Alla base dell’albero evolutivo delle giraffe
La scoperta di una nuova specie di mammifero artiodattilo estinto aiuta gli scienziati a far luce sull’evoluzione delle giraffe
Come pubblicato sulla rivista Plos One da un gruppo di studiosi guidati da Maria Ríos, paleontologa presso il Museo Nacional de Ciencias Naturales di Madrid, la provincia spagnola di Cerro de los Batallones ha restituito numerosi resti ossei, tra cui diversi crani completi, di un mammifero artiodattilo fossile, appartenente ai giraffidi. Attualmente questa famiglia è rappresentata soltanto da giraffe e okapi, ma anticamente era molto più diversificata (si pensa siano esistite più di 30 specie di giraffidi, ad oggi in gran parte estinte).
Particolarmente importante è stata la scoperta di resti cranici con morfologia peculiare, differente da quella di altre specie già note, che hanno permesso di identificare i fossili come appartenenti ad una nuova specie, chiamata Decennatherium rex.
Le analisi filogenetiche effettuate hanno permesso di collocare i fossili di D. rex nel ramo più basale dei giraffidi, precisamente all’inizio del periodo geologico del tardo Miocene (11,6-7,8 milioni di anni fa), retrodatando così la comparsa di questo gruppo di organismi e fornendo nuove informazioni sulla loro storia evolutiva. Secondo gli studiosi, verso la fine del Miocene, a partire dalla linea filetica di D. rex si sono originati due cladi discendenti (ora estinti): quello dei samoteri, con morfologia intermedia tra quella degli okapi e delle giraffe odierni, e quello dei sivateri, i più grandi giraffidi finora noti.
Inoltre, l’analisi morfologica condotta sui resti scheletrici di D. rex ha permesso di affermare che questo organismo era piuttosto simile all’odierno okapi, con collo abbastanza lungo, altezza poco superiore ai 2 metri (circa la metà di quella di una giraffa attuale) e peso di una tonnellata. Questo organismo estinto era caratterizzato da un cranio meno appuntito anteriormente e dotato di quattro protuberanze ossee chiamate ossiconi, più sviluppati nei maschi piuttosto che nelle femmine. La coppia di ossiconi di dimensioni minori era posta sopra gli occhi, mentre l’altra coppia, più arcuata e di lunghezza maggiore, era situata nella parte posteriore del cranio. Sembra proprio che questo carattere, sia comparso per la prima volta in D. rex e successivamente sia appartenuto anche ai cladi dei sivateri e samoteri, per poi ripresentarsi con una variante anche nelle giraffe e negli okapi odierni, che possiedono solamente una coppia di ossiconi.
Al momento sembra che l’areale di D. rex comprendesse esclusivamente l’attuale penisola iberica, anche se il ritrovamento di fossili di samoteri e sivateri in numerosi siti paleontologici africani ed europei ha confermato il grande successo evolutivo a cui sono andati incontro i giraffidi nel tardo Miocene.
Data la scarsità di crani completi di giraffidi fossili ad oggi rinvenuti, la scoperta dei resti di D. rex nel sito spagnolo si è rivelata di fondamentale importanza non solo per conoscere in modo più approfondito la differente morfologia degli antenati delle giraffe e degli okapi attuali, ma anche per aggiungere importanti tasselli alla loro storia evolutiva.
Bibliografia:
Ríos M., Sánchez I. M., Morales J., 2017. A new giraffid (Mammalia, Ruminantia, Pecora) from the late Miocene of Spain, and the evolution of the sivathere-samothere lineage. Plos One 12(11): e0185378. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0185378
Immagine credit: Ríos et al. (2017)
Particolarmente importante è stata la scoperta di resti cranici con morfologia peculiare, differente da quella di altre specie già note, che hanno permesso di identificare i fossili come appartenenti ad una nuova specie, chiamata Decennatherium rex.
Le analisi filogenetiche effettuate hanno permesso di collocare i fossili di D. rex nel ramo più basale dei giraffidi, precisamente all’inizio del periodo geologico del tardo Miocene (11,6-7,8 milioni di anni fa), retrodatando così la comparsa di questo gruppo di organismi e fornendo nuove informazioni sulla loro storia evolutiva. Secondo gli studiosi, verso la fine del Miocene, a partire dalla linea filetica di D. rex si sono originati due cladi discendenti (ora estinti): quello dei samoteri, con morfologia intermedia tra quella degli okapi e delle giraffe odierni, e quello dei sivateri, i più grandi giraffidi finora noti.
Inoltre, l’analisi morfologica condotta sui resti scheletrici di D. rex ha permesso di affermare che questo organismo era piuttosto simile all’odierno okapi, con collo abbastanza lungo, altezza poco superiore ai 2 metri (circa la metà di quella di una giraffa attuale) e peso di una tonnellata. Questo organismo estinto era caratterizzato da un cranio meno appuntito anteriormente e dotato di quattro protuberanze ossee chiamate ossiconi, più sviluppati nei maschi piuttosto che nelle femmine. La coppia di ossiconi di dimensioni minori era posta sopra gli occhi, mentre l’altra coppia, più arcuata e di lunghezza maggiore, era situata nella parte posteriore del cranio. Sembra proprio che questo carattere, sia comparso per la prima volta in D. rex e successivamente sia appartenuto anche ai cladi dei sivateri e samoteri, per poi ripresentarsi con una variante anche nelle giraffe e negli okapi odierni, che possiedono solamente una coppia di ossiconi.
Al momento sembra che l’areale di D. rex comprendesse esclusivamente l’attuale penisola iberica, anche se il ritrovamento di fossili di samoteri e sivateri in numerosi siti paleontologici africani ed europei ha confermato il grande successo evolutivo a cui sono andati incontro i giraffidi nel tardo Miocene.
Data la scarsità di crani completi di giraffidi fossili ad oggi rinvenuti, la scoperta dei resti di D. rex nel sito spagnolo si è rivelata di fondamentale importanza non solo per conoscere in modo più approfondito la differente morfologia degli antenati delle giraffe e degli okapi attuali, ma anche per aggiungere importanti tasselli alla loro storia evolutiva.
Bibliografia:
Ríos M., Sánchez I. M., Morales J., 2017. A new giraffid (Mammalia, Ruminantia, Pecora) from the late Miocene of Spain, and the evolution of the sivathere-samothere lineage. Plos One 12(11): e0185378. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0185378
Immagine credit: Ríos et al. (2017)