Sono Tempi Evolutivamente Migliori? Una nuova rubrica sulle scienziate dell’evoluzionismo

scienziate evoluzione

Il contributo delle scienziate allo sviluppo dell’evoluzionismo è stato ed è determinante, ma le loro storie sono ancora poco raccontate. Ne parliamo da domani nella nuova rubrica di Pikaia “L’evoluzione non ha genere”

Darwin e l’evoluzionismo. Scienziati e teorie evolutive. Binomi celebri. Spontanea sorge una domanda: e le scienziate? E proprio a questa domanda cercherà di rispondere la nuova rubrica di Pikaia: L’evoluzione non ha genere.

Per secoli il sistema patriarcale ha segnato in modo decisivo il percorso storico delle donne. Le donne che potevano avere accesso all’istruzione erano poche, favorite perlopiù dall’appartenenza ad una classe sociale elevata o dall’appartenenza ad un ordine: umaniste, pittrici, scrittrici, poetesse, ma molto più raramente scienziate. Prima del IX secolo, tranne rare eccezioni, alle donne era infatti precluso l’accesso alla formazione scientifica, e solo in poche, con mezzi indipendenti, potevano perseguire i loro studi scientifici.

Oltre al mancato accesso agli studi, i traguardi scientifici delle donne sono stati tradizionalmente sottovalutati. Le donne sono state storicamente relegate a ruoli secondari nella produzione scientifica come traduttrici, illustratrici, brillanti collaboratrici di mariti o eminenti scienziati maschi loro parenti. Appassionate delle intuizioni darwiniane, co-protagoniste di revisioni, aggiornamenti e osservazioni critiche sulle teorie evoluzionistiche. Allora, perché non dare notizia dei formidabili lavori condotti da evoluzioniste di ieri e di oggi, figure storiche e contemporanee? Comunicheremo e condivideremo una descrizione critica del lavoro condotto dalle scienziate del passato e apriremo una finestra sul presente, intervistando figure di spicco nel panorama della biologia evolutiva e della storia dell’evoluzionismo. La rubrica si rivolge a ricercatori, studenti e studentesse, insegnanti e curiosi. Sarà materiale interdisciplinare oggetto di confronto, discussione e critica costruttiva.

Evoluzione: una storia anche al femminile
La teoria dell’evoluzione delle specie è indissolubilmente legata al nome di Charles Darwin. Il naturalista britannico, infatti, fornì numerose prove a sostegno dell’idea che gli esseri viventi mutano nel tempo e propose la spiegazione del meccanismo con cui il cambiamento si verifica. Dopo la pubblicazione, nel 1859, dell’Origine delle specie l’evoluzione si afferma al punto che tutto viene revisionato in ottica evoluzionistica per avere senso. Anche il Novecento è stato protagonista di vivaci dibattiti sui meccanismi di azione della selezione naturale, e oggi il paradigma darwiniano è ancora alla base della biologia.

La teoria dell’evoluzione, però, ha anche volti femminili. Il pensiero di Darwin ebbe immediate ripercussioni non solo nel mondo scientifico, ma anche in quello filosofico e sociologico. Se le sue posizioni, che ponevano l’essere umano sullo stesso piano degli animali, arrivarono a essere considerate blasfeme dalla Chiesa, bisogna considerare anche il dibattito sollevato dal movimento femminista di età vittoriana. Se da una parte lo stesso Darwin, nell’Origine dell’uomo (1871), non si sottraeva pubblicamente al dogma dell’inferiorità della donna, già nell’800 ci furono donne e uomini che usarono invece il darwinismo da un punto di vista emancipazionista. E proprio Darwin, osserva la storica Paola Govoni, in privato era in corrispondenza con oltre 100 donne, tra cui colleghe scienziate ed emancipazioniste, con le quali si dimostrava molto più aperto in tema di parità di quanto non sembrasse dai suoi libri. Scrive Govoni in “Alla luce di quei documenti la misoginia di Darwin in Descent of Man, scientificamente inconsistente, si rivela quasi di maniera.”

L’evoluzione non ha genere nasce per emancipare l’evoluzione, ridimensionando il dominio maschile sulle teorie del passato e le conoscenze attuali.

Evoluzione: parità di genere
In passato, apparentemente nessuna donna emergeva nel campo della biologia evoluzionistica, perché il loro contributo era nascosto dall’assenza di riconoscimenti. Oggi i contributi femminili nel campo sono molti e vari, ma ancora meno riconosciuti rispetto a quelli dei colleghi. Inizialmente, molti evoluzionisti avevano relegato la creatività e diversità delle donne in una condizione subalterna. Poi, vi è stato il mito neuroscientifico (quasi fantascientifico) del cervello maschile e femminile. Il neurosessismo con basi evolutive è stato scientificamente sgretolato anno dopo anno. I moderni neuroscienziati non hanno identificato differenze decisive tra cervelli maschili e femminili, ma questo lo aveva già scoperto Cecil Vogt, neurologa ripetutamente nominata al premio Nobel (e mai premiata).

Probabilmente vi chiederete a cosa serva questa rubrica: come potrà essere sostanzialmente utile? Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: la parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace. Lo scopo di questi articoli non è quindi quello di dare a tutti i costi spazio a figure femminili del mondo della biologia evoluzionistica, ma evidenziare il contributo femminile alle teorie evoluzionistiche, perché aver negato o negare alle donne il loro ruolo nel mondo della scienza impoverisce la scienza stessa.

Lo scenario sta cambiando: da un’era dominata da figure femminili ad un campo di studi oggi maggiormente bilanciato tra i due sessi. Se i volti della scienza sono cambiati, sussistono ancora barriere che dissuadono le donne da una carriera nella scienza. Purtroppo, sono poche le donne che occupano posizioni di leader; ed eccellenti scienziate non sono tanto visibili quanto i loro contributi scientifici meriterebbero. Sebbene le donne siano sempre più il motore della ricerca, anche nell’evoluzione, non sono equamente rappresentate. Ad esempio, il premio Theodosius Dobzhansky della Società per gli studi evolutivi dal 1981 ad oggi è stato assegnato solo a 8 scienziate. Ancora oggi, non è raro trovare importanti iniziative di divulgazione al pubblico dove la biologia evoluzionistica è rappresentata quasi esclusivamente da voci maschili.

Evoluzione: il contributo femminile STEM
C’è anche un altro motivo: le bambine e le ragazze che leggono e studiano sui libri scolastici trovano, molto spesso, figure maschili. E questo non giova alla stem-revolution perché gli stereotipi di genere pesano ancora. Le materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) costituiscono un insieme chiave di competenze che sono oggi fondamentali per la comprensione di numerosi meccanismi alla base della vita civica e sociale. STEM indica, infatti, l’insieme delle discipline scientifiche e tecnologiche, che oggi più che mai permeano la nostra vita quotidiana. Il 54% delle ragazze ama la scienza. Ma ancora pensa che sia «poco adatta» a una donna. Lo dicono i dati di una ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children e diffusa in occasione della Giornata internazionale per le donne e le ragazze nella scienza (11 febbraio).

Un altro esempio viene fornito, per la stessa occasione, da Mariya Gabriel, Commissario europeo per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù: le donne rappresentano meno del 23% degli studenti di Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione in Europa e costituiscono solo il 17% della forza lavoro attiva nello stesso campo. È ovvio, se trovano solo scienziati nei libri! Si chiederanno cosa facessero le donne in passato, se siano state all’altezza, se abbiano fatto scoperte. La risposta è sì, ma… C’è sempre un “ma”. Ma non c’era spazio per le donne scienziate e loro idee.

Un ambizioso obiettivo della rubrica è anche quello di fornire ai lettori, ricercatori, studenti e studentesse, insegnanti e curiosi degli esempi di scienziate da condividere per sradicare gli stereotipi che ancora vorrebbero le ragazze poco portate verso le materie scientifiche e che bloccano sul nascere i loro talenti. In passato non è stato semplice abbattere il paradigma che di fatto rappresenta il mondo scientifico come appannaggio solo degli uomini, ma oggi abbiamo l’occasione per cambiare marcia.

Le donne hanno profondamente modificato l’approccio allo studio della biologia evolutiva, tracciando nuove direzioni di ricerca, facilitando la strada ad altre donne e amando il loro lavoro. Gli ostacoli e gli intoppi rimangono, ma ci sono anche incredibili opportunità per le donne che entrano in questo meraviglioso campo di studi.

Noi speriamo che la rubrica possa ispirare giovani scienziate e studentesse, dubbiose nei riguardi di una carriera nella scienza, affinché si accorgano che è possibile. Passione, fiducia in sé stesse, sforzi per realizzare ciò che si desidera: un cammino non semplice, ma profondamente soddisfacente.

Una rubrica per riconoscere il ruolo delle donne nella biologia evoluzionistica e anche come agenti di cambiamento. L’evoluzione non ha genere uscirà da domani con un articolo dedicato a Mary Anning, in occasione dei 175 anni dalla sua morte.

Riferimenti:

Pérez, T. G. (2013). Genere e curriculum. Modelli e pratiche agli inizi della scolarizzazione femminile. FORMAZIONE & INSEGNAMENTO. Rivista internazionale di Scienze dell’educazione e della formazione, 11(3), 79–92. Retrieved from https://ojs.pensamultimedia.it/index.php/siref/article/view/423

Govoni, P. (2020). “Darwinismo femminista”. Tra fatti scientifici e principi di autorità, in Che genere di darwinismo? Scienza, società e questioni di genere, a cura di Elena Gagliasso, Simone Pollo e Eleonora Severini, «NOTIZIE DI POLITEIA», 2020, 139, pp. 8 – 22. ResearchGate. Retrieved from https://www.researchgate.net/publication/344787758_Darwinismo_femminista_Tra_fatti_scientifici_e_principi_di_autorita_in_Che_genere_di_darwinismo_Scienza_societa_e_questioni_di_genere_a_cura_di_Elena_Gagliasso_Simone_Pollo_e_Eleonora_Severini_NOTIZIE_

Bolker, J. A., Butler, M., Kissinger, J., & Riley, M. A. (1997). Addressing the gender gap in evolutionary biology. Trends in Ecology & Evolution, 21237968. Retrieved from https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21237968

Immagine in apertura: grafica di Carmen Troiano