Una foca tolkeniana

In Nuova Zelanda è stata scoperta una specie fossile di foca monaca. Non solo si tratta della prima mai trovata nell’emisfero sud, ma è anche una delle più antiche finora conosciute, e cambia del tutto la storia dei focidi

Dalle spiagge Neozelandesi provengono i fossili di una foca monaca finora sconosciuta. La nuova specie è stata chiamata Eomonachus belegaerensis: il nome del genere deriva da Eo, “alba” in greco antico, e Monachus, applicato a tutte le specie di foca monaca; belegaerensis invece fa riferimento al Belegaer, il mare che si trova a ovest della Terra di Mezzo nelle opere di Tolkien. È vissuta durante il Pliocene, circa tre milioni di anni fa, ed era lunga circa 2,5 metri, per un peso che doveva aggirarsi tra i 200 e i 250 chili. Non si tratta solo di una specie finora sconosciuta e dal nome fantasioso, ma di una delle più antiche foche monache conosciute, una scoperta in grado di cambiar radicalmente quello che si sapeva finora della storia dei focidi. I risultati della ricerca sono stati pubblicati in un articolo, sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences.

La famiglia Phocidae, cioè quella che contiene tutte le specie di foche (assolutamente da non confondere con otarie e trichechi, che sono due famiglie diverse) è divisa in due sottofamiglie: Phocinae e Monachinae. I rappresentanti della sottofamiglia Phocinae abitano principalmente i mari dell’emisfero nord, mentre i Monachinae sono più presenti negli oceani a sud dell’equatore.

I Monachinae sono a loro volta suddivisi in tre tribù: i Lobodontini (una serie di specie a distribuzione circumpolare attorno l’Antartide), i Miroungini (gli elefanti di mare, i più grandi tra i pinnipedi) e i Monachini. Questi ultimi contengono le foche monache vere e proprie. Sono gli unici appartenenti alla sottofamiglia Monachinae ad abitare l’emisfero nord: la Foca monaca hawaiana e la Foca monaca mediterranea. Tuttavia, e qui sta l’importanza della scoperta, anche E. belegaerensis appartiene a questo gruppo.

La dicotomia nord-sud è molto marcata, ma nonostante questo l’ipotesi prevalente finora era stata che Monachinae e Phocinae si fossero evoluti fianco a fianco nel nord dell’Oceano Atlantico, e che poi i Monachinae avessero attraversato l’equatore un numero limitato di volte, una o due. Un’ipotesi che trovava conferma nella distribuzione dei fossili e nella presenza esclusivamente nell’emisfero nord delle Foche Monache, che all’interno Monachinae sono stati il primo dei tre gruppi a divergere.

Ritrovata sulle spiagge di Taranaki (regione della Nuova Zelanda presente sull’Isola del Nord), ben sette esemplari ottimamente conservati, tra cui un cranio intero, E. belegaerensis non solo è la prima foca monaca mai scoperta nell’emisfero sud, ma anche la più antica specie di foca monaca finora conosciuta e determinata con certezza. Questo implica che le tre le tribù dei Monachinae hanno convissuto nell’emisfero sud per alcuni milioni di anni.

Lo scenario proposto dai ricercatori, tramite l’uso di un modello biogeografico, porta la divisione nord-sud della famiglia Phocidae indietro a ben 15 milioni di anni fa, un lasso di tempo in cui in vari gruppi avrebbero attraversato l’equatore in entrambe le direazioni non meno di otto volte, molto più di quanto precedentemente ipotizzato. Le due grandi sottofamiglie si sarebbero entrambe originate nella parte settentrionale dell’Oceano Atlantico, come già precedentemente ipotizzato, e mentre i Phocinae avrebbero continuato ad abitare le acque nordiche i primi Monachinae si sarebbero presto spostati a sud dell’equatore. Qui si sarebbero divisi nelle tre tribù attualmente esistenti, alcune delle quali (come le foche monache) si sarebbero poi spostate nuovamente a nord.

Uno scenario molto più complesso e vario rispetto a quello precedentemente ipotizzato, e un viaggio in grado di rivaleggiare con quello del Signore Degli Anelli.

Riferimenti:
James P. Rule et al. 2020. First monk seal from the Southern Hemisphere rewrites the evolutionary history of true seals. Proc. R. Soc. B 287 (1938): 20202318; doi: 10.1098/rspb.2020.2318

Riferimenti immagine: Image credit: Jaime Bran / Te Papa Museum