Requiem for Linnaeus

Vi siete mai chiesti per quale motivo si debba attribuire un rango tassonomico ad un taxon? Vi siete mai chiesti perchè quale motivo si debba trattare di gruppi di comodo come fossero gruppi naturali? Vi siete mai chiesti perchè quasi ogni autore di libri di testo di zoologia o botanica utilizzi ranghi differenti (e quindi nomi di taxa differenti) per

Vi siete mai chiesti per quale motivo si debba attribuire un rango tassonomico ad un taxon? Vi siete mai chiesti perchè quale motivo si debba trattare di gruppi di comodo come fossero gruppi naturali? Vi siete mai chiesti perchè quasi ogni autore di libri di testo di zoologia o botanica utilizzi ranghi differenti (e quindi nomi di taxa differenti) per le stesse specie? Se avete approcciato le scienze biologiche e naturali, è probabile. E, a questo punto, temo vi sarete anche chiesti per quale motivo si stabiliscano nomi scientifici universali e permanenti per cambiarli qualche tempo dopo. Ebbene, queste sembrano essere le (logiche) domande e perplessità che hanno permesso l’istituzione del PhyloCode.

Il Systema Naturae di Linneo ha fedelmente servito la scienza biologica a partire dalla sua decima edizione del 1758 (per gli zoologi almeno, per i botanici si va ancora piÃ_ indietro, allo Species Plantarum del 1753) e continua a farlo tuttora. Tuttavia il motto linneano “Species tot sunt diversae quot diversas formas ab initio creavit infinitum Ens” spiega da sè per quale motivo i ranghi della sua classificazione potessero aspirare all’immutabilità. Egli pensava che il sistematico fosse lo studioso della psicologia divina (vedi la teologia naturale) così i ranghi diventavano le categorie mentali del creatore in persona, che perfetto, non poteva mai “cambiare idea”. Ma così evidentemente non è mai stato (quindi se ne potrebbe dedurre una certa “frivolezza divina”).

Così posta la questione sembrerebbe un “miracolo” che il sistema di Linneo sia arrivato fino a noi  pressocè immutato nelle sue linee generali. In realtà ciò è stato possibile poichè l’albero della Vita possiede un intrinseco carattere gerarchico (sebbene vi siano anche elementi tipici di sistemi a rete, per endosimbiosi ed effetti virali) che si accorda con quello proposto da Linneo. Tuttavia la capricciosa attribuzione dei ranghi rimane sempre una questione estranea alla struttura ad albero.

Inoltre i diversi codici di nomenclatura attuali sono sistemi ben più formali di quello linneano e ne hanno in qualche modo inasprito le modalità di azione. I ranghi tassonomici, infatti, la principale innovazione di Linneo insieme alla nomenclatura binomia, vennero (e sono) proposti come un mantra ad ogni studente che s’avvicini alla biologia (Regno, Phylum, Classe, Ordine, Famiglia, Genere, Specie, per chi non li ricordasse!), anche se solo i botanici ne regolano tutta la nomenclatura. Il problema è che questi ranghi non sono assoluti e monolitici come sembrano e quando revisioni successive impongono un cambiamento della classificazione, avviene spesso anche un drammatico cambio di nomi a cascata.

Quindi, che vi sia una discordanza tra il buon senso dell’avere una nomenclatura universale e duratura ed il reale timore che la vostra specie preferita possa cambiare nome è ragionevole.  Inoltre, che la moderna sistematica filogenetica (o cladistica) sia pressochè l’antitesi della logica linneana dei ranghi è palese (provate ad applicare i ranghi a divisioni dicotomiche pressochè continue!).

Per questi motivi nacque il progetto del PhyloCode, durante un workshop del 1998 alla Harvard University. A soli due anni di distanza una bozza era già disponibile sul web. La bozza fu scrutinata da vari esperti di sistematica filogenetica e dei codici di nomenclatura esistenti (Zoologico, Botanico, Batterico etc.).

Oggi, a dieci anni dalla sua nascita, il PhyloCode è arrivato alla sua quarta versione revisionata. Esso si propone di sostituire i codici di nomenclatura esistenti, per ora solo ad un livello gerarchico subito superiore alla categoria fondamentale (quanto ineffabile) della specie, garantendo stabilità e rigore. Le specie sono solo per ora al riparo poichè alcune idee, alcune delle quali sconvolgenti (sostituire i binomi con uninomi o stringhe di codici alfanumerici), sono state proposte per risolvere il problema dell’instabilità dei nomi generici e specifici.

Obiettivo finale del PhyloCode è fare in modo che tutti i gruppi monofiletici (o cladi) possiedano una definizione formale univoca, in modo da poter renderne il nome intrinsecamente legato ad una definizione. Dei nomi di gruppi monofiletici di ampio uso corrente, che pertanto possiedono già una definizione filogenetica, ne verrà registrata la legittimità nel RegNum, un enorme database destinato a contenere le informazioni di tutti i taxa monofiletici definiti. Ciò permetterà non solo di evitare il preoccupante aumentare di sinonimi e omonimi, destinati ad occupare nomi altrimenti “liberi”, ma anche a poter confrontare diversi nomi proposti in alternative ipotesi di parentela.

Molti studiosi che aderiscono al progetto hanno già cominciato ad utilizzare il PhyloCode, mentre gli oppositori si ritroveranno comunque con cladi perfettamente compatibili con le definizioni del codice, dato che esso è stato pensato sulla base di regole già esistenti e collaudate fin dagli esordi della cladistica.

Attualmente il PhyloCode è supportato da un piccolo gruppo di importanti cladisti, sebbene, il sostegno al progetto sia lontano dall’essere unanime. Il tempo solo dirà quale tra i codici uscirà vincitore da questa “competizione memetica”, ma se il PhyloCode ne uscirà vincitore, aspettiamoci grandi cambiamenti iniali, per seguire poi il motto “cambiare una volta per non cambiare mai più”.

Giorgio Tarditi Spagnoli