Sulle tracce delle tartarughe

Unire lo studio dei fossili con le analisi molecolari per ricostruire la filogenesi delle tartarughe

La filogenesi delle tartarughe (Ordine Testudines) è stata ricostruita per la prima volta con uno studio su scala genomica da un team di ricerca americano. I risultati, in pubblicazione su Molecular Phylogenetics and Evolution, portano gli autori a sostenere che l’impiego dello strumento molecolare sia utile e necessario in studi filogenetici su tartarughe fossili. 

I ricercatori sono partiti dall’evidenza per cui, diversi approcci filogenetici precedenti avevano portato a risultati discordanti, soprattutto nella classificazione della superfamiglia Trionychia, composta da specie caratterizzate dalla presenza di una protuberanza facciale simile a una proboscide e da un guscio di dimensioni e resistenza ridotte. Per ovviare alle incongruenze emerse hanno adottato un approccio molecolare analizzando DNA estratto dai tessuti di 32 specie (rappresentanti di 14 famiglie conosciute) e 6 altre specie di rettili esterni al gruppo.

I risultati ottenuti sono stati trattati statisticamente con due diversi approcci, i quali hanno entrambi restituito lo stesso risultato, ovvero un’identica filogenesi. Nello specifico, l’analisi degli elementi ultra conservati (UCE) stabilisce l’origine monofiletica dei due principali sottordini, uno comprendente testuggini d’acqua dolce aventi dimensioni ridotte con la capacità di muovere il collo solo in orizzontale (Pleurodira) e l’altro composto da specie di dimensioni maggiori, colonizzanti habitat d’acqua dolce, marini e terrestri in grado di ritrarre il collo nella corazza (Cryptodira). In questo secondo gruppo viene inclusa la superfamiglia Trionychia accanto a quella denominata Durocryptodira che comprende, tra le altre, le tartarughe asiatiche (Famiglia: Geoemydidae) e le tartarughe dalla testa grossa (Famiglia: Platysternidae), così come le Chelonioidea, le tuttora esistenti tartarughe marine, con distribuzione oceanica cosmopolita. Le relazioni riguardanti molti fossili di tartarughe marine sono confuse da potenziali fenomeni di polifilia (origini multiple) e da evoluzione parallela e per questo non è chiaro se le Chelonioidea si siano discostate dagli altri lignaggi nel primo o nel tardo Cretaceo, ma in entrambi i casi i fossili collocano la loro origine presunta nelle Americhe. L’elaborazione ottenuta con la filogenesi UCE si adatta sia con la comparsa temporale che con la biogeografia supposta, definendo Durocryptodira come gruppo monofiletico, a differenza di precedenti studi di carattere morfologico. 

Combinando l’approccio usato in questo studio (filogenesi UCE) con la documentazione fossile conosciuta ha consentito di ricostruire modelli biogeografici globali sull’evoluzione di questi rettili. I primi fossili di testuggini appartenenti alle superfamiglie Trionychia e Cryptodira provengono dall’Eurasia, con stima della comparsa della seconda nel Giurassico (< 145 Ma) in contemporanea con l’originedella superfamiglia Pleurodira nell’emisfero Sud. I ricercatori hanno tratto questa conclusione elaborando i dati attraverso la filogenesi UCE, ipotizzando, di conseguenza, che la divisione tra Cryptodira e Pleurodira sia legata alla rottura della Pangea. Nel tardo Cretaceo (100-66 Ma), la superfamiglia Cryptodira è comparsa in Nord America e tre dei lignaggi, originatisi da una radiazione piuttosto veloce durante il periodo caldo del Paleogene, sono tuttora esistenti. 

Similmente, in questo periodo alcuni gruppi di Testudines hanno subito una rapida radiazione adattativa ad alte latitudini. Questo modello suggerisce che il cambiamento climatico globale ha avuto un impatto importante sulla diversità e la distribuzione delle tartarughe. La fine del Paleogene (45-23 milioni di anni fa) coincide con cambiamenti ambientali globali, in cui il clima diventa significativamente più fresco e secco e quindi meno favorevole per le tartarughe, con la conseguente estinzione di molti lignaggi che avevano colonizzato questi ambienti. 

Tutte le evidenze riportate, mostrano come i dati genetici forniscano un importante apporto alla ricostruzione della storia evolutiva delle tartarughe, anche se i dati sono limitati dall’estinzione e le specie viventi rappresentano solo una frazione della diversità del passato. Fortunatamente, in virtù delle loro tendenze acquatiche, grazie alla loro abbondanza nel passato e alla corazza ossea, le tartarughe rappresentano i vertebrati fossili più comuni, sin dalla fine del Giurassico, fornendo informazioni fondamentali sulla loro origine geografica e gli aspetti temporale e morfologico. 

Di conseguenza, gli autori sostengono che qualsiasi discussione di modelli derivanti da studi filogenetici molecolari deve prendere in considerazione i dati fossili ed allo stesso tempo è anche essenziale che gli studi paleontologici si avvalgano dello strumento fornito dalla filogenesi molecolare. 

Ilaria Pietrini

Riferimento bibliografico: 

N. G. Crawford, J. F. Parham, A. B. Sellas, B. C. Faircloth, T. C. Glenn, T. J. Papenfuss, J. B. Henderson, M. H. Hansen, W. B. Simison (2014). A phylogenomic analysis of turtles. Molecular Phylogenetics and Evolution

Immagine da Wikimedia Commons