Alla ricerca delle radici del bello
Recensione di “L’evoluzione della bellezza” di Mariagrazia Portera, edito da Mimesis
«Ci vogliono tutte le capacità poetiche per riuscire a descrivere le emozioni che agitano la mente del naturalista quando finalmente ha sotto gli occhi l’oggetto a lungo agognato; l’oggetto che fino a quel preciso istante aveva conosciuto solo attraverso le descrizioni, i disegni o le sue spoglie esteriori mal conservate; soprattutto quando esso è di incomparabile rarità e bellezza». Così esclama eccitato Alfred Russel Wallace nella primavera del 1857, quando su un’isola dell’Arcipelago Malese si trova finalmente fra le mani un raro esemplare di uccello del paradiso. Ma per chi, a che scopo tanta bellezza? si domanda Wallace smarrito. Certo non per il piacere dell’uomo, che a fatica riesce a penetrare quelle fitte foreste tropicali; eppure, continua Wallace, chi più dell’uomo è in grado di riconoscere ed apprezzare oggetti naturali di tale bellezza?
Certamente l’uomo è l’unico essere ad avere piena consapevolezza del proprio senso estetico; non è tuttavia difficile accorgersi che egli non è il solo ad apprezzare il bello, ma che condivide tale sensibilità con altri esseri viventi, anche filogeneticamente lontani, come, per esempio, gli uccelli.
Il senso estetico non è quindi una dote intrinseca alla natura umana, ma è qualcosa che si sviluppa in modo più o meno compiuto su vari rami dell’albero della vita. Pertanto, se la filosofia intende indagare il problema dell’origine e del significato del senso estetico nell’uomo non può fare a meno di avvalersi delle conoscenze biologiche ed evolutive che da Darwin in poi permettono di gettare una luce più penetrante sui processi comportamentali e cognitivi. In effetti, dopo la scoperta di Darwin e Wallace dell’evoluzione per selezione naturale e dei processi adattativi, convergenti ed emergenti, certi discorsi filosofici, spesso vuoti e autoreferenziali, non sono più ammissibili. La filosofia, se intende proporre fondate speculazioni sulla natura umana, deve quindi, oggi più che mai, conoscere e comprendere il comune sostrato fisico e biologico degli organismi viventi e la loro evoluzione comune. Allo stesso tempo gli scienziati devono essere sollecitati nelle loro ricerche dalle domande che la filosofia pone loro, in quanto se la filosofia senza la scienza è zoppa, la scienza senza la filosofia è cieca.
A dire il vero, oggi la maggior parte dei filosofi che si occupa di etica e di estetica non è per nulla ignara né dei concetti che fondano la logica del vivente né degli ultimi sviluppi della biologia evoluzionistica, e “L’evoluzione della bellezza” – lavoro che Mariagrazia Portera pubblica per i tipi Mimesis – ne è testimonianza eccellente ed esemplare. Infatti l’opera – ampia, aggiornatissima e scientificamente documentata – si inserisce autorevolmente e con originalità nel dibattito contemporaneo dell’estetica evoluzionistica, sia offrendo un’approfondita rassegna dei modelli teorici attualmente in campo, sia enucleando da ogni singola posizione speculativa i limiti, le difficoltà e i possibili sviluppi, per concludere con una originale proposta di lavoro. Anche il lettore poco introdotto nel dibattito filosofico sull’evoluzione della sensibilità estetica – sensibilità che raggiunge nell’uomo la sua massima espressione – ha così la possibilità di avere un quadro esauriente e approfondito dei vari modelli teorici che da Darwin in poi sono stati proposti al fine di spiegare l’origine e l’evoluzione del senso del bello. C’è chi riconduce l’evoluzione della sensibilità estetica a processi adattativi e alle dinamiche della selezione naturale; chi invece, più darwinianamente, riconosce alla selezione sessuale un ruolo chiave. Lontani da processi selettivi, altri modelli interpretano invece l’attitudine estetica dell’uomo come effetto collaterale del suo straordinario sviluppo cognitivo, o come rimodulazione, in età adulta, delle attività ludiche infantili. Infine, non mancano studiosi più ‘lamarckiani’ che attribuiscono alle modificazioni epigenetiche (ereditabili) a livello del cervello o all’ambiente culturale in cui l’organismo vive un peso significativo nell’evoluzione del senso estetico.
Oggi, pertanto, “L’estetico viene indagato su più fronti: lo si ricerca in un’area cerebrale specifica, in una certa dotazione genetica, in un percorso neuronale, lo si interpreta come adattamento, se ne studia l’emergenza e lo si sviluppa dal punto di vista ontogenetico”. Tuttavia, ogni modello proposto, qualora assolutizzato risulta poco convincente e con evidenti limiti euristici. Con l’intento di superarli, Portera propone di interpretare il senso del bello come una proprietà relazionale emergente in cui confluiscono vincoli percettivi, di sviluppo e storici, e che nel tempo si è alimentata di vari contributi – evolutivi (selezione naturale, selezione sessuale, processi di cooptazione funzionale, ecc.), neuronali e culturali. Sotto questa luce l’attitudine estetica appare un fenomeno emergente complesso, che può essere quindi inteso solo grazie ad un approccio altamente multidisciplinare, fondato su “una più essenziale interazione bi-direzionale tra estetica filosofica e scienze”.
Da qui la proposta dell’autrice di lavorare su un modello esteso di estetica evoluzionistica: un modello caratterizzato da un pluralismo metodologico, epistemologico ed esplicativo, il quale, oltre a “difenderci dai tentativi di naturalizzazione riduzionista così diffusi nel panorama filosofico-scientifico contemporaneo” ci mette “al riparo dal rischio di interpretazioni iper-culturaliste, che pretendono di prescindere totalmente dall’apporto e dalle sollecitazioni che vengono dalla scienza”.
Scheda del libro
Autore: Mariagrazia Portera
Titolo: L’evoluzione della bellezza. Estetica e biologia da Darwin al dibattito contemporaneo
Editore: Mimesis (Collana Estetica/Mente/Linguaggi)
Prezzo: 18.00 €