Tassonomia dell’ominazione: occorre “metterci la faccia”

I risultati di una ricerca che si è posta di individuare un metodo più affidabile dell’analisi craniale per attribuirne la paternità tassonomica. Il massiccio facciale risulta essere la struttura ossea prevalentemente coinvolta

L’Homo erectus è stato il primo ominide ad aver avuto un corpo molto simile al nostro: adatto a percorrere lunghe distanze senza affaticarsi, alto e slanciato. Presentava inoltre abitudini di vita estremamente differenti dagli ominidi apparsi in tempi precedenti: controllava il fuoco, padroneggiava la lavorazione della pietra dando vita alla cultura Acheuleana e con lui si sono poste le basi per la formazione di nuclei sociali sempre più complessi. 
Tali conquiste non sono state certo raggiunte in un unico momento: l’Homo erectus calpestò il suolo per un arco di tempo estremamente ampio, oggi stimato tra gli 1,8 milioni e i 260.000 anni fa. Durante questo periodo di tempo si osserva un notevole incremento della sua corteccia cerebrale. Per poter contenere un cervello sempre più complesso, infatti, il volume cranico è mediamente aumentato dagli 813 cm_ ai 1.230 cm_: una dimensione, quest’ultima, di poco inferiore a quella dell’Homo sapiens attuale.
La differenza del volume craniale tra i fossili più arcaici di erectus rispetto a quelli più recenti non è affatto trascurabile se si considera che si sta parlando della medesima specie. In più occasioni infatti sono sorte discussioni sulll’attribuzione della paternità di determinati crani. Il discorso si applica anche ad altri ominidi del Pleistocene medio apparsi in tempi successivi all’erectus, come l’Homo rhodesiensis e l’Homo heidelbergensis. Come poter affermare quindi che un cranio avente un determinato volume appartenga alla medesima specie di uno con dimensioni differenti e non sia invece catalogabile in un altro taxon?
Una ricerca pubblicata su Journal of Human Evolution ha affrontato il problema mediante il confronto tra differenti crani del Pleistocene medio, con l’obiettivo di determinare le relazioni anatomiche tra il volume del cervello, le dimensioni della porzione ossea del cranio che interagisce con la colonna vertebrale (basicranio), la scatola cranica (neurocranio) e alcuni caratteri del gruppo osseo facciale (splancnocranio o massiccio frontale). Il presupposto è che l’aumento del volume neurocraniale sia stato parallelamente accompagnato o abbia costretto all’adattamento alcuni caratteri craniali, mentre altri ne siano stati indipendenti. Questi ultimi infatti sarebbero stati sottoposti a modifiche nel tempo scarse o nulle. In altre parole la ricerca si è posta di individuare quei caratteri craniali utili per la classificazione tassonomica poiché rimasti immutati nel tempo, a prescindere dall’accrescimento del volume neurocraniale. 
Dallo studio emerge che la maggior parte dei tratti indipendenti dall’incremento del volume neurocranico siano di natura prettamente splancnocraniale, poiché il massiccio frontale sarebbe intrinsecamente più indipendente dalla zona cerebrale. L’avvaloramento di questo risultato verrebbe dall’anatomia medica: essa infatti descrive il neurocranio come un gruppo osseo avente funzione esoscheletrica con lo scopo di proteggere l’encefalo. Il masssiccio frontale invece ha una funzione prettamente endoscheletrica e si configura come architettura di sostegno dei visceri cranici come muscoli, mucose, e occhi.
I tratti individuati non appartengono esclusivamente al massiccio frontale: la ricerca distingue infatti anche alcuni tratti riguardanti il gruppo osseo neuro-basicraniale. Tra essi vengono evidenziati l’estensione del frontale anteriore, l’espansione laterale della volta parietale, l’altezza della corda di lambda-inion e l’arrotondamento del contorno sagittale dell’occipitale. La nuova precisione nella classificazione tassonomica raggiunta con questa importante ricerca permetterà ai paleoantropologi di avere a disposizione nuovi strumenti utili per approfondire lo studio sul cespuglio evolutivo dell’ominazione, che ha già messo alla luce le prime ipotesi alternative.
Ernesto Pozzoni
Riferimenti:
G. Philip Rightmire. Homo erectus and Middle Pleistocene hominins: Brain size, skull form, and species recognition. Journal of Human Evolution. Volume 65, Issue 3, September 2013, Pages 223–252
Immagine da Wikimedia Commons