Un gas “esplosivo”: la radiazione evolutiva del Cambriano è stata innescata da elevate concentrazioni di ossigeno

Le fluttuazioni nella disponibilità di ossigeno nelle acque marine hanno guidato l’evoluzione animale, con esplosioni di biodiversità alternate ad estinzioni di massa

La storia della vita sulla Terra non è mai stata caratterizzata da un aumento progressivo della ricchezza in specie, bensì da esplosioni di biodiversità alternate a fenomeni di estinzione di massa. Tale andamento ciclico è rispecchiato dalle fluttuazioni di alcune sostanze presenti in atmosfera, prime fra tutte l’ossigeno (Pikaia ne ha parlato qui), tanto che si ritiene che esso abbia giocato un ruolo cruciale nell’evoluzione dei metazoi.

In linea con questa ipotesi, quantità troppo scarse di ossigeno avrebbero ritardato la comparsa delle prime forme di vita animali a 750-800 milioni di anni fa, e provocato l’estinzione di massa del Permiano-Triassico, circa 251 milioni di anni fa (Pikaia ne ha parlato qui e qui); al contrario, un sostanziale aumento della concentrazione di ossigeno avrebbe favorito fenomeni di radiazione evolutiva come l’esplosione di Avalon e dell’enigmatica fauna di Ediacara, circa 575 milioni di anni fa (Pikaia ne ha parlato qui) e l’esplosione ordoviciana (GOBE: Great Ordovician Biodiversification Event), che circa 490-450 milioni di anni fa portò a un aumento spettacolare della biodiversità marina. Un altro periodo tra i più floridi in termini di diversità animale, il Cambriano, è stato lo scenario di una serie di radiazioni isolate che circa 524-514 milioni di anni fa hanno dato origine ai phyla che conosciamo. Tuttavia, il nesso tra una così straordinaria radiazione evolutiva e i livelli di ossigeno è rimasto finora non chiarito, a causa dell’assenza di record diretti dei livelli di ossigenazione del pianeta relativi al periodo cambriano.

La conferma definitiva della correlazione tra alte concentrazioni di ossigeno e radiazione cambriana proviene da uno studio pubblicato recentemente su Nature Geoscience. Un team di ricercatori inglesi, cinesi e russi ha analizzato gli isotopi del carbonio e dello zolfo presenti nei sedimenti calcarei della piattaforma siberiana sud-orientale, dove oggi scorrono i fiumi Aldan e Lena; queste rocce un tempo erano ricoperte dagli oceani e preservano gran parte della diversità fossile marina attualmente conosciuta risalente al Cambriano, offrendo quindi una finestra unica sugli ecosistemi marini poco profondi di quel periodo.

Misurando la firma isotopica dei sedimenti e combinandola con modelli matematici e biogeochimici, i ricercatori sono stati in grado di tracciare le fluttuazioni del carbonio e dello zolfo, individuando un andamento ciclico accoppiato. Le curve di concentrazione di entrambi gli isotopi seguono infatti un trend oscillatorio, che evidenzia cicli ripetuti della durata di 0,5-2 milioni di anni durante gli stadi 2 e 3 del Cambriano, con cinque picchi di concentrazione. Questi ultimi corrispondono a un aumento del tasso di sedimentazione di carbonio organico e pirite sulfurea: dal momento che la sedimentazione accoppiata di specie chimiche ridotte nei sedimenti marini provoca il rilascio di ossigeno, tali picchi delle concentrazioni di isotopi riflettono un aumento netto della produzione di ossigeno, permettendo di stimare indirettamente la quantità di ossigeno ambientale durante il periodo cambriano.

Comparando i cicli isotopici, e quindi la produzione di ossigeno, con la diversità in specie, i ricercatori hanno osservato che ad un aumento dell’ossigenazione corrisponde in modo esatto un aumento della biodiversità. Infatti, una delle conseguenze dirette dei cinque episodi di aumento dei livelli di ossigeno durante il Cambriano fu proprio l’ossigenazione degli ambienti marini poco profondi, che innescò cinque eventi separati di radiazione evolutiva durante i quali comparvero nuove forme animali. Infatti, negli oceani antichi così come in quelli moderni, alti livelli di ossigeno disciolto nell’acqua sono generalmente associati a un aumento della diversità in specie, a dimensioni corporee maggiori, a una biomineralizzazione avanzata dello scheletro, a un’aumentata motilità e al comportamento alimentare della carnivoria. Tra i nuovi metazoi comparsi con l’esplosione cambriana ricordiamo i primi archeociati (antenati dei poriferi), i trilobiti, gli artropodi bivalvi, i radiodonti e altri artropodi predatori, i molluschi stenotecoidi e i deuterostomi mobili pelagici.

Se alti livelli di ossigeno favorirono un aumento generale della biodiversità, al contrario periodi prolungati di anossia avrebbero coinciso con le grandi estinzioni di massa avvenute tra le due grandi esplosioni del Cambriano e dell’Ordoviciano; tra queste, la BTE (Botomian-Toyonian Extinction) avvenuta circa 514-512 milioni di anni fa, e le estinzioni di trilobiti di circa 500 milioni di anni fa, durante la SPICE (Steptoean Positive Carbon Isotope Excursion). In particolare, i ricercatori hanno riscontrato che in corrispondenza dello stadio 4 del Cambriano, quando avvenne la BTE, le fluttuazioni dell’isotopo dello zolfo erano disaccoppiate rispetto a quelle dell’isotopo del carbonio, al contrario di quanto avveniva durante lo stadio 2 e 3, e che in generale le concentrazioni dei solfati oceanici calarono drasticamente, probabilmente a causa dell’anossia provocata dall’accumulo di sedimenti organici ricchi in carbonati.

Dunque, anche durante il Cambriano la scarsità di ossigeno e il conseguente stress ambientale hanno provocato fenomeni di estinzione, mentre alte concentrazioni di ossigeno hanno innescato esplosioni evolutive. Questo e altri studi relativi ai fattori che hanno guidato le radiazioni evolutive nel corso della storia del pianeta possono essere utili per scongiurare la perdita globale di biodiversità: il cambiamento climatico antropogenico sta raggiungendo livelli preoccupanti e un eccessivo innalzamento delle temperature potrebbe portare, tra le numerose conseguenze, alla diminuzione dell’ossigeno disciolto negli oceani, ricreando uno scenario simile a quello delle grandi estinzioni di massa.

Riferimenti:
He et al. Possible links between extreme oxygen perturbations and the Cambrian radiation of animals. Nature Geosciences

Immagine: Daderot [CC0], via Wikimedia Commons