Jean-Baptiste de Lamarck

Jean-Baptiste de Lamarck

Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829)

 

Un sito dove si può leggere quasi tutto di e su Lamarck:

http://www.lamarck.cnrs.fr/

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Da: Discours d’ouverture lu le 21 Floréal de l’An VIII

Ristampato come prefazione del Système des animaux sans vertèbes (1801)

Pubblicato in Bulletin Scientifique de  France et de la Belgique, vol. XL (1907).

[…]

Voi sapete che tutte le produzioni naturali che possiamo osservare sono state suddivise da tempo dai Naturalisti in tre regni, chiamati regno animale, regno vegetale, e regno minerale. Con questa divisione, gli esseri compresi in ognuno di questi regni sono confrontati gli uni agli altri e sono posti tutti come ad un medesimo livello, sebbene gli uni e gli altri abbiano origini diverse.

Ho trovato più conveniente impiegare un’altra divisione principale, più adatta a far conoscere in generale tutti gli esseri che ne sono l’oggetto. Così io distinguo tutte le produzioni naturali comprese nei tre regni che ho menzionato, dunque, in due rami principali:

1° Corpi organizzati, viventi

2° Corpi bruti e senza vita

Gli esseri o corpi viventi, quali gli animali e i vegetali, costituiscono dunque il primo ramo delle produzioni della natura. Questi esseri hanno, come tutti sanno, la facoltà di nutrirsi, svilupparsi, riprodursi, e sono necessariamente soggetti alla morte.

Ma ciò che non si sa così bene è che essi formano le proprie sostanze, attraverso l’azione dei loro organi; e ciò che si sa ancor meno è che con le loro spoglie questi esseri danno luogo a tutte le materie composte brute che si osservano in natura, materie i cui tipi diversi si moltiplicano nel tempo attraverso le alterazioni ed i cambiamenti che subiscono più o meno velocemente, secondo le circostanze, fino alla loro intera distruzione e, e cioè fino alla separazione completa dei loro principi costitutivi. In una vasta estensione di paese, come nei deserti africani, dove il suolo, da molti secoli, si trova nudo, senza vegetali o animali di sorta, in vano si cercherebbe qualcosa di diverso dalle materie puramente vetrose: il regno minerale vi si trova ridotto a ben poca cosa. Il contrario ha luogo in tutti i paesi coperti da lungo tempo da vegetali abbondanti e da animali diversi: il suolo vi presenta una terra vegetale o vegeto-animale, spessa, succulenta, fertile, che ricopre qua e là materie minerali di tutti i tipi, saline, bituminose, solforose, piritose, pietrose etc. etc.

[…]

Da molti anni ho fatto notare nelle mie lezioni al Muséum, che la considerazione della presenza e dell’assenza di una colonna vertebrale nel corpo degli animali, divide tutto il regno animale in due grandi parti nettamente distinte l’una dall’altra, che si può in qualche modo considerare come famiglie del primo ordine.

Credo di essere il primo che ha stabilito questa distinzione importante, alla quale nessun naturalista aveva finora pensato. Essa è ora adottata da molti nelle loro opere, assieme ad altre osservazioni, senza indicarne la fonte.

Tutti gli animali conosciuti possono dunque essere distinti in modo netto

1° In animali con vertebre

2° In animali senza vertebre

[…]

E’ dunque di questa seconda divisione del regno animale, in una parola di questa gran famiglia degli animali senza vertebre che mi propongo d’intrattenervi durante questo Corso. Proverò a presentarvene il quadro. La storia, e i principali caratteri distintivi; e voi vedrete che essi compongono una serie particolare, la più numerosa, indubbiamente, che ci possa offrire il regno animale.

[…]

…. La scienza, da un altro punto di vista, può guadagnare ancora infinitamente dalla conoscenza di questi singolari animali, perché ci mostrano ancor meglio degli altri questa straordinaria degradazione nella composizione dell’organizzazione, e questa diminuzione progressiva delle facoltà animali che deve interessare il Naturalista filosofo; infine ci conducono insensibilmente al limite inconcepibile dell’animalizzazione, cioè quello dove sono piazzati gli animali più imperfetti, i più semplicemente organizzati, quelli in una parola dai quali si sospetta appena essere dotati di animalità, quelli forse dai quali la natura ha cominciato, quando con l’aiuto di molto tempo e delle circostanze favorevoli, ha formato tutti gli altri.

[…]

Le principali nascono dall’influenza dei climi, delle variazioni di temperatura dell’atmosfera e da tutti gli ambienti, dalla diversità dei luoghi, da quella delle abitudini, dei movimenti, delle azioni, infine da quelle dei modi di vita, di conservarsi, difendersi, moltiplicarsi, etc. etc. Ora, in seguito a queste influenze diverse le facoltà si fortificano con l’uso e si diversificano a causa delle nuove abitudini conservate a lungo; e insensibilmente la conformazione, la consistenza, in una parola la natura e lo stato delle parti e degli organi partecipano del susseguirsi di tutte queste influenze, si conservano e si propagano attraverso la generazione

L’uccello che il bisogno attira sull’acqua per trovarvi le prede che lo fanno vivere, allarga le dita dei piedi per colpire l’acqua e muoversi sulla superficie. La pelle che unisce quelle dita alla base contrae là l’abitudine a distendersi. Così, con il tempo, si son formate le grandi membrane che vediamo unire le dita delle anitre, delle oche, &tc…

[…]

Potrei provare che non è la forma del corpo o delle sue parti che dà luogo alle sue abitudini, al modo di vivere degli animali; ma che al contrario sono le abitudini, il modo di vivere e tutte le circostanze influenti che, con il tempo, hanno formato i corpi e le parti degli animali.

[…]

In effetti, considerando dapprima l’organizzazione animale la più semplice, per elevarsi in seguito gradatamente fino alla più composta, come da una monade che non è, per così dire, che un punto animato fino agli animali con mammelle, e fra loro all’uomo, vi è evidentemente una gradazione sfumata nella composizione dell’organizzazione di tutti gli animali e della natura dei suoi risultati…

[…]

Attraverso questa gradazione sfumata nella complicazione dell’organizzazione, non intendo affatto parlare dell’esistenza di una serie lineare, regolare negli intervalli delle specie e dei generi: una serie simile non esiste; parlo di una serie quasi regolarmente graduata nelle masse principali, come le grandi famiglie; serie sicuramente esistente sia fra gli animali che fra le piante; ma che nella considerazione dei generi e soprattutto delle specie, forma in numerosi punti delle ramificazioni laterali le cui estremità sono dei punti veramente isolati [nota dell’Autore: Molti Naturalisti, accortisi dell’isolamento più o meno notevole di mole specie, di certi generi, ed anche di qualche piccola famiglia, si sono immaginati che gli esseri viventi, nell’uno o nell’altro regno, si avvicinano e si allontanano fra loro, relativamente ai loro rapporti, in un modo simile ai punti di una carta Geografica o di un Mappamondo. Essi guardano alle piccole serie ben delineate che sono state chiamate famiglie naturali, come se fossero disposte fra loro come in un reticolo, secondo l’ordine che essi attribuiscono alla natura. Questa idea, che è parsa sublime ad alcuni moderni studiosi della natura, è un errore che, senza dubbio, si dissiperà quando si avranno delle conoscenze più profonde e generali dell’organizzazione dei viventi][…]

Ma la natura ha prevenuti gli effetti pericolosi di tale estesa proprietà di produrre e di moltiplicarsi. Essa li ha prevenuti da una parte limitando considerevolmente la durata della vita degli esseri semplicissimi che compongono le ultime classi, e soprattutto gli ultimi ordini del regno animale. D’altra parte essa li ha prevenuti sia facendoli preda gli uni degli altri, ciò che ne riduce costantemente il numero, sia infine fissando con la diversità dei climi i luoghi dove essi possono esistere, e con la varietà delle stagioni, cioè con le influenze meteoriche, i periodi stessi nei quali possono esistere.

Attraverso queste sagge precauzioni della natura, tutto resta nell’ordine. Gli individui si moltiplicano, si propagano, si consumano in varie maniere; nessuna specie predomina al punto di causare la rovina di un’altra, salvo forse per le prime classi, nelle quali la moltiplicazione è lenta e difficile: è in seguito a tale stato di cose che si pensa, in genere, che le specie siano conservate.

[…]

Ma quale deve essere la nostra sorpresa nel sapere che la maggior parte della materia calcarea che esiste, quella che costituisce le numerose catene di montagne calcaree ed i banchi enormi di gesso che si osservano in tutte le contrade della Terra, non è dovuta che in minima parte agli animali muniti di conchiglia, ma è prevalentemente il risultato di un gesso formato da polipi dei polipai, cioè dagli animali delle madrepore, delle millepore, etc. che sono gli animali più imperfetti e più piccoli?

[…]

In effetti si sa che molti molluschi, insetti, vermi, etc. presentano per la medicina, le arti, il commercio, e l’economia domestica, oggetti di utilità innumerevole, spesso addirittura della maggiore importanza. Così il baco da seta, la cocciniglia del Messico, quella di Polonia, il kermes, le api, i Cynips che producono le noci delle galle, le ostriche, i gamberi, etc. provano già che gli animali invertebrati contribuiscono alle nostre arti ed ai nostri bisogni, tanto quanto le altre branche della Storia Naturale, e che meritano di essere studiati e conosciuti.

[…]

Il celebre Linneo, e quasi tutti i Naturalisti hanno finora, come vi ho già detto, diviso tutta la serie degli animali senza vertebre in due classi sole, cioè:

In insetti e vermi..

In modo tale che tutto ciò che non era considerato insetto, doveva senza eccezione essere messo tra i vermi.

Metteva la classe degli insetti dopo quella dei pesci, e quella dei vermi dopo gli insetti. I vermi formavano dunque, con tale distribuzione, l’ultima classe del regno animale.

Ma le osservazioni anatomiche conosciute sull’organizzazione di questi animali, e soprattutto quelle che sono state fatte negli ultimi anni non permettono più di conservare questa divisione degli animali invertebrati in insetti e vermi. Oggi si riconosce che molti di quegli animali, come i molluschi che Linneo aveva messo fra i vermi, sono meglio o meno semplicemente organizzati degli insetti, e che di conseguenza debbono esser messi prima di essi, cioè subito dopo i pesci. Mentre altri animali invertebrati, con una organizzazione più semplice di quella degli insetti ed anche dei vermi, debbono esser messi dopo di essi; in modo tale che quelli che hanno l’organizzazione più semplice debbono realmente terminare il regno animale.

Non bisognava dunque più considerare la divisione stabilita da Linneo, e si doveva o riunire tutti quegli animali in una sola classe, o suddividerli in un certo numero di sezioni ben suddivise e distinte.

[…]

Divido gli animali invertebrati, come potete vedere nel quadro che segue, in sette classi e venti ordini, che esporrò qui di seguito. I caratteri di queste classi sono ricavati dallo studio dell’organizzazione degli animali che la costituiscono, e particolarmente da quello dei tre tipi di organi più essenziali alla vita degli animali, e cioè, 1°, degli organi della respirazione, 2° di quelli che servono alla circolazione o al movimento dei fluidi, 3° infine di quelli che costituiscono i sentimenti.

[…]

Le sette classi che ho stabilito fra gli animali invertebrati sono:

1° i molluschi

2° i crostacei

3° gli aracnidi

4° gli insetti

5° i vermi

6° i radiari

7° i polipi

Queste sette classi aggiunte alle quattro che contengono gli animali vertebrati, formano per la divisione di tutto il regno animale 11 classi distinte, ben delimitate, e tutte disposte con un ordine relativo alla semplificazione progressivamente crescente dell’organizzazione degli animali che accolgono.

 

Dall’ Hydrogéologie. Paris, chez l’Auteur, An X (1802)

Sottotitolo: Ricerche sull’influenza delle acque sulla superficie del globo terrestre; sulle cause dell’estistenza dei bacini dei mari, del loro spostamento e del suo trasporto successivo in diversi punti della superficie del globo; infine sui cambiamenti che i corpi viventi esercitano sulla natura e lo stato di tale superficie

1 Quali sono le sequenze naturali dell’influenza e dei movimenti delle acque sulla superficie del globo terrestre?

2 Perché il mare ha costantemente un bacino e dei limiti che lo contengono e lo separano dalle parti secche della superficie del globo, sempre in rilievo rispetto ad esso [il mare]?

3 Il bacino dei mari è sempre esistito dove lo vediamo attualmente, e se si trovano delle prove che il mare si trovava in luoghi dove ora non è più? Per quale causa esso vi si è trovato, e perché non vi è ancora?

4 quale è l’influenza dei corpi viventi sulle materie che si trovano alla sueprficie del globo terrestre e che compongono la crosta che lo riveste, e quali sono i generosi risulati di tale influenza? (pp 4-5)

Una buona Fisica Terrestre deve comprendere tutte le considerazioni di primo ordine relative all’atmosfera terrestre; poi tutte quelle dello stesso genere che concernono lo stato della crosta esterna del globo, come pure le modificazioni ed i cambiamenti che essa subisce continuamente; infine le considerazioni dello stesso tipo che attengono all’origine e agli sviluppi dei corpi viventi. Così tutte queste considerazioni dividono naturalmente la fisica in tre parti essenziali, la prima delle quali deve comprendere la teoria dell’atmosfera, la Meteorologia, la seconda, quella della crosta esterna del globo, l’Idrogeologia; la terza, infine, quella dei corpi viventi, la Biologia.

 

Dal: Discours d’ouverture lit le 17 Floréal de l’An X (1802)

Ristampato come prefazione delle Recherches sur l’oganisation des corps vivants (s.d.)

Pubblicato in Bulletin Scientifique de  France et de la Belgique, vol. XL (1907).

[…]

Sui progressi della composizione e dell’organizzazione dei corpi viventi, man mano che le circostanze li favoriscono

Quando si presta una prolungata attenzione all’esame dell’organizzazione dei diversi corpi viventi, a quello dei diversi sistemi che tale organizzazione presenta in ogni regno organico, infine a certi cambiamenti che essa subisce in talune circostanze, si arriva alla fine a convincersi;

[…]

3° Che la caratteristica del movimento dei fluidi nelle parti molli dei corpi viventi che le contengono, è di aprirvi delle strade, dei luoghi di deposito e delle uscite; di crearvi dei canali e in seguito degli organi diversi; di variarvi tali canali ed organi a causa della diversità dei movimenti e della natura dei fluidi che li generano; infine di ingrandire, allungare, dividere e solidificare gradualmente questi canali ed organi attraverso le materia che si formano e si separano senza posa dei fluidi che vi sono in movimento, e dei quali una parte si assimila ed unisce agli organi, mentre un’altra ne è espulsa;

4° Che lo stato dell’organizzazione in ogni corpo vivente è stato ottenuto poco a poco con l’influenza progressiva del movimento dei fluidi, e da quella dei cambiamenti che quei fluidi vi hanno continuamente subito nella loro natura e nel loro stato attraverso la successione abituale delle loro perdite e dei loro rinnovamenti;

5° Che ogni organizzazione e ogni forma acquisita da questo ordine di cose e dalle circostanza che vi hanno concorso, furono conservate e trasmesse successivamente dalla generazione, fino a quando delle nuove modifiche di quelle organizzazioni e di quelle forme non siano state acquisite per la medesima via e a causa di nuove circostanze;

6° Infine che dal concorso non interrotto di queste cause e leggi della natura, di molto tempo e di una diversità quasi inconcepibile di circostanze influenti, i corpi viventi di tutti gli ordini sono stati formati successivamente.

[…]

Siamo obbligati a riconoscere che tutti gli animali esistenti costituiscono una serie di masse, che forma una vera e propria catena; e che regna da un’estremità all’altra di questa catena una degradazione sfumata dell’organizzazione degli animali che la compongono, come pure una diminuzione proporzionata nel numero delle facoltà di questi animali: in modo tale che se ad una estremità della catena di cui si tratta si trovano gli animali più perfetti da tutti i punti di vista, si vedono necessariamente all’estremità opposta gli animali più semplici e più imperfetti che si possano trovare in natura.

[…]

Perciò dovrei cominciare dall’esposizione dei caratteri degli animali più semplicemente organizzati, per innalzarmi in seguito gradualmente a quella degli animali più perfetti, e seguire così l’ordine che la natura sembra aver seguito nel formarli. Ma poiché quelli sono molto meno conosciuti di questi, ed è più conveniente andare dal conosciuto allo sconosciuto, che di cominciare da ciò che si conosce male, seguirò l’ordine inverso rispetto a quello della natura e seguirò l’organizzazione degli animali nella sua semplificazione sempre crescente…

[…]

APPENDICE

Le specie fra i corpi viventi

Ho a lungo pensato che ci fossero realmente delle specie costanti in natura, e che esse siano costituite dagli individui che appartengono a ciascuna di esse.

Ora sono convinto che mi sbagliavo al proposito, e che non vi siano in natura realmente altro che individui.

L’origine di questo errore, che ho condiviso con molti Naturalisti, che vi si attengono ancora, viene dalla lunga durata, in rapporto a noi, del medesimo stato di cose in ogni luogo abitato da ogni vivente; ma questa durata dello stesso stato di cose in ogni luogo, ha un termine, e con molto tempo si producono dei cambiamenti in ogni punto della superficie del globo, che cambiano tutte le circostanze per i viventi che vi abitano.

In effetti si può ora affermare che nulla resta costantemente nel medesimo stato sulla superficie del globo terrestre. Tutto con il tempo vi subisce cambiamenti diversi, circa repentini, a seconda della natura degli oggetti e delle circostanze. I luoghi elevati si degradano costantemente, e tutto ciò che se ne distacca è trascinato verso il basso. I letti dei corsi d’acqua, dei fiumi, dei mari stessi, si spostano insensibilmente, così come i climi [nota dell’Autore: Ne ho dato delle prove incontestabili nella mia Hydrogéologie, e sono convinto che un giorno saremo obbligati ad ammettere questa grande verità]; in una parola, tutto sulla terra cambia poco a poco situazione, forma, natura, aspetto. Ecco ciò che tutti i fatti raccolti da ogni parte provano: basta osservare e fare attenzione per convincersene.

Ora se, relativamente agli esseri viventi, la diversità delle circostanze causa una diversità delle loro abitudini, uno stile di vita diverso, e in seguito delle modifiche nei loro organi e nelle forme delle loro parti, si deve sentire che insensibilmente ogni corpo vivente deve variare nella sua organizzazione e nelle sue forme.

[…]

Tutti i Botanici sanno che i vegetali che essi trasportano dai loro luoghi natali ai giardini per coltivarli, vi subiscono a poco a poco dei cambiamenti che li rendono alla fine poco riconoscibili. Molte piante, assai tomentose per loro natura, vi divengono quasi glabre; molte di quelle radenti o striscianti, vi raddrizzano i loro fusti; altre vi perdono spine o altre appendici; infine le dimensioni delle parti vi subiscono dei cambiamenti che le circostanze delle loro nuove situazioni operano immancabilmente.

[…]

Tuttavia per facilitare lo studio e la conoscenza di questi corpi, do il nome di specie ad ogni raccolta di individui che, per un periodo lungo, si assomigliano a tal punto in tutte le loro parti confrontate, da non presentare che piccole differenze accidentali, che, nei vegetali, la riproduzione per semi fa sparire.

[…] … gli individui che, per cause particolari, sono trasportati in situazioni assai diverse da quelle degli altri, e vi subiscono costantemente delle altre influenze, questi, affermo, prendono altre forme in seguito ad una lunga abitudine a questo nuovo modo di essere, e allora costituiscono una nuova specie, che comprende tutti gli individui che si trovano nelle stesse circostanze…

 

Da: Philosophie zooologique. Paris, Dentu et l’Auteur, 1809

Delle specie che si dicono perdute.

[…]

Tuttavia, i resti fossili che noi troviamo sepolti nel suolo in così tanti posti diversi, ci offrono dei resti di una moltitudine di animali diversi che sono esistiti, e fra i quali non si trova che un piccolissimo numero dei quali conosciamo degli analoghi viventi particolarmente simili.

Da ciò si può concludere, con qualche fondamento, che le specie che troviamo allo stato di fossili, e dei quali non conosciamo alcun individuo vivente e simile, non esistano in natura? Vi sono ancora tante parti del globo dove non siamo penetrati, tante altre che gli uomini capaci di osservare non hanno attraversato che di passaggio, e tante altre ancora, come i fondali marini, nelle quali noi abbiamo pochi mezzi di penetrare per riconoscere gli animali che vi si trovano, che questi luoghi potrebbero ben nascondere le specie che non conosciamo.

[…]

Vi sono dunque solo i grandi animali terrestri che possano essere esposti all’annientamento per colpa degli uomini. Questo fatto può essersi verificato; ma la sua esistenza non è ancora provata.

[…]

… Non sarebbe possibile, al contrario, che gli individui fossili di cui parliamo appartengano a specie ancora esistenti, ma che sono cambiati ed hanno generato le specie attuali ce ci troviamo attorno.

[…]

I naturalisti che non hanno visto i cambiamenti che con l’andar del tempo la maggior parte degli animali hanno subito, per spiegare i fatti relativi ai fossili osservati, come pure quelli relativi agli sconvolgimenti riconosciuti in diversi punti della superficie del globo, hanno supposto che una catastrofe universale abbia sconvolto il globo terrestre; che essa abbia spostato tutto ed abbia distrutto una gran parte delle specie allora esistenti.

E’ davvero un peccato che questo modo comodo di trarsi d’imbarazzo, quando si vogliano spiegare le operazioni della natura delle quali non si siano potute afferrare le cause, non abbia fondamento che nell’immaginazione che l’ha creato, e non possa appoggiarsi su nessuna prova.

[…]

Ma perché supporre una catastrofe universale senza prove, quando il cammino della natura meglio conosciuta è sufficiente per render ragione di tutti i fatti che osserviamo in tutte le sue parti?

[…]

CAPITOLO VII

[…]

Ora, il vero stato di cose che dobbiamo considerare in tutto ciò consiste nel riconoscere:

1°. Che ogni cambiamento considerevole e in seguito mantenuto delle circostanze nelle quali si trova ogni razza di animali, opera in essa dei cambiamenti reali nei loro bisogni;

2° che ogni cambiamento nei bisogni del gi animali necessita per essi di altre azioni per soddisfare i nuovi bisogni e, conseguentemente, di altre abitudini;

3° Che ogni nuovo bisogno, necessitando di nuove azioni per soddisfarlo, esige dall’animale che lo prova, sia l’impiego più frequente di certe parti che prima usava meno, e questo le sviluppa ed ingrandisce considerevolmente, sia l’impiego di nuove parti che i bisogni fanno nascere insensibilmente in lui, con gli sforzi del suo sentire interiore; ciò che proverò presto con dei fatti noti.

[…]

Prima legge.

In ogni animale che non abbia superato il termine dello sviluppo, l’impiego più frequente e sostenuto di un organo lo fortifica poco a poco, lo sviluppa, lo ingrandisce, e gli dà una potenza proporzionata alla durata dell’impiego; mentre la mancanza costante d’uso di tale organo lo indebolisce insensibilmente, lo deteriora, ne diminuisce progressivamente le facoltà, e finisce col farlo sparire.

Seconda legge

Tutto ciò che la natura ha fatto acquisire o perdere agli individui sotto l’influenza delle circostanze alle quali essi si trovano da lungo tempo esposti e, di conseguenza, per influenza dell’impiego predominante di tale organo, o per quella di un suo costante mancato uso; essa lo conserva attraverso la generazione ai nuovi individui che ne derivano, purché i cambiamenti acquisiti siano comuni ai due sessi, o a quelli che hanno prodotto questi nuovi individui.

[…]

L’uccello, che il bisogno attira sull’acqua per cacciarvi la preda che gli consente di vivere, allarga le dita dei piedi per battere l’acqua e muoversi sulla sua superficie. La pelle che unisce le dita alla base contrae, attraverso questi ripetuti allargamenti delle dita, l’abitudine alla distensione; così, col tempo, si sono formate, come le vediamo ora, le estese membrane che uniscono le dita delle oche, delle anitre, etc. Gli stessi sforzi fatti per nuotare, ossia per spingere l’acqua, per avanzare e muoversi in quel liquido, hanno disteso allo stesso modo le membrane che si trovano fra le dita delle rane, delle tartarughe di mare, delle lontre, dei castori, etc.

Al contrario, l’uccello che vive abitualmente posato sulle piante, e che proviene da individui che avevano tutti contratto tale abitudine, ha necessariamente le dita dei piedi più allungate e fatte in modo diverso da quelle degli animali acquatici dei quali ho parlato. Le sue unghie, col tempo, si sono allungate, aguzzate e curvate ad uncino per circondare i rami sui quali si riposano frequentemente.

Allo stesso modo si capisce che l’uccello che abita sulle rive, che non è in grado di nuotare, ma che tuttavia ha bisogno di avvicinarsi al bordo dell’acqua per trovarvi le sue prede, rischia di continuo di affondare nel fango. Ora, questo, per fare in modo che il suo corpo non affondi nel liquido, fa tutti gli sforzi per estendere ed allungare i piedi. Ne risulta che la lunga abitudine che questo uccello e tutti quelli della sua razza di estendere ed allungare continuamente i piedi fa sì che gli individui di queste razze si trovino come innalzati su trampoli, avendo ottenuto poco a poco delle lunghe zampe nude, cioè prive di piume fino alle cosce, e spesso oltre.

AGGIUNTE

[…]

La tavola che segue potrà facilitare la comprensione di ciò che ho appena detto. Si vedrà che, a mio parere, la scala animale comincia almeno con due rami diversi, e che, nel suo svolgersi, qualche ramo sembra terminare.

TAVOLA che serve a mostrare l’origine dei diversi animali

 

Questa serie di animali comincia con due rami alla base dei quali si trovano i più imperfetti, i primi di ognuno di questi rami, che non ricevono l’esistenza che dalla generazione spontanea.

Una ragione potente che ci impedisce di riconoscere i cambiamenti successivamente operati che hanno diversificato gli animali conosciuti e li hanno portati alo stato nel quale li vediamo, è che non siamo mai testimoni di questi cambiamenti. Così non vediamo le operazioni fatte, ma non vedendole mai in corso, siamo naturalmente portati a credere che le cose siano sempre state quali le vediamo, e non che si siano fatte progressivamente.

[…]

Dalla Histoire naturelle des animaux sans vertèbres. Paris, Verdière, Librairie, 1815

INTRODUZIONE – SECONDA PARTE

Sull’esistenza di una progressione nella composizione dell’organizzazione degli animali, così come nel numero e nell’eminenza delle facoltà che essi ne ottengono

[…]

In effetti, se si percorre da un’estremità all’altra la serie degli animali conosciuti, distribuiti secondo i loro rapporti naturali, e cominciando dai più imperfetti; se ci si eleva così, da classe a classe, dagli infusori che cominciano questa serie, fino ai mammiferi che la terminano, si troveranno, considerando lo stato dell’organizzazione dei differenti animali, delle prove incontestabili di una composizione progressiva delle loro diverse organizzazioni, e di una crescita proporzionale del numero e dell’eminenza delle facoltà che ne ottengono; infine ci si convincerà che la realtà della progressione di cui si tratta, è ora un fatto osservato, e non solo frutto di un ragionamento.

[…]

…Si è pure supposto che io volessi parlare di una catena esistente fra tutti i corpi della natura, e si è detto che tale catena graduata non era che un’idea riprodotta, già proposta da Bonnet, e poi da molti altri. Si sarebbe potuto aggiungere che questa idea è delle più antiche, poiché la si trova negli scritti dei filosofi greci. Ma questa idea, che nasce probabilmente dal sentimento oscuro di ciò che si svolge realmente negli animali, e che non ha nulla in comune col fatto che sto per affermare, è formalmente smentita, dall’osservazione su molti tipi di corpi ora ben noti.

[…]

Ma il soggetto che qui voglio trattare concerne una progressione nella composizione dell’organizzazione degli animali, da ricercarsi solo nelle grandi masse principali o classiche, e non considerando dovunque la composizione di ogni organizzazione che nel suo insieme, e cioè nella sua generalità. Ora, si tratta di sapere se questa progressione esista realmente; se il numero e il perfezionamento della facoltà animali siano dovunque in rapporto con essa; e se si possa attualmente considerare questa stessa progressione come un fatto positivo, o se non sia altro che un sistema.

[…]

… Ma si è obiettato che, per poter così stabilire una serie unica, occorreva considerare ognuna delle organizzazioni animali nell’insieme delle sua parti; perché, se si prende in considerazione ogni organo particolare, si avranno tante serie quanti organi regolatori, poiché gli organi non seguono tutti lo stesso ordine di degradazione. Questo mostra, si è detto, che, per gare una scala generale di perfezione, bisognerebbe calcolare l’effetto risultante da ogni combinazione, ciò che non è possibile (Cuv. Anat. Comp. Vol I, p. 59).

[…]

… In effetti non si è visto, in tutte queste cose, che l’effetto di un’unica causa nell’idea che ci si fa delle operazioni della natura; e tuttavia è facile accorgersi che queste stesse cose provengono dall’azione di due cause ben diverse, una delle quali, sebbene incapace di annientare il predominio dell’altra, fa tuttavia molto spesso variare i suoi risultati.

Il piano delle operazioni della natura riguardo alla produzione degli animali, è chiaramente indicato da questa causa primaria e predominante che dà alla vita animale il potere di complicare progressivamente l’organizzazione, e di complicare e perfezionare gradualmente non solo l’organizzazione nel suo insieme, ma anche ogni sistema di organi in particolare, man mano che riesce a stabilirli. Ora, questo piano, cioè questa composizione progressiva dell’organizzazione, è stato realmente eseguito, da questa causa principale, nei diversi animali esistenti.

Ma una causa estranea a questa, causa accidentale e per conseguenza variabile, ha attraversato qua e là l’esecuzione di questo piano, senza tuttavia distruggerlo, come proverò. Questa causa, effettivamente, ha dato luogo sia alle reali lacune della serie, sia ai rami ciechi che ne provengono in diversi punti alterandone la semplicità, sia, infine, alle anomalie che si osservano fra i sistemi d’organo particolari delle diverse organizzazioni

Ecco perché, nei dettagli, si trova spesso, fra gli animali di una classe, anche fra quelli che appartengono a famiglie assai naturali, che gli organi esterni, ed anche particolari sistemi di organi interni, non seguono sempre un cammino analogo a quello della composizione crescente dell’organizzazione.

[…]

Ho mostrato nella mia Philosophie zoologique (vol. I, p.220) che questa seconda causa risiedeva nelle circostanze molto differenti nelle quali si sono trovati i diversi animali, mentre si spandevano sui diversi punti del globo e nel seno delle acque; circostanze che li hanno forzati a diversificare le azioni e i loro stili di vita, a cambiare le loro abitudini, e che hanno influito a far variare assai irregolarmente, non solo le loro parti esterne, ma anche ora una ora l’altra parte della loro organizzazione interna.

E’ nel confondere due oggetti così distinti, e cioè da una parte il potere proprio della vita animale che tende senza sosta a complicarne l’organizzazione, a formare e moltiplicare organi particolari, infine ad accrescere il numero e la perfezione delle facoltà; dall’altro la causa accidentale e modificante, i cui prodotti sono anomalie diverse negli effetti del potere della vita, e, ripeto, confondendo questi due oggetti, che si sono trovati motivi per non prestare alcuna attenzione al piano della natura, alla progressione che proveremo, ed a rifiutargli l’importanza che la sua considerazione deve avere nello studio degli animali.

[…]

SUPPLEMENTO

Alla distribuzione generale degli Animali […] concernente l’ordine reale della formazione di tali esseri

[…]

Si vede anche che, ben dopo la formazione degli infusori e dei polipi, essa ha cominciato la formazione di una nuova serie (quella dei vermi), servendosi di materiali particolari trovati all’interno di animali già esistenti, e che con tali materiali ha formato delle generazioni spontanee che sono la fonte dei vermi intestini, fra i quali alcuni, forse, passati all’esterno, hanno condotto ai vermi esterni.

In effetti, la grande disparità di organizzazione che presentano gli animali appartenenti alla classe dei vermi prova, come ho detto […] che i più imperfetti di essi sono dovuti a generazioni spontanee, e che i vermi costituiscono in effetti una serie particolare, di origine posteriore a quella iniziata dagli infusori.

Avevo già riconosciuto ed annunciato questo ramo o serie particolare che i vermi mi parevano formare, quando il Sig. Latreille, mettendomi a parte delle sue riflessioni al riguardo, mi disse di essere persuaso che da questo stesso ramo provengono gli epizoi, gli insetti, etc.

Così, rafforzato dall’opinione di quel saggio, che condivido, considero l’ordine di produzione degli animali formato da due serie distinte.

Queste due serie differiscono talmente fra di loro che, fra gli animali che ciascuna di esse contiene, quando il sistema nervoso si afferma e poi si trova in uno stato un po’ avanzato, si vede, in ogni serie, che lo è in modo del tutto differente.

[…]

Nota. Poiché la necessità di operare con linee ad angolo retto in stampa, non consente in nessun modo l’obliquità che si sarebbe dovuto dare alle linee indicatrici dei rami laterali delle serie, per mostrare il loro punto di partenza, l’idea che ho voluto rendere nella Tabella è un po’ alterata, ma le parole mi paiono supplire a questo difetto, e ristabilirla

 

C.A. DE SAINTE BEUVE Voluttà. Rizzoli BUR, 1955, p. 130-132

Frequentavo parecchie volte ogni decade, al Giardino delle Piante, il corso dl storia naturale del professor de Lamarck; quell’insegnamento, di cui non mi nascondevo d’altra parte né i paradossi ipotetici, né la contraddizione con altri sistemi più positivi e più audaci, aveva per me un’attrattiva potente per le profonde questioni primordiali che sempre sollevava, per il tono appassionato e quasi doloroso che si univa alla scienza.

Il professor de Lamarck era già allora l’ultimo rappresentante di quella gran scuola di fisici e osservatori generali che aveva regnato da Talete a Democrito sino a Buffon; si dimostrava mortalmente opposto ai chimici, agli sperimentatori analisti in piccolo, come li chiamava. Il suo odio, l’ostilità filosofica contro il diluvio, la creazione genesiaca e tutto quel che ricordava la teoria cristiana, non era inferiore, e la concezione che aveva delle cose conteneva molta semplicità, molta nudità e molta tristezza. Costruiva il mondo col minor numero di elementi, la minima quantità di crisi e la maggior durata possibile. Secondo lui, le cose si facevano da sé, da sole, per continuità, per lassi di tempo sufficienti, e senza passaggio né trasformazione istantanea attraverso crisi, cataclismi o commozioni generali, elementi, nodi o organi disposti appositamente per aiutarle e raddoppiarle. Il genio dell’universo era per lui una lunga, cieca pazienza. La forma attuale della terra, secondo lui, dipendeva unicamente dalla lenta degradazione delle acque pluviali, dalle oscillazioni quotidiane e dallo spostamento successivo dei mari: non ammetteva nessun gran tumulto viscerale in questa Cibele, né il rinnovamento della faccia a causa di qualche astro passeggero. Anche per l’ordine organico, una volta ammesso quel potere misterioso della vita, il più possibile piccolo ed elementare, supponeva che si sviluppasse da solo, componendosi, costruendosi a poco a poco col tempo; il sordo bisogno, la sola abitudine negli ambienti diversi faceva nascere alla lunga gli organi, contrariamente al potere costante della natura che li distruggeva: poiché il professor de Lamarck separava la vita dalla natura. La natura, secondo lui, era la pietra e la cenere, il granito della tomba, la morte! La vita vi interveniva solo come accidente estraneo e singolarmente industre, una lotta prolungata, con maggiore o minore fortuna ed equilibrio qua e là, ma sempre vinta alla fine; la fredda immobilità regnava dopo come prima.

Quei problemi d’origine e di fine, quel quadro d’una natura cupa, quegli abbozzi della vitalità oscura mi piacevano. La mia ragione, sospesa e come inclinata a quei limiti, gioiva della sua stessa confusione. Ero ben lontano dall’accogliere quelle ipotesi fin troppo semplificanti, quella serie uniforme di continuità, che venivano confutate, in mancanza di scienza, dal mio sentimento abbondante di creazione e di giovinezza improvvisa; ma le arditezze dell’uomo di genio mi facevano pensare. E inoltre, nella resistenza ostinata ai sistemi che sorgevano da ogni parte, alle teorie nuove della terra, e alla chimica del Lavoisier, che era una distruzione, una rivoluzione anche quella, mi ricordava involontariamente…