Batteri dorati e armi a base di evoluzione

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Sarebbe una storia affascinante, degna di “Le mille e una notte”, con batteri pigmentati d’oro come protagonisti, se non fosse per il coinvolgimento di piccoli pazienti affetti da fibrosi cistica. Questa terribile patologia è la malattia genetica mortale più comune tra la popolazione caucasica. La sua letalità è dovuta ad una mutazione in un gene codificante per una proteina coinvolta […]


Sarebbe una storia affascinante, degna di “Le mille e una notte”, con batteri pigmentati d’oro come protagonisti, se non fosse per il coinvolgimento di piccoli pazienti affetti da fibrosi cistica. Questa terribile patologia è la malattia genetica mortale più comune tra la popolazione caucasica. La sua letalità è dovuta ad una mutazione in un gene codificante per una proteina coinvolta nella regolazione delle secrezioni mucose. Di conseguenza queste si fanno viscide, ostruendo i dotti principali, rendendo faticosa la respirazione e facilitando la vita ai patogeni, normalmente spazzati via anche grazie all’aiuto delle ciglia e del muco.

A festeggiare sono batteri come Staphylococcus aureus, che si annida negli ambienti ospedalieri, già troppo visitati dai pazienti… Questi cocchi d’oro (la cui colorazione è dovuta al pigmento stafiloxantina) non combattuti a dovere prendono casa nell’orofaringe e nelle vie aeree superiori, provocando infezioni endobronchiali croniche e ricorrenti.

Un altro potente batterio in gioco è Pseudomonas aeruginosa: un vero e proprio opportunista, specializzato nello sfruttamento dei pazienti con sistema immunitario già debole, come nel caso di fibrosi cistica. In questo caso è stata osservata una forte selezione che agisce sul genoma in modo tale da premiare i batteri in grado di causare infiammazioni croniche piuttosto che acute, sfavorevoli alla permanenza del batterio nell’organismo.

Che avvenga lo stesso anche con il nostro nemico dorato? Un gruppo di ricercatori scozzesi ha cercato di rispondere a questa domanda e ha pubblicato recentemente i propri risultati su PLoS ONE. Le osservazioni mostrano che, come tipicamente avviene in una situazione di lotta tra ospite e parassita, S. aureus è soggetto a numerose pressioni selettive, registrate come aumento delle mutazioni non sinonime. Le nostre armi sono, infatti, trattamento con antibiotici, sistema immunitario del paziente e co-infezioni da parte di altri microrganismi. ll batterio però risponde con strategie di resistenza agli antibiotici, bassa virulenza e fenotipi persistenti. Non a caso, è stato isolato un ceppo in grado di iper-mutare a causa di un lacunoso sistema di riparo di mismatch (errati accoppiamenti tra le basi del DNA). La presenza di queste naturali forme batteriche particolarmente resistenti e mutevoli dovrebbe far riflettere su eventi quali le infezioni da E. coli registratesi in Germania: niente tesi cospiratorie, l’evoluzione riesce dove noi forse non arriveremmo neanche volendo, con tutte le nostre tecnologie. (Per un ripasso).

Potremmo però imparare da ciò che osserviamo e sfruttare i loci sotto pressione selettiva come nuovi bersagli per la terapia. Sarebbe così forse possibile combattere il nemico dalla corazza d’oro con nuove e più potenti armi.

Ilaria Panzeri


Riferimenti
McAdam P. R., Holmes A., Templeton K. E. e Fitzgerald J. R. Adaptive Evolution of Staphylococcus aureus during chronic endobronchial infection of a cystic fibrosis patient. PLoS ONE, 6: e24301 (2011).