Di Homo floresiensis e di mandibole
Da un’analisi morfomeccanica risulta che le mandibole di Homo floresiensis presentano una differente resistenza a seconda del tipo di carico a cui sono sottoposte. Ma gli stessi autori fanno notare che manca ancora un’analisi funzionale sulla meccanica prettamente masticatoria
Dopo la morfometria geometrica comparativa sul suo neurocranio che si è posta di stabilire la relazione delle dimensioni neurocraniali con presunte affezioni a sindromi, e successivamente a una ricostruzione approssimativa del suo volto, continuano gli studi sul cranio di Homo floresiensis. Questo ominino, i cui resti sono stati trovati sull’isola di Flores nell’arcipelago delle Piccole Isole della Sonda, in Indonesia, è noto per essere stato soggetto al cosiddetto nanismo insulare, in seguito all’isolamento che ne avrebbe ridotto notevolmente le dimensioni corporee tanto da essersi guadagnato l’appellativo di “hobbit”.
Nello studio pubblicato su Journal of Human Evolution i ricercatori si sono questa volta cimentati nella comparazione morfologica di due mandibole di H. floresiensis con esemplari fossili di alltri ominini sia estinti sia esistenti, tramite scansioni di tomografia computerizzata. Per la precisione, sono stati coinvolti resti fossili di Australopitecus africanus (un ominino tra i più antichi della discendenza di Homo), Paranthropus robustus (presumibilmente un “binario morto” derivato dalle Australopitecine), di esponenti estinti del genere Homo, mentre, tra le specie attuali, sono stati utilizzati campioni di Pan (scimpanzé), Pongo (orango), Gorilla e uomo moderno.
Obiettivo della ricerca è stato quello di definire le rigidità strutturali delle mandibole di H. floresiensis esaminando la loro geometria dalle scansioni tomografiche, in modo da fornire le relative misure di forza sotto prestabiliti regimi di carico masticatorio. Fine ultimo è stato quello di comprendere se poter definire le mandibole di H. floresiensis come varianti in scala ridotta di quelle delle Australopitecine e dei Parantropi, piuttosto che di quelle umane.
Come riferimenti d’indagine comuni a tutti i generi sono stati presi l’estensione dell’area della ossa coinvolte, la lunghezza mandibolare e le dimensioni corporee, queste ultime stimate per gli ominini estinti. In relazione a questi tratti, la mandibola di H. floresiensis è risultata essere relativamente più forte rispetto a quella degli ominini moderni (uomo, scimpanzé, gorilla e orango) e paragonabile a quelle di A. africanus e P. robustus in termini di rigidità nella torsione e nella flessione trasversale. In altre parole, in una ricostruzione digitale le mandibole di ogni ominino sono state attraversate da un piano virtuale orizzontale, e le due parti così ottenute -una superiore e una inferiore- sono state sottoposte tra loro a piegamenti e rotazioni.
Risultato differente è invece stato per la flessione parasagittale, in cui la mandibola di H. floresiensis ha mostrato una relativa debolezza rispetto ai medesimi ominini di cui sopra. Questa volta infatti le mandibole sono state attraversate da dei piani virtuali verticali, e tramite simulazione le due parti così ottenute sono state sottoposte a flessioni tra loro. Le mandibole di H. floresiensis hanno presentato quindi una differente resistenza a seconda del tipo di carico a cui sono state sottoposte.
I ricercatori concludono che non è possibile considerare le mandibole di H. floresiensis come semplici versioni ridotte di quelle di H. sapiens, in quanto i dati ottenuti devono essere interpretati col fatto che la lunghezza della mandibola di H. floresiensis è simile a quella di H. sapiens. Inoltre i carichi masticatori di H. floresiensis dovevano con tutta probabilità esserre minori di quelli di A. africanus e P. robustus, ma superiori a quelli di H. sapiens.
Per avere un quadro completo, l’analisi morfomeccanica non è sufficiente. Gli stessi autori infatti fanno notare che manca ancora un’analisi funzionale sulla meccanica prettamente masticatoria. Infatti lo studio completo -morfomeccanico e biomeccanico masticatorio- non permette solo di capire il tipo di dieta adottata, ma può anche dare dei suggerimenti sull’ecologia degli ominini estinti in quanto i denti, la masticazione, e la presa mandibolare possono essere utilizzati con scopi non prettamente collegati all’alimentazione.
Non rimane quindi che attendere gli esiti di ulteriori ricerche.
Ernesto Pozzoni
Riferimenti:
David J. Daegling, Biren A. Pater, William L. Jungers.
Geometric properties and comparative biomechanics of Homo floresiensis mandibles.
Journal of Human Evolution, Volume 68, March 2014, Pages 36–46
http://dx.doi.org/10.1016/j.jhevol.2014.01.001
Immagine da Wikimedia Commons