Alimentazione da giovani e longevità: quale relazione?

Uno studio sperimentale sul diamante mandarino indaga gli effetti della disponibilità di cibo sulla sopravvivenza in individui che hanno sperimentato condizioni diverse di sviluppo

Si ritiene generalmente che, in condizioni naturali, la disponibilità di cibo influenzi direttamente la sopravvivenza e la fertilità, che dovrebbero aumentare in relazione all’abbondanza di risorse. Tuttavia in ambiente naturale agiscono molte altre variabili, come la competizione e la predazione, che possono rendere estremamente complessa l’analisi. Ad esempio, se un’alta disponibilità di cibo diminuisce il tempo richiesto per la ricerca e quindi la potenziale esposizione ai predatori, dall’altra può richiamare conspecifici e di conseguenza anche predatori, fino ad aumentare il tasso di predazione pro-capite. La questione è stata resa ancora più complessa dalla scoperta che, in molte specie di animali da laboratorio di taxa diversi, generalmente la restrizione alimentare allunga la durata media della vita. La comprensione dei meccanismi che mediano gli effetti della disponibilità di cibo sarebbe essenziale per la previsione di tali effetti in mutate condizioni ambientali.

Un aspetto importante della questione riguarda il modo in cui la variazione fenotipica individuale risultante dai processi di sviluppo incide sul fenomeno; a tale proposito esistono due teorie contrastanti: quella del “cucchiaio d’argento” e quella della “corrispondenza – non corrispondenza”.

La prima ipotesi prende il nome da un modo di dire in lingua inglese: “Essere nato con il cucchiaio d’argento in bocca” alludendo a chi nasce in una famiglia ricca; la teoria ipotizza che condizioni favorevoli nell’età dello sviluppo, come un’ampia disponibilità di cibo, rendano più facile fronteggiare dure condizioni di vita nell’età adulta.La seconda ipotesi prevede invece che affrontare sfavorevoli condizioni ambientali nell’epoca dello sviluppo predisponga gli individui a meglio fronteggiare condizioni simili nell’età adulta, mentre una mancata corrispondenza tra le condizioni sperimentate in queste due fasi della vita porterebbe a peggiori condizioni di salute.

Per mettere alla prova le due ipotesi sarebbe necessario manipolare sperimentalmente sia le condizioni dello sviluppo sia quelle dell’età adulta in un disegno incrociato, ma finora pochi studi l’hanno fatto, limitandosi ad ambienti uniformi o in condizioni favorevoli di laboratorio. Queste ricerche di solito non hanno riscontrato effetti interattivi, ma sono state svolte su organismi che hanno crescita indeterminata e/o fasi di sviluppo di durata flessibile, il che accresce l’opportunità di mitigare, in seguito, gli effetti di condizioni di sviluppo sfavorevoli. Questa possibilità è assai più limitata in specie con crescita e fasi di sviluppo ben determinate, come avviene negli uccelli e negli umani.

Un recente studio dell’università di Groningen in Olanda, pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, ha considerato il diamante mandarino (Taeniopygia guttata), una specie con crescita determinata, già oggetto di numerosi studi. La ricerca si è basata su un disegno sperimentale 2×2, considerando cioè quattro casi diversi, ottenuti incrociando due età, precoce e adulta, con due diverse condizioni di sviluppo: favorevoli e sfavorevoli, in base alla disponibilità di cibo. La variabile dipendente presa in esame è stata la durata della vita.

Un aspetto importante di quest’approccio è che da una parte elimina variabili confondenti, come la predazione, ma dall’altra simula condizioni naturali anche in laboratorio, giacché la disponibilità di cibo è stata manipolata agendo sui costi necessari a procurarselo. Nell’età dello sviluppo, i pulcini favoriti erano posti in nidiate piccole, quelli sfavoriti in nidiate numerose, manipolando così lo sforzo necessario per ottenere il cibo dai genitori; mentre nell’età adulta, gli uccelli posti in condizioni favorevoli potevano nutrirsi da una mangiatoia dotata di fori per il cibo e di comodi posatoi, mentre gli uccelli in condizioni sfavorevoli dovevano nutrirsi stazionando in volo davanti alla stessa mangiatoia priva di posatoi, aumentando in questo modo il costo energetico della nutrizione.

Con sorpresa degli autori, un aumento nei costi di alimentazione che raddoppiava il tempo speso nel procurarsi il cibo non ha avuto effetto sulla durata della vita di uccelli che erano stati allevati in condizioni favorevoli. Di contro, ha abbreviato la sopravvivenza degli individui che erano stati allevati in condizioni sfavorevoli. In apparenza, gli uccelli allevati in condizioni favorevoli riuscivano a compensare, con il comportamento o grazie alla fisiologia, l’aumento nei costi di alimentazione. In conclusione, sembra che l’effetto della disponibilità di cibo sulla sopravvivenza dipenda dalla storia dello sviluppo individuale, con i soggetti cresciuti in condizioni di penuria più vulnerabili a un aumento dei costi di alimentazione.

Da notare che, mentre gli effetti di uno sviluppo sfavorevole sull’aspettativa di vita sono stati compensati da condizioni favorevoli in età adulta, questo non è avvenuto per la deviazione standard dell’età alla morte, che misura la disuguaglianza della durata di vita e della salute della popolazione. Dunque, condizioni favorevoli in età adulta hanno mitigato solo parzialmente gli effetti di condizioni sfavorevoli nello sviluppo.

Questi risultati in apparenza contrastano con gli studi citati prima sugli effetti positivi della restrizione dietetica sulla durata della vita, riscontrati in organismi modello sia vertebrati sia invertebrati. Per quanto riguarda i vertebrati, esiste però un’importante differenza nella modalità con cui la restrizione è stata applicata: negli studi precedenti era lo sperimentatore a fornire agli animali meno cibo del normale oppure a giorni alterni; mentre il presente studio ha lasciato agli uccelli il controllo del loro budget energetico, con la possibilità di scegliere se spendere più risorse per incrementare il nutrimento. Una modalità analoga è tuttavia spesso utilizzata anche negli esperimenti sugli invertebrati, in cui il cibo viene disperso nel mezzo, forzando gli animali a maggior dispendio di energia per procurarselo; il problema dei risultati contrastanti resta dunque da chiarire, anche se potrebbe ad esempio dipendere dalle differenze intrinseche alle specie su cui sono stati condotti tali esperimenti. Poiché in questo studio sono stati utilizzati solo due livelli di costi di alimentazione, un approccio potrebbe essere quello di indagare l’effetto di altri, diversi livelli di tali costi.

Riguardo invece agli effetti a lungo termine delle condizioni di sviluppo in relazione all’ambiente successivo, è da notare che in realtà le due ipotesi presentate non sono mutuamente esclusive, ma potrebbero dipendere da processi coesistenti, della cui combinazione si osserverebbe il risultato netto. Questo studio indica una predominanza dell’effetto del cucchiaio d’argento, in accordo con i risultati di una meta-analisi di esperimenti simili e con i risultati di studi non sperimentali di coorte in vertebrati selvatici.

Ulteriori ricerche saranno necessarie per chiarire i meccanismi con cui la durata della vita viene influenzata dall’alimentazione, dai costi necessari per procurarsela e dalla storia individuale di sviluppo; l’argomento è di grande interesse anche per le sue possibili ripercussioni sulla longevità della nostra specie.

Riferimenti:
Michael Briga e altri, “Food availability affects adult survival trajectories depending on early developmental conditions” Proc. R. Soc. B 2017 284 20162287; DOI: 10.1098/rspb.2016.2287. Published 4 January 2017

Immagine: Zebra Finch chicks. Self-made by Martin Pot (martybugs) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Zebrafinchchicks.jpg Licenza: CC BY-SA 3.0