Quando i serpenti avevano le zampe

Un gruppo di ricercatori dell’European Light Source (ESRF) di Grenoble, in Francia, ha rinvenuto in Libano i resti fossili di quello che rappresenta una delle poche specie di serpente dotata ancora di arti fino ad ora conosciuta. L’esemplare, di lunghezza pari a 85 cm, appartiene alla specie Eupodophis descouensi, vissuta nel Tardo Cretaceo, circa 92 milioni di anni or sono.

Un gruppo di ricercatori dell’European Light Source (ESRF) di Grenoble, in Francia, ha rinvenuto in Libano i resti fossili di quello che rappresenta una delle poche specie di serpente dotata ancora di arti fino ad ora conosciuta. L’esemplare, di lunghezza pari a 85 cm, appartiene alla specie Eupodophis descouensi, vissuta nel Tardo Cretaceo, circa 92 milioni di anni or sono.

Al momento del suo ritrovamento, questa nuova specie era sembrata un semplice serpente, tuttavia, dopo uno sguardo più approfondito dell’esemplare, è emersa una piccola protuberanza nella zona inferiore del corpo, che una successiva analisi morfologica ha identificato in maniera inequivocabile come un arto tipicamente da vertebrato. Presenta infatti femore, tibia e perone, come le zampe di tutti i tetrapodi, solo che della lunghezza di soli 2 cm, esigua in relazione alla taglia corporea. Per questo motivo i ricercatori ritengono che questo arto non fosse funzionale alla locomozione, ma si tratti invece di una struttura vestigiale, che sarebbe andata perduta nei milioni di anni successivi.

Questa scoperta porta ulteriori informazioni riguardo l’evoluzione di questi animali e la loro transizione da rettili dotati di quattro zampe funzionali a organismi totalmente primvi di arti, transizione che avvenne sulla terra ferma e in maniera graduale. Così, man mano che i serpenti si adattavano ad un nuovo stile di vita e ad una nuova locomozione, le zampe perdevano sempre più d’importanza, fino alla totale perdita come si osserva in tutte le specie attualmente esistenti. 

Dal sito della BBC si può accedere ad un video a ad un intervista che documentano questa scoperta e le conseguenti implicazioni evolutive.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons