Se non posso volare, dormo

Un recente studio mostra come il sonno possa essere un meccanismo che permette una maggiore plasticità cerebrale a fronte dell’impossibilità di volare nei moscerini della frutta

Il sonno è una caratteristica dei viventi, il cui ruolo evolutivo non è ancora del tutto chiaro (Pikaia ne ha parlato qui e qui). Tra gli esseri umani, alcuni individui hanno bisogno di dormire di più, altre di meno, soprattutto con l’avanzare dell’età. Il sonno è un processo comune in molte specie e si sono evoluti molteplici meccanismi per bilanciare l’equilibrio sonno-veglia (Pikaia ne ha parlato qui e qui). 

Nonostante le enormi differenze tra le due specie, i pattern del sonno dei moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) assomiglia molto a quello della nostra specie. I giovani moscerini hanno bisogno di dormire molto, ma con l’avanzare dell’età il loro bisogno di dormire diminuisce. Come per la nostra specie, la caffeina è uno stimolante mentre gli antistaminici provocano sonnolenza a questi insetti. Se si priva per un giorno del sonno un esemplare, il giorno dopo dormirà di più. Queste analogie suggeriscono che le abitudini di sonno dei moscerini potrebbero far luce sulle abitudini di sonno nell’uomo (Pikaia ne ha parlato qui).

Secondo uno studio della Washington University School of Medicine di St. Louis, i moscerini che non sono in grado di volare rispondono dormendo più a lungo. I risultati, pubblicati su Science Advances, suggeriscono che il sonno può essere uno strumento evolutivo che aiuta gli animali a far fronte a nuove situazioni difficili. Per analizzare se esiste un rapporto tra una situazione di svantaggio e il sonno, i ricercatori hanno tolto ad alcuni esemplari la capacità di volare. I giovani moscerini devono espandere le ali nella prima mezz’ora dopo la metamorfosi da pupa ad adulto, altrimenti le loro ali non si svilupperanno correttamente. I ricercatori hanno inserito alcuni esemplari appena metamorfosati in piccoli contenitori in modo che non potessero espandere le ali. Hanno inoltre modificato geneticamente altri moscerini in modo che le loro ali non si espandessero. Entrambi gli scenari hanno reso i giovani permanentemente impossibilitati a volare. I ricercatori hanno anche impedito il volo a moscerini più vecchi disabilitando le loro ali con colla o rimuovendole. Dalle osservazioni è emerso che in tutti i casi, di fronte all’incapacità di volare, gli animali dormivano più rispetto a individui della stessa età che potevano ancora volare.

In successivi esperimenti, i ricercatori hanno tracciato il circuito neurologico che segnala al cervello il malfunzionamento delle ali e innesca l’impulso a dormire di più. E’ emerso che i neuroni che si attivano quando vengono danneggiate le ali dei moscerini adulti, si sono rivelati essere gli stessi neuroni coinvolti nel normale processo di sviluppo dell’espansione delle ali. Secondo i ricercatori, questo legame è dovuto al fatto che tale circuito è attivo nei giovani perché i loro cervelli in via di sviluppo hanno bisogno di dormire mentre gli animali espandono le loro ali, imparano a volare e cominciano a spostarsi volando; in poche parole il sonno è importante durante la fase di apprendimento e scoperta (Pikaia ne ha parlato qui). L’intero circuito può essere poi riattivato più tardi nella vita quando succede qualcosa che costringe un moscerino a sopperire alla mancanza dello spostarsi in volo: improvvisamente, il suo cervello deve essere flessibile come quando era giovane. Non può più volare, ma deve ancora procurarsi il cibo, deve competere per i compagni, deve sopravvivere. Gli scienziati suppongono infatti che il sonno amplifichi la plasticità del cervello per permettere all’insetto di proseguire le sue attività vitali con quanto ha a disposizione. Prossimi studi saranno quindi necessari per comprendere in che modo l’aumento del sonno possa aiutare gli esemplari non volanti a sopravvivere meglio. 

Fonti
K. Melnattur, B. Zhang and P. J. Shaw. Disrupting flight increases sleep and identifies a novel sleep-promoting pathway in Drosophila. Science Advances, 2020 DOI: 10.1126/sciadv.aaz2166