Tutti gli animali di Darwin…tranne i fringuelli (2)

Il viaggio del grande naturalista inglese durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di strani, nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà… A puntate…

2a Puntata: El naturalista Don Carlos Darwin 

Charles Darwin nella sua Autobiografia scriveva di non essere mai riuscito, durante tutta la vita, ad imparare una lingua straniera. Ma questo non è vero; dalla primavera del 1831 aveva iniziato a studiare lo spagnolo, con il sogno di visitare durante l’estate l’Isola di Tenerife, sogno che non riuscì mai a realizzare.
Inoltre già durante il viaggio verso il Sudamerica aveva imparato lo spagnolo, consapevole di dover  avere contatti con persone di lingua spagnola. E se la cavava anche bene! Infatti durante le sue esplorazioni a terra aveva guide locali, per non parlare dei Gauchos con cui visse per settimane attraversando le pampas sudamericane. Infatti lo chiamavano: Don Carlos Darwin, El Naturalista!
Ma come nasce questo appellativo? Charles per poter entrare nel paese aveva dovuto chiedere un salvacondotto, che venne intestato così : El Naturalista Carlos Darwin, como miembro de la comision conferida por el Gobierno de S.M.B. al Comndante del barque denominado Beagle,Roberto Fitz Roy……per continuare la lettura del testo completo andate qui.
Comunque il termine naturalista era ignoto ai più, infatti quando in un’occasione Darwin e altri marinai del Beagle vennero fermati dai militari in un posto di blocco e Charles mostrò il suo salvacondotto ad un officiale, questi divenne molto sospettoso, in quanto non sapeva cosa fosse “un Naturalista”! Quando chiese spiegazioni ad un marinaio, lui rispose: “a man who knows everything”. Darwin aveva un’ammirazione sconfinata per i Gauchos, per la loro abilità nel cavalcare e cacciare; amava inoltre la loro vita libera…ma sentiamolo.
Il gaucho, quando è in procinto di usare il lazo, tiene nella mano sinistra un piccolo rotolo di corda, e nell’altra il cappio, che è molto ampio, avendo in genere un diametro di quasi 2,5 metri. A quel punto lo fa roteare sopra la testa, mantenendo la rotazione con un abile movimento del polso; poi lo lancia, facendolo cadere nel punto esatto che ha scelto. Il lazo, quando non viene usato, viene arrotolato sulla parte posteriore del recado. Le bolas sono di due tipi: le più semplici, usate soprattutto per catturare gli struzzi, sono formate da due pietre rotonde, coperte di pelle e unite da una sottile striscia di cuoio intrecciata, lunga circa 2,5 metri. 
Un giorno, mentre mi divertivo a cavalcare e a usare le bolas, quella che stavo facendo roteare ha accidentalmente colpito un cespuglio; essendosi interrotto il suo movimento rotatorio, è subito caduta a terra e come per magia si è impigliata attorno a una delle zampe posteriori del mio cavallo. A quel punto l’altra bola mi è stata strappata di mano e il cavallo si è trovato bloccato del tutto. Per fortuna era un vecchio e abile animale, che sapeva quello che doveva fare; altrimenti avrebbe probabilmente scalciato fino a crollare a terra.
I gauchos hanno riso fragorosamente, esclamando poi che avevano visto catturare ogni specie di animale, ma mai un uomo che si era catturato da solo!
Sempre simpatico e autoironico il nostro Charles!
Avevamo in quel luogo le quattro cose necessarie alla vita «en el campo», ovvero pascolo per i cavalli, acqua (benché solo una pozza melmosa), carne e legna da ardere. I gauchos erano di buon umore per aver trovato tutti questi lussi; e in breve ci siamo messi al lavoro intorno al povero animale catturato. Quella è stata la prima notte che ho passato sotto le stelle, con la bardatura della sella come giaciglio.
Nella vita indipendente del gaucho vi è una grande soddisfazione quella di poter legare il proprio cavallo in qualsiasi momento e dire: «Passeremo qui la notte». Il silenzio di morte della pianura, i cani che fanno la guardia, il gruppo di gauchos che come zingari si apprestano a dormire intorno al fuoco mi hanno lasciato nella mente un ricordo vivissimo e indimenticabile di questa prima notte.
Ma torniamo ai nostri animali. E’ noto a tutti che Charles avesse scoperto i fossili di giganteschi mammiferi estinti, a Bahia Blanca e a Punta Alta, curiosamente simili ad animali che oggi vivono nelle stesse zone e che sono solo “un po’ più piccoli”. E Darwin diede subito la sua interpretazione;  
Nell’America del Sud tale parentela è manifesta, anche ad un occhio inesperto, nei frammenti giganteschi di armature simili a quelle dell’armadillo, trovate in varie parti della Plata; ed è stato dimostrato nel modo più convincente che la maggior parte dei mammiferi fossili sepolti colà in gran numero, sono analoghi ai tipi dell’America del Sud.
Secondo la teoria della discendenza con modificazioni, la grande legge della successione prolungata, ma non immutabile degli stessi tipi sulle medesime regioni, viene tosto chiarita; perché gli abitanti di ogni parte del mondo tenderanno facilmente a rimanere e propagarsi in quelle parti, nei periodi immediatamente posteriori, lasciando una progenie strettamente affine, benché modificata di qualche grado. 
Uno di questi fossili ritrovati da Darwin era il…
Glyptodonte
Il gliptodonte (immagine), Glyptodon, comparve in Sudamerica nel Pliocene 5 milioni di anni fa e si estinse nel Pleistocene, 10.000 anni fa… la data stessa conferma un’ipotesi relativa alle cause di questa estinzione: furono gli uomini a cacciarli intensivamente per utilizzare le loro corazze. Questo mammifero lungo circa 3 metri e alto 1,5 metri, era dotato di una corazza costituita da oltre 1.000 tubercoli ossei che andava a ricoprire tutto il corpo. A differenza degli armadilli, questo “scudo” era costituito da elementi fusi insieme, cosa che non permetteva all’animale di appallottolarsi. 
Il capo era coperto da uno scudo cefalico, mentre la coda era circondata da una serie di “anelli” ossei forniti di corti spuntoni e protuberanze, che rendevano virtualmente inattaccabile l’intero animale. Le zampe, corte e robustissime, potevano essere ripiegate sotto il corpo e la coda veniva agitata in direzione dei predatori. Era un vero e proprio “carro armato vivente”
Ma ora vediamo come Don Carlos racconta il suo incontro i discendenti del gliptodonte, gli ……
Armadilli
Ho già fatto menzione di quasi tutti i mammiferi comuni a questa regione. Aggiungerò che di armadilli si incontrano tre specie, cioè il Dasypus minutus o Pichy, il D. villosus o Peludo, e l’Apar. Il primo si spinge dieci gradi più verso il sud che non qualsiasi altra specie: una quarta specie, la Mulita o Dasypus septemcinctus, non va oltre a Bahia Blanca. Le quattro specie hanno abitudini quasi simili; tuttavia il Peludo è notturno, mentre gli altri girano di giorno sulle aperte pianure, nutrendosi di coleotteri, di larve, di radici ed anche di serpentelli.
L’Apar o Tolypeutes matacus, è notevole per avere solo tre cinture mobili; il rimanente della sua corazza a mosaico è quasi tutta rigida. Esso ha la capacità di avvolgersi a palla come i porcellini di terra che si trovano in Inghilterra. Ecco l’immagine da non perdere!
In questo stato è al riparo dalle aggressioni dei cani; perché il cane non potendo prenderlo tutto in bocca, lo morde da un lato ma la palla scivola via. La corazza liscia e resistente del mataco presenta una difesa migliore che non le dure spine dell’istrice. Altra immagine curiosa.
Il Pichy (immagine), cioè il Dasypus minutus (ora Zaedyus pichiy) preferisce un terreno molto asciutto; e le dune di sabbia della costa, dove per molti mesi non cade goccia d’acqua, sono il suo luogo di predilezione; sovente cerca di sfuggire alla vista acquattandosi sul terreno. In una cavalcata di un giorno presso Bahia Blanca se ne incontrano generalmente parecchi; quando se ne scorgeva uno era necessario, per impadronirsene, gettarsi quasi giù da cavallo; perché l’animale in quel terreno soffice si affonda tanto rapidamente, che le parti posteriori di esso erano quasi sempre scomparse prima che l’uomo fosse sceso da cavallo. Altra immagine curiosa, molto grazioso vero? E Darwin…..
Sembra quasi una crudeltà uccidere quei graziosi animaletti, perché, come diceva un gaucho: son tan mansos, cioè sono tanto mansueti.” Eccolo qui nuovamente Darwin  il l’assaggiatore di carni esotiche, che ci ricasca!
C’è da aggiungere che le diverse specie di armadilli differiscono anche nelle dimensioni. Vediamo ora il loro Guinness: 
Il più grande:
Armadillo gigante (Priodontes maximus)
• Lunghezza del corpo 110-120 cm
• Lunghezza della coda 40-50 cm
• Peso 45-55 kg
Caratteristici sono gli unghioni che armano le cinque dita degli arti anteriori, che arrivano anche a misurare 12 cm di lunghezza. Immagine
Il più piccolo: 
Pink Fairy Armadillo, Chlamyphorus truncatus o nel vernacolo locale Pichi ciego
• Lunghezza del corpo 13-15 cm
• Lunghezza della coda 4-5 cm
• Peso 44.3 g 
La testa, il ventre ed i fianchi sono ricoperti da una pelliccia morbida e soffice di colore biancastro; porta sul dorso una corazza rosa formata da piastre cornee che cominciano dalla fronte e continuano fino alla parte posteriore del corpo, dove si tronca bruscamente, da qui il nome truncatus assegnato alla specie… insomma un amore di animaletto! Immagine
Alla prossima puntata!
Patrizia Martellini