Quando ad una talpa capitò di perdere il pelo.. e non solo

Heterocephalus glaber è un roditore comunemente noto come eterocefalo glabro (o talpa senza pelo) da alcuni anni molto studiato poichè presenta numerose peculiarità biologiche. Ha infatti una notevole longevità (può vivere sino a 30 anni, risultato eccezionale per i roditori), è estremamente fertile sino al momento della morte e sembra essere resistente sia a tumori spontanei che indotti. Ma questo

Heterocephalus glaber è un roditore comunemente noto come eterocefalo glabro (o talpa senza pelo) da alcuni anni molto studiato poichè presenta numerose peculiarità biologiche. Ha infatti una notevole longevità (può vivere sino a 30 anni, risultato eccezionale per i roditori), è estremamente fertile sino al momento della morte e sembra essere resistente sia a tumori spontanei che indotti.

Ma questo non è tutto: l’eterocefalo glabro vive in comunità sotterranee in cui vi è una singola femmina (la regina) che si riproduce, vive a bassissimi livelli di ossigeno, al buio, è privo di peli e ha diverse alterazioni sia dei ritmi circadiani e che dei meccanismi di termoregolazione tanto che ha perso la possibilità di controllare la temperatura corporea. Viste le numerose peculiarità biologiche Heterocephalus glaber si presenta con un modello di grande interesse biologico tanto che a novembre 2011 sulla rivista Nature è stato pubblicato un interessante articolo dedicato al genoma di questo insolito roditore (di cui erano state già annunciate alcune anticipazioni, come segnalato  su My Genomix). Come emerge dall’articolo “Genome sequencing reveals insights into physiology and longevity of the naked mole rat” il genoma dell’eterocefalo glabro contiene oltre 22.000 geni (numero comune nei mammiferi), ma solamente il 25% del genoma è dato da elementi genetici mobili, mentre nell’uomo, nel topo e nel ratto almeno il 35-37% del genoma è dato da sequenze mobili ricondubicili a retrotrasposoni e trasposoni.

Nonostante le peculiarità biologiche, la maggior parte dei geni identificati nell’eterocefalo ha un omologo negli altri mammiferi e sono state identificate solo poche famiglie geniche che sono andate incontro a delezioni o espansioni rendendo il genoma di eterocefalo un tipico genoma di mammifero.

Tra i geni identificati, 39 contengono mutazioni unicamente presenti nel genoma di eterocefalo a suggerire che tali sequenze siano implicate nel determinare le insolite proprietà biologiche di questo roditore. E’ interessante osservare che tra questi geni ve ne sono molti implicati nel controllo della replicazione cellulare, della termoregolazione e della visione.

Ulteriori peculiarità si osservano quando anziché confrontare le sequenze nucleotidiche dei geni, si va a confrontare il loro pattern di espressione in alcuni organi, tra cui ad esempio il cervello. Nell’eterocefalo glabro solo pochi geni mostrano a livello cerebrale pattern di espressioni diversi tra esemplari giovani (di 4 anni) e vecchi (di 20 anni), a differenza di ciò che accade nell’uomo dove molti geni vengono a variare i propri profili di espressione nel corso dell’invecchiamento. Alcuni geni mostrano inoltre una tendenza opposta, ovvero mentre nell’uomo vengono progressivamente spenti, nell’eterocefalo vengono ad essere espressi a livelli più alti. Un esempio è il gene SMAD3 che quando espresso può rallentare il tasso si replicazione di cellule tumorali andando quindi a proteggere questo roditore dai tumori.

A questo si deve aggiungere che diversi geni codificanti per proteine mitocondriali non sono progressivamente spenti assicurando nell’eterocefalo un corretto funzionamento dei mitocondri anche negli esemplari più anziani, così come la telomerasi si mantiene allo stesso livello di espressione per tutta la vita rallentando i processi di invecchiamento.

L’analisi del genoma di eterocefalo mostra inoltre che la presenza di mutazioni in numerosi geni è alla base ad esempio della perdita del pelo, della termoregolazione (tramite mutazione del gene UCP1), della vista e della modulazione dei ritmi circadiani (a seguito di una ridotta produzione di melatonina). Un’altra peculiarità è legata al fatto che l’eterocefalo, a seguito di mutazioni, non produce la sostanza P, un neurotrasmettitore necessario per trasmettere al cervello i segnali dolorosi. L’assenza della sostanza P a livello della pelle fa sì che quando questi animali vengono feriti o graffiati, non provano dolore.

Quando avete visto la fotografia avete pensato che questo animale è decisamente brutto? Può essere, ma il suo genoma è fantastico e ci potrà insegnare molto su come sia siano evoluti alcuni processi (tra cui l’invecchiamento e la protezione da tumori) anche nell’uomo, fornendoci alcune indicazioni su come provare, a nostro vantaggio, a modularne il decorso.

Mauro Mandrioli