Un’inarrestabile spirale di innovazione: come piante e funghi hanno plasmato la loro stessa evoluzione

Analisi filogenetiche di ampio respiro, che coprono l’ultimo miliardo di anni della storia della vita sulla Terra, hanno permesso di mettere in relazione i tempi di divergenza e il tasso di diversificazione di numerosi gruppi di piante e funghi, sia viventi che estinti. Ciò che emerge è una storia di strettissima co-evoluzione, sin dagli albori, durante la quale, quasi a turno, piante e funghi hanno alternativamente plasmato il cammino evolutivo del loro partner

Le piante hanno molto da guadagnare dai funghi. E i funghi hanno molto da guadagnare dalle piante. Non stupisce che durante il corso dell’evoluzione si siano instaurate numerose interazioni trofiche tra questi organismi, come il parassitismo (i funghi, infatti, costituiscono i principali agenti fito-patogeni), la saprotrofia (il riciclo della materia organica morta, soprattutto vegetale, avviene grazie all’opera di numerosi funghi del suolo, che liberano enzimi in grado di degradare, ad esempio, cellulosa e lignina) e la simbiosi mutualistica, in cui entrambi i partner traggono beneficio dalla relazione, come avviene, ad esempio, nel caso dei licheni e delle micorrize. Nelle simbiosi micorriziche le ife fungine (i sottili filamenti di cui è costituito il micelio di un fungo) prendono contatto con le radici delle piante: i funghi assorbono prodotti fotosintetici dalla pianta; le piante, invece, sfruttano le ife fungine per esplorare quelle porzioni di suolo che risulterebbero altrimenti impossibili da raggiungere con il solo ausilio delle radici, e da lì ricavano nutrienti mirali, come il fosforo. Si stima che circa l’80% delle piante superiori abbia instaurato simbiosi micorrizica con qualche fungo.

Come si evince da uno studio pubblicato su Nature Communications, i ricercatori hanno adoperato dei metodi computazionali per ripercorrere la storia evolutiva di piante e funghi dell’ultimo miliardo di anni. Utilizzando una particolare tecnica – nota come “time-calibrated phylogenetic analysis” – si è riusciti a confrontare l’andamento temporale degli alberi filogenetici di piante e funghi, cercando punti in cui un aumento del tasso di diversificazione (una misura di quanto velocemente nuovi gruppi filetici appaiano sulla scena) in una linea filogenetica abbia preceduto o seguito importanti eventi evolutivi nell’altra. Riassumendo i risultati di tale analisi computazionale, emergono le seguenti conclusioni.

1) Furono probabilmente i funghi a facilitare la conquista delle terre emerse da parte delle embriofite (una categoria tassonomica che racchiude tutte le piante terrestri). Di fatti, l’origine delle embriofite viventi è contemporanea alla diversificazione di quei funghi – appartenenti al phylum Glomeromycota – che da milioni di anni formano associazioni micorriziche con le radici delle piante terrestri, incrementandone la capacità di captare nutrienti inorganici e acqua dal suolo. A supporto di tale ipotesi s’inserisce anche la colonizzazione delle terre emerse da parte dei funghi, avvenuta circa 720 milioni di anni fa e precedente a quella delle embriofite. I funghi arrivarono sulla terraferma per primi e poi, attraverso le micorrize, “aiutarono” le piante a compiere la medesima transizione.

2) Durante l’Ordoviciano (un periodo geologico che va dai 485 ai 443 milioni di anni fa) si assiste ad una straordinaria diversificazione dei funghi, in particolare dei Leotiomyceta (funghi filamentosi appartenenti al phylum Ascomycota), in concomitanza con una radiazione adattiva delle embriofite. In questo periodo si assiste, ad esempio, alla nascita delle tracheofite (o piante vascolari), delle eufillofite (piante portatrici di foglie) e delle lignofite-spermatofite (piante che sviluppano il legno e che producono il seme). Sempre in questo periodo si forgiano numerose relazioni simbiotiche pianta-fungo, sia di natura patogena che mutualistica (come i licheni, la cui origine si stima essere collocata tra i 467 e 410 milioni di anni fa). Nel contesto di questa parentesi temporale, dunque, si assiste ad un’intensificazione dei processi co-evolutivi.

3) Le lignofite si sono differenziate tra i 436 e i 404 milioni di anni fa – queste comprendono le spermatofite (piante a seme) e i loro precursori. Alcune tra le innovazioni morfologiche tipiche delle lignofite includono, come dice il nome stesso, la produzione del legno (e quindi della lignina, un polimero estremamente complesso che offre resistenza meccanica e chimica ai sistemi vascolari delle piante) e di sistemi radicali molto efficienti e profondi. Ciò avrebbe permesso a queste piante di colonizzare l’entroterra, affrancandosi dalle zone paludose ed acquitrinose. Cominciarono quindi a formarsi le prime foreste, con alberi legnosi e chiome alte. A questo punto, un gruppo di funghi – gli Agaricomycetes – si è reso protagonista di una rapidissima radiazione adattativa: sfruttando le opportunità offerte da queste nuove ecosistemi, gli Agaricomycetes sono diventati patogeni delle lignofite (e ancora oggi lo sono delle spermatofite viventi), saprotrofi (hanno evoluto sistemi enzimatici in grado di degradare la lignina) e mutualisti (hanno instaurato un tipo di simbiosi micorrizica diversa da quella tipica dei Glomeromycota, definita micorriza ectrotrofica).

4) L’evoluzione delle angiosperme (piante da fiore/da frutto), separatesi dal resto delle spermatofite intorno ai 365 milioni di anni fa, ha modificato radicalmente i biomi terrestri. Queste piante, infatti, sono state in grado, in breve tempo, di conquistare ampi territori, surclassando la competizione offerta dalle gimnosperme (es: abeti, pini, cipressi, tassi). In questo periodo si sono evoluti e diversificati, di concerto, numerosi funghi fito-patogeni appartenenti al phylum Basidiomycota ( all’interno del quale sono inseriti anche i funghi produttori di corpi fruttiferi, tanto cari alla tradizione culinaria), che ancora oggi attaccano soprattutto le angiosperme (si pensi, ad esempio, alla cosiddetta “ruggine” del grano, provocata dal fungo Puccinia graminis).

A conclusione di questa breve panoramica dell’ultimo miliardo di anni, è doveroso soffermarsi a riflettere sull’importanza della co-evoluzione. Si è soliti pensare all’evoluzione come ad un processo guidato da forze inanimate (temperatura, piogge, salinità, ecc), eppure, gran parte delle innovazioni morfologiche, fisiologiche e comportamentali che gli esseri viventi esibiscono sono il risultato di pressioni selettive che provengono da altri esseri viventi. La più evidente differenza tra forze inanimate e animate sta nella complessità delle sfide offerte agli organismi e, di conseguenza, nella complessità degli adattamenti che si evolvono per far fronte a quelle sfide. Pioggia e temperatura sono variabili grossolane; l’intricata rete biochimica che permette lo stabilirsi di rapporti simbiotici tra le radici delle piante e le ife di un fungo, invece, è decisamente più elaborata e fine. La co-evoluzione contempla dunque dinamiche che, a lungo andare, si ritrovano a schiacciare con sempre maggior vigore l’”acceleratore evolutivo” (mi si permetta la metafora), conducendo ad un’inarrestabile spirale di innovazione.

Bibliografia:
François Lutzoni, Michael D. Nowak, Michael E. Alfaro, Valérie Reeb, Jolanta Miadlikowska, Michael Krug, A. Elizabeth Arnold, Louise A. Lewis, David L. Swofford, David Hibbett, Khidir Hilu, Timothy Y. James, Dietmar Quandt & Susana Magallón. “Contemporaneous radiations of fungi and plants linked to symbiosis”, Nature Communicationsvolume 9, Article number: 5451 (2018)

Immagine: Pixabay