Un conflitto di interessi tra maschi e femmine dovuto all’anisogamia

Il paradigma di Darwin-Bateman trova nuove conferme: la selezione sessuale più forte nei maschi, dovuta all’anisogamia, è legata all’evoluzione dei diversi ruoli nei due sessi

La riproduzione sessuale ha origini antiche (Pikaia ne ha parlaro qui) e consiste nello scambio dei gameti appartenenti a due organismi, dalla quale si originerà un terzo individuo geneticamente diverso dai genitori. Il principale vantaggio della gamia è favorire il riassortimento del materiale genetico e la produzione di prole tutta leggermente geneticamente differente, con la conseguenza, solitamente benefica, che le generazioni successive saranno portatrici di una maggior variabilità genetica, caratteristica fondamentale per consentire l’adattamento alle diverse condizioni ambientali. In natura, questa modalità riproduttiva vede coinvolti, generalmente, un maschio e una femmina (anche se sarebbe più corretto parlare di individui con organi maschili e individui con organi femminili, dal momento che esistono anche gli ermafroditi). In numerose specie, questa differenza di genere si manifesta mediante un considerevole dimorfismo sessuale per la presenza di alcuni caratteri appariscenti in un sesso, solitamente quello maschile, noti come caratteri sessuali secondari (p.es. i palchi nei maschi dei cervidi, o le code variopinte nei pavoni). Nel caso in cui le differenze fenotipiche non siano così evidenti (specie sessualmente monomorfiche), il riconoscimento di individui di sesso diverso è possibile solo sulla base dei loro ruoli e comportamenti nel contesto sociale.

Alcuni, infatti, sostengono che una diversa pressione selettiva nei due sessi, porti a una differenziazione, non solo dei caratteri sessuali, ma anche dei loro compiti e esigenze, ovvero, parlano di ruoli convenzionali dei due sessi. La selezione sessuale venne descritta per la prima volta da Charles Darwin, nel 1871, che osservò che in numerose specie di pesci, rettili, uccelli e mammiferi, i maschi fecondavano numerose femmine, mentre quest’ultime risultavano molto selettive nella scelta del proprio partner (sessuale o sociale). La ragion d’essere di questo conflitto di interessi la si ritrova nel concetto di anisogamia, ovvero la diversa dimensione e numero dei gameti che vengono prodotti nel corso della vita da maschi e femmine. I gameti del maschio sono una risorsa (quasi) illimitata; l’individuo ne può produrre una grande quantità per tutto l’arco della sua vita, perché essi sono piccoli e quindi meno dispendiosi: la strategia riproduttiva più vantaggiosa per un maschio è quindi quella di fecondare il maggior numero di femmine possibile. La femmina, al contrario, presenta un numero limitato di gameti nelle gonadi (si pensi al sopraggiungere della menopausa nella nostra specie): la scelta del compagno dovrà quindi essere altamente selettiva, al fine di concedere le preziose cellule uovo al miglior “offerente”. L’anisogamia, quindi, impone prima di tutto una più forte pressione sessuale nel sesso maschile, dal momento che i maschi dovranno attrarre un gran numero di femmine, mettendo in mostra la miglior “mercanzia” (p.es. il colore del piumaggio).

Ispirato dai lavori di Charles Darwin, Angus John Bateman ha successivamente approfondito l’argomento, studiando la fitness e il successo riproduttivo dei due sessi nei moscerini della frutta, sottolineando che nei maschi questi parametri erano più variabili. I risultati vennero interpretati come una causa delle differenti competizioni dei sessi nell’accoppiamento. In pratica, il principio di Bateman suggerisce che la competizione attiva per una risorsa limitante tende ad aumentare la varianza nella ripartizione della stessa. Il risultato è, quindi, una differenza nel successo riproduttivo che determina l’evoluzione dei caratteri sessuali all’interno del sesso più competitivo.

Mettendo insieme le idee di Bateman e Darwin, si ottiene il paradigma Darwin-Bateman, che spiega come l’anisogamia sia la causa della maggior pressione sessuale nel maschio e questa sarebbe legata all’evoluzione dei diversi ruoli convenzionali in femmine e maschi. Sebbene questa idea sia stata testata in un numero elevatissimo di specie, molti hanno contestato l’’universalità’ di questo paradigma, dal momento che non è mai stato testato mediante un’analisi comparativa approfondita sull’intero regno animale. Almeno fino ad oggi.

Uno studio, pubblicato su Science Advances, ha infatti colmato questa lacuna, verificando questa idea sull’intero regno animale (analizzati 72 studi, per un totale di 66 specie poligame). Dai risultati, gli autori hanno confermato che vi è una diversa pressione sessuale nei due sessi (maggiore nei maschi che nelle femmine), imposta dall’anisogamia, la quale causa maschi più propensi all’accoppiamento, più appariscenti o dotati di armi, e femmine più “conservatrici” e attente alle cure parentali. Ciò nonostante, è stato suggerito che anche l’ambiente (p.es. fattori ecologici e demografici) possa influire significativamente sulla selezione sessuale, tuttavia, da solo, non è in grado di modulare i cambiamenti nei ruoli dei due sessi negli animali.

Riferimenti
Janicke T. et al. (2016). Darwinian sex roles confirmed across the animal kingdom. Science Advances, 2: e1500983 DOI: 10.1126/sciadv.1500983