Reazione a catena

Che il comportamento umano possa infuenzare fortemente gli ecosistemi naturali è fatto ormai tristemente noto, ma che quello delle cavallette possa determinare la produttività primaria dei suoli in cui vivono non era certo scontato aspettarselo. Ma vediamo cosa accade in questa straordinaria reazione a catena, documentata sulle pagine di Science, che da un piccolo insetto si ripercuote sull’intero ecosistema. In

Che il comportamento umano possa infuenzare fortemente gli ecosistemi naturali è fatto ormai tristemente noto, ma che quello delle cavallette possa determinare la produttività primaria dei suoli in cui vivono non era certo scontato aspettarselo.

Ma vediamo cosa accade in questa straordinaria reazione a catena, documentata sulle pagine di Science, che da un piccolo insetto si ripercuote sull’intero ecosistema. In un esperimento di laboratorio, un gruppo di ricercatori delle Università di Gerusalemme e di Yale ha esposto un gruppo di cavallette alla presenza di alcuni ragni, simulando dunque una potenziale predazione senza che questi però potessero realmente cacciare i piccoli ortotteri: se paragonate a quelle di un gruppo di controllo, le cavallette stressate dalla presenza dei predatori modificavano la loro dieta, prediligendo le piante a ricco contenuto di carboidrati. In seguito alla loro morte, i ricercatori hanno lasciato i corpi all’azione dei batteri che li hanno decomposti: i risultati mostrano che nelle cavallette stressate è stata rinvenuta un rapporto tra composti di carbonio e di azoto molto superiore rispetto a di quelli trovati delle cavallette di controllo.

In un secondo esperimento, ai terreni arricchiti dai corpi ormai decomposti delle cavallette sono state aggiunte delle piante, con il loro corredo batterico radicale, per valutare la loro crescita sui due substrati differenti: ebbene, il tasso di decomposizione da parte dei microorganismi associati alle piante è risultato essere molto diverso tra i due gruppi. In particolare, la decomposizione nei terreni arricchiti dai cadaveri delle cavallette stressate era tra il 62% e il 200% più lenta di quelle del gruppo di controllo.

Infine, in un ultimo esperimento, i ricercatori hanno arricchito i terreni con tutte le sostanze contenute nelle cavallette in decomposizione (zuccheri, proteine e chitina, simulando la morte e la decomposizione delle cavallette), ma a concentrazioni differenti: anche in questo caso, un lieve incremento dei composti di azoto incrementava significativamente il tasso di decomposizione dei batteri delle piante.

Un piccolo cambiamento comportamentale di un piccolissimo organismo può portare ad importanti conseguenze sui nutrienti del suolo a disposizione delle piante, influenzandone anche la produttività primaria. E da qui, a scalare, gli effetti potrebbero ripercuotersi su tutta la catena alimentare. Così fitte ed intricate sono le relazioni tra le specie, anche le più inaspettate, che anche la minima modifica di una variabile può avere effetti importanti e a lungo termine sull’intero ecosistema.

Andrea Romano

Riferimenti:
Dror Hawlena, Michael S. Strickland, Mark A. Bradford, and Oswald J. Schmitz. Fear of Predation Slows Plant-Litter Decomposition. Science, 15 June 2012: 1434-1438 DOI: 10.1126/science.1220097