Terminologia evoluzionistica: consigli pratici

In un recente editoriale di Bioessays, Andrew Moore fornisce alcuni consigli pratici su come evitare l’uso di termini e concetti come “higher” o “lower” per riferirsi ad un particolare taxon rispetto ad un altro

Il problema dell’uso dei termini “higher” e “lower”, anche da parte di molti scienziati, per comparare differenti taxa è stato più volte messo in luce e discusso da vari autori (Krell & Craston 2004, Rigato & Minelli 2013). L’uso di questi termini e concetti può comportare una scorretta comprensione dei processi evolutivi, come è già stato ampiamente evidenziato (vedere bibliografia essenziale). Tuttavia il fenomeno non sembra conoscere nemmeno un rallentamento. Non è solo un problema di linguistica anglosassone; infatti, sebbene le traduzioni letterali di higher e lower (alto e basso o superiore e inferiore) vengano poco usate, si fa largo abuso (anche in sedi universitarie, figuriamoci alle scuole superiori!) di concetti come organismo più evoluto e meno evoluto, organismo più complesso e meno complesso,  organismo primitivo e avanzato, basale e derivato o plesiomorfico e apomorfico, solo per citare i più comuni. Tutte queste definizioni sono erronee ed in contrasto con un corretto tree thinking.
In un recente editoriale di Bioessays (una tra le riviste più colpite da questo fenomeno, vedere Rigato e Minelli 2013), Andrew Moore fornisce alcuni utili consigli pratici su come evitare l’uso di termini e concetti come “higher” e “lower” per riferirsi ad un particolare taxon rispetto ad un altro. “When humans use the words “higher” and lower” to describe organisms it reflects an obsession with regarding the temporal passage of evolution as towards “higher” complexity in all respects, and perceiving recent branches in the “tree of life” as “higher” than older ones.”
In altre parole, quando gli esseri umani parlano di higher e lower tendono a considerare gli organismi dei rami più recenti (degli alberi filogenetici) come “higher”, più evoluti, più complessi. Ammesso che tutti i sinonimi concettuali sopra citati non siano la soluzione al problema, Moore suggerisce che il trucco sta nel cambiare la prospettiva spostando l’attenzione dall’intero organismo ai singoli tratti fenotipici sotto esame e sui processi evolutivi che li producono. Spesso infatti negli articoli che discutono le  caratteristiche di uno o di un gruppo di organismi l’attenzione scivola sulla collocazione dell’organismo in una presunta gerarchia piuttosto che concentrarsi sui tratti fenotipici o sui processi evolutivi. Ecco alcuni esempi proposti da Moore (ricavati da veri articoli scientifici), come erano prima e successivamente al cambio di prospettiva:
1) Prospettiva spostata dall’intero organismo al particolare fenotipo
Prima: “I geni chiave dello sviluppo sono stati conservati tra tutti gli organismi, dai più primitivi ai più evoluti.”
Dopo: “I geni chiave dello sviluppo sono stati conservati in organismi che possiedono architetture dello sviluppo con gradi di complessità molto differenti.”
Da notare che in questo caso il termine complessità è riferito ad una caratteristica dell’organismo piuttosto che all’organismo nel suo insieme. 
2) Prospettiva spostata dall’intero organismo al processo evolutivo
Prima: “Come l’evoluzione ha aggiunto modificazioni regolatorie negli animali superiori….”
Dopo: “Come le modificazioni regolatorie sono state acquisite durante l’evoluzione degli animali…”
3) Dal generale allo specifico
Prima:“… importante per la complessa funzione del sistema nervoso negli organismi superiori.”
Dopo: “… importante per la complessa funzione del sistema nervoso che si è evoluta in certe linee di animali.”
In conclusione, bisogna capire che l’organismo è l’unità della selezione, ma non quella dell’evoluzione. Infatti differenti caratteri fenotipici possono evolvere in concerto o quasi indipendentemente dagli altri con tassi diversi nello stesso organismo, in base a fattori biotici e abiotici che esercitano pressioni e vincoli differenti su diversi caratteri. In questo semplice modo è possibile parlare correttamente di evoluzione evitando le insidiose trappole della “scala naturae”.
Emanuele Rigato
Bibliografia essenziale:
– Brooks DR, McLennan DA. Phylogeny, ecology, and behavior: a research program in comparative biology. Chicago: University of Chicago Press; 1991,
– Casane D, Laurenti P. Why coelacanths are not ‘living fossils’. A review of molecular and morphological data. Bioessays 2013;35(4):332–8.
– Crisp MD, Cook LG. Do early branching lineages signify ancestral traits? Trends Ecol Evol. 2005;20(3):122–8.
– Darwin C. On the origin of species by natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life. London: John Murray; 1859.
– Gould SJ. Full house. New York: Harmony; 1996
– Gould SJ, Lewontin RC. The spandrels of San Marco and the Panglossian paradigm: A critique of the adaptationist programme. Proc R Soc Lond B. 1979;205(1):581– 98
– Gregory TR. Understanding evolutionary trees. Evo Edu Outreach 2008;1(2):121–37.
– Jenner RA, Wills MA. The choice of model organisms in evo–devo. Nat Rev Genet. 2007;8(4): 311–4.
– Krell FT, Cranston PS. Which side of the tree is more basal. Syst Entomol. 2004;29(3): 279–81.
– Moore, Andrew. “What to do about “higher” and “lower” organisms? Some suggestions.” BioEssays 35.9 (2013): 759-759.
– Rigato Emanuele, and Alessandro Minelli. “The great chain of being is still here.” Evolution: Education and Outreach 6.1 (2013): 18.
– Werth A. Avoiding the pitfall of progress and associated perils of evolutionary education. Evo Edu Outreach 2012;5(2):249–65.