dell’evoluzione o di un superamento dell’impianto esplicativo neodarwiniano. Si prefigura piuttosto la corroborazione di quella visione del processo evoluzionistico che Stephen J. Gould aveva definito in modo suggestivo come “darwinismo esteso” o “pluralismo darwiniano”.