Resoconto del Darwin Day di Milano di Anna Busca del sitoweb Corrierebit

Un pubblico numeroso, costituito in particolare da insegnanti di scienze, studenti liceali, ricercatori universitari, ma anche da persone semplicemente interessate alla questione “evoluzione”, ha riempito la sala del Museo di Storia naturale di Milano per ascoltare le conferenze del Darwin Day.

Venerdì pomeriggio i relatori hanno parlato soprattutto dei rapporti tra Charles Darwin, il suo ambiente culturale e scientifico,  e la geologia del suo tempo: l’amicizia con Lyell e la lettura dei suoi Principles of Geology hanno sicuramente costituito una base importante per i suoi studi geologici. Liz Hide ha ricordato, parlando dei quaderni che il naturalista portava sempre con sé durante le uscite “in campo”, che Darwin raccomandava di “scrivere sempre quello che si vede”, per non dimenticare particolari che possono rivestire importanti significati. E gli appunti meticolosi, corredati da disegni di campioni di rocce e di fossili, tanto importanti per la stesura dei suoi lavori, sono una prova della validità del suo metodo.

Gian Battista Vai, geologo dell’Università di Bologna, considera Darwin una sorta di precursore della teoria della tettonica delle placche, perché aveva intuito i notevoli cambiamenti subiti dalla crosta e dai continenti. Vai però, nella seconda parte del suo intervento, ha sottolineato che l’evoluzione, pur essendo “un dato di fatto”, non può più essere considerata “darwiniana”: ha citato la teoria degli equilibri punteggiati di Stephen Jay Gould e si è anche riferito ad una sorta di revival di Lamarck, “…come dimostrato dalla diffusione di siti su quest’ultimo, come il sito del prof. Corsi”. Pietro Corsi, storico della scienza, ha scosso il capo ribattendo con veemenza che ideare un sito su Lamarck non significa affatto essere “lamarckiano”, e ha anzi ribadito di essere “darwiniano”. E’ nata quindi un’interessante discussione in cui Corsi ha ripreso alcuni aspetti del dibattito sull’evoluzione: ha chiarito la posizione di Lamarck, sostenitore dell’”eternalità” della vita e della Terra (per approfondimenti si può consultare il suo eccellente sito www.lamarck.cnrs.fr , in francese e in inglese) ed ha affermato che è un grave errore parlare, a proposito di Darwin, di “selezione del più adatto”. Gi individui che presentano un corredo di caratteri più favorevoli in un certo ambiente avranno semplicemente una maggiore probabilità di riprodursi, avranno più figli di altri: l’evoluzione si fonda su potenziali riproduttivi diversi, non viene “eliminato” chi non è “adatto”. Ha anche accennato alla questione spinosa del rapporto scienza/religione, sostenendo che la Chiesa può dire “dove va l’anima”, ma non può affermare nulla sull’evoluzione biologica, di cui si deve occupare la ricerca scientifica.

Sabato si sono invece susseguite conferenze su temi più specifici di geologia e di biologia marina. Giorgio Pasquarè, vulcanologo, ha parlato degli studi di Darwin sulla lava, che gli consentirono di individuare le differenze tra vulcanesimo esplosivo e vulcanesimo effusivo. Il suo viaggio sul Beagle gli permise di osservare numerosi vulcani, alcuni dei quali in eruzione, e di formulare ipotesi sull’Origine delle isole vulcaniche (è anche il titolo di un suo saggio).

Nell’intervento di Giuseppe Orombelli, geomorfologo, sono invece emersi i contributi di Darwin agli studi sui ghiacciai: nel rilevare la presenza di massi erratici e di rocce striate ed erose, Darwin intuì l’estensione di ampie coltri glaciali dovute a  grandi variazioni climatiche del passato.  Orombelli ha poi approfondito l’aspetto paleoclimatico della ricerca sui ghiacci polari: questo ghiaccio, a differenza di quello che si trova sulle montagne, non fonde mai, quindi conserva quanto ha preso dall’aria circostante nel momento in cui si è formato il cristallo di neve che l’ha generato. Ecco perché gli studi effettuati a partire dagli anni ’60 hanno consentito di ottenere dati importanti sull’atmosfera nelle ultime centinaia di migliaia di anni.

Molto interessante anche la conferenza, centrata sulla biodiversità e sulle interazioni tra specie, del biologo marino Marco Oliverio: esperto di gasteropodi, ha parlato di Toxoglossi, in particolare delle 500 specie di Conus, che predano pesci utilizzando il rostro per bloccarli, per poi paralizzarli e ucciderli con dardi velenosi, tramite un tentacolo (un impressionante filmato mostra un pesce, in acquario, letteralmente ingoiato da un Conus nascosto nella sabbia). Le molecole in gioco sono oggetto di studio per ricavare anestetici e altri tipi di farmaci.  Esistono anche gasteropodi, come le Coralliofile, che si nutrono di coralli, riuscendo ad evitarne l’effetto tossico-urticante degli cnidoblasti. E’ chiaro che anche questo particolare adattamento ha suscitato l‘ìnteresse dei ricercatori , soprattutto in ambito biochimico. Infine, ecco i vampiri degli oceani: specie ematofaghe di gasteropodi, come la Colubraria o la Cancellaria, che utilizzano la proboscide per succhiare sangue ai pesci, inserendola nelle branchie. Producono sostanze specifiche con effetto anestetico e anticoagulante. Oliverio ha concluso rimarcando che le simbiosi sono una delle ragioni del successo evolutivo.

Il  relatore seguente, lo zoologo Gabriele Gentile, ha “portato” il pubblico alle isole Galapagos, vero “libro di ecologia in tre dimensioni”, mostrando l’origine vulcanica dell’arcipelago e mettendo in evidenza le differenze tra le coperture vegetali  dovute all’influenza degli alisei, venti costanti umidi, differenze notate naturalmente già da Darwin. Anche il gigantismo di alcune specie animali, in particolare tartarughe, è stato sottolineato ed è stato poi anche oggetto di un  intervento da parte di un botanico presente tra il pubblico. Nel dibattito in chiusura della giornata è da segnalare una domanda interessante giunta tramite Internet: “La radioattività naturale può essere considerata causa di mutazioni? E’ maggiore nelle zone vulcaniche?”. La risposta è arrivata da Oliverio e da Gentile: il primo ha riferito di una ricerca dell’Università La Sapienza  di Roma, non ancora pubblicata, svolta in una zona del Viterbese. Qui esistono formazioni di tufo con una concentrazione di radon superiore alla media e sembra che le popolazioni di anfibi che vi vivono ne subiscano un effetto mutageno. Gentile ha affermato che studi simili hanno portato a concludere che le mutazioni indotte sono per lo più negative, con maggiore incidenza sulle zone del DNA ad alta ripetizione di coppie di basi.  

Milano, 11 gennaio 2007     Anna Busca  anna.bus@tiscali.it
(autorizzazione ricevuta)