Qualche semplice sasso scheggiato

Alcuni strumenti litici aggiornano il diario di viaggio di Homo sapiens fuori dall’Africa

Quando vengono scoperti dei manufatti litici in un’area dove non ci si aspetta la loro presenza, si apre un ampio complesso di studi che coinvolge non solo differenti oggetti d’esame, ma anche finalità apparentemente distanti ma che appartengono allo stesso quadro d’insieme: migrazioni ed espansioni.

E’ ciò che è recentemente successo nella penisola arabica: il rinvenimento nel 2011 di strumenti litici del paleolitico medio e superiore nella parte centrale dell’area geografica in questione, ha abbozzato un capitolo fino ad ora oscuro sulla sua occupazione. Tra le tipologie di studio effettuate, spiccano quelle sull’analisi tecnologica dei reperti (immagine dei reperti), quella geomorfologica dell’area e quella climatica.

La caratteristica principale di questi manufatti è il tipo di lavorazione: una parte considerevole di essi è stata ottenuta con la medesima tecnica Levallois presente nello Yemen-Oman in tempi precedenti, e prima ancora nel nord Africa, in Nubia: un’invenzione del sapiens anatomicamente moderno. Nonostante questo, appaiono anche metodi locali di produzione, alcuni tra i quali derivati comunque dalla Levallois.

La mancanza di un precursore tecnologico fa pensare ad un movimento Out-of-Africa: lo spostamento sarebbe iniziato dalla Nubia lungo la lingua di terra tra il nord del Mar Rosso e il Mediterraneo, la ridiscesa verso sud lungo le coste orientali del Mar Rosso, l’occupazione della fascia meridionale della penisola arabica lungo la costa dell’Oceano Indiano (Yemen-Oman) magari attraversando direttamente il Mar Rosso per lo stretto di Bab el-Mandeb, e quindi la risalita a nord all’interno della penisola.

Il motore che avrebbe incentivato lo spostamento verso nord sarebbe stato il clima: tre grandi periodi di precipitazioni si sarebbero susseguiti in una parte del paleolitoco medio (MIS 5). La prima si sarebbe manifestata tra 130 e 125 mila anni fa, e precederebbe la presenza della tecnologia nubiana in Arabia: probabilmente avrebbe funto da calamita. Le due fasi umide successive (100 mila anni fa la seconda, e 80-75 mila anni fa la terza) avrebbero spinto le presenze umane alla migrazione attraverso verso l’Arabia Saudita.

Tra un periodo umido e l’altro, la siccità avrebbe potuto avere la meglio sugli spostamenti: è proprio qui che sarebbero entrate in gioco le risorse idrografiche dell’Al-Kharj (mappa), che con le sue numerosi sorgenti e pozzi d’acqua avrebbe rappresentato un importante rifugio. Ed è proprio ad Al-Kharj che si trovano gli affioramenti in arenaria utilizzata per la fabbricazione degli strumenti rinvenuti nel luogo: la vicinanza della materia prima sarebbe stata un’altra risorsa che avrebbe contribuito allo scopo.

Ernesto Pozzoni da Storie di Scienza 

Riferimenti:

Crassard R, Hilbert YH (2013) A Nubian Complex Site from Central Arabia: Implications for Levallois Taxonomy and Human Dispersals during the Upper Pleistocene. PLoS ONE 8(7): e69221. doi:10.1371/journal.pone.0069221