Vespe e virus non hanno in comune solo la V

La genomica comparativa è la branca della biologia che sta dando i migliori risultati nel tessere la futura rete della vita. Le associazioni simbiotiche cominciano ad affacciarsi un po’ ovunque. Alla nostra vista si mostra una parassitosi tra organismi: le vespe parassitoidi (Microgastroidi) che iniettano con loro ovopositore le uova dentro a bruchi (o uova) di lepidotteri in modo da

La genomica comparativa è la branca della biologia che sta dando i migliori risultati nel tessere la futura rete della vita. Le associazioni simbiotiche cominciano ad affacciarsi un po’ ovunque.

Alla nostra vista si mostra una parassitosi tra organismi: le vespe parassitoidi (Microgastroidi) che iniettano con loro ovopositore le uova dentro a bruchi (o uova) di lepidotteri in modo da permettere lo sviluppo delle proprie larve. Per fare ciò iniettano un veleno in grado di manipolare le difese immunitarie e lo sviluppo degli ospiti. Ma non sono le farfalle l’altro ospite di cui questo studio sta parlando. L’altro ospite è più piccolo, molto più piccolo.

Un folto gruppo di ricerca francese, capeggiato da Annie Bezier dell’Université François Rabelais, ha cercato… e ha trovato l’altro ospite, o meglio quello che ne rimane. Nel genoma di queste vespe.

Infatti il loro utile veleno non è solo un prodotto della storia dell’evoluzione di queste vespe, o meglio dei geni di queste vespe. Nel veleno sono presenti particelle simili a virus, chiamate polidnavirus (PDV) che, a differenza dei “veri” virus, non sono capaci di replicazione dentro l’ospite poiché non possiedono il materiale genetico utile per farlo. Fanno il loro lavoro e tolgono il disturbo.

Una “secrezione genetica” delle vespe? Già quest’ipotesi sarebbe esaltante ma c’è di più. La risposta a questa domanda era racchiusa negli ovari di due specie lontanamente imparentate ma appartenenti allo stesso “gruppo virale” (gruppo Bracovirus), Chelonus inanitus e Cotesia congregata. Le particelle virali sono prodotte solo nella regione inferiore dell’ovario, chiamata calice e specialmente durante lo stadio pupale.

Sono stati trovati 22 geni espressi nel calice che combaciavano con un gruppo di virus, i Nudivirus, parassiti di artropodi. Inoltre, grazie a studi di filogenesi molecolare, si è potuto stimare che l’infezione di questi virus nelle vespe è avvenuta circa 100 milioni di anni fa. Questo è il primo caso documentato di una cooptazione attiva di un virus in un ospite.

Nel corso del tempo e della lotta agli armamenti è stata stretta un’alleanza tra geni: geni virali sono stati incorporati nel genoma delle vespe. Il virus da parassita è diventato mutualista, o più precisamente, alcuni geni di questo sono diventati mutualisti, assicurandosi così di essere replicati in un organismo ospite, allineando così i propri cicli di generazione. E dall’altra parte della barricata stanno le vespe, quale modo migliore di fare “economia” se non sfruttare un proprio parassita? Rubare l’arma del tuo nemico e imparare da usarla è meglio che inventarsela. I geni delle vespe hanno acquisito una caratteristica servita poi da preadattamento al comportamento parassitoide.

L’immagine degli organismi come individui separati va erodendosi con i geni liberi di scorrazzare tra una linea filetica e l’altra. Se prima l’immagine della rete è stata intessuta nell’ecologia, oggi è nella filogenesi che sta mostrando le sue trame. La vita è una rete di interazioni, da una parte ecologiche (l’azione degli organismi tra loro e con l’ambiente) e d’altra parte di interazioni filogenetiche, oggi più che mai. E se l’ambiente è scenario della storia dell’evoluzione degli organismi, esso “entra” come attore nei geni, attraverso la selezione naturale: nei geni è racchiusa la storia della vita, e degli ambienti in cui gli organismi, generazione dopo generazione hanno vissuto.

Storie filogenetiche che si incrociano, si scontrano ed eventualmente si fondono. Non più solo trasmissione verticale dei geni, ma sempre più trasmissione orizzontale.

Giorgio Tarditi Spagnoli

Riferimenti:
Annie Bézier, Marc Annaheim, Juline Herbinière, Christoph Wetterwald, Gabor Gyapay, Sylvie Bernard-Samain, Patrick Wincker, Isabel Roditi, Manfred Heller, Maya Belghazi, Rita Pfister-Wilhem, Georges Periquet, Catherine Dupuy, Elisabeth Huguet, Anne-Nathalie Volkoff, Beatrice Lanzrein, and Jean-Michel Drezen. Polydnaviruses of Braconid Wasps Derive from an Ancestral Nudivirus. Science 323: 926-930.