Chi rimane a casa?

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Teoricamente si dovrebbe chiamare “natal philopatry”, cioè la tendenza di un sesso o l’altro a rimanere nei pressi di “casa” della tribù o del gruppo dove sei nato. Le scimmie antropomorfe hanno due modelli di filopatria: rimangono i maschi o le femmine o si spostano entrambi. Si comportano nel primo caso scimpanzé, bonobo e altre specie, mentre nei gorilla entrambi […]


Teoricamente si dovrebbe chiamare “natal philopatry”, cioè la tendenza di un sesso o l’altro a rimanere nei pressi di “casa” della tribù o del gruppo dove sei nato. Le scimmie antropomorfe hanno due modelli di filopatria: rimangono i maschi o le femmine o si spostano entrambi. Si comportano nel primo caso scimpanzé, bonobo e altre specie, mentre nei gorilla entrambi i sessi vanno a cercare fortuna altrove.

Nell’uomo, a parte “mogli e buoi dei paesi tuoi” non ci sono chiarissime indicazioni di chi tende a rimanere nei pressi del luogo di nascita. È quindi interessante uno studio che cerca di determinare come si comportavano i nostri antenati, molto antenati. Per fare ciò un gruppo di ricercatori di varie università ha applicato un trucco che si è sentito usare anche in alcuni serial televisivi “scientifici”; cioè lo studio del rapporto tra due isotopi dello stronzio (87Sr/86Sr) dei denti per scoprire quale sia stato il substrato geologico della persona che quei denti portava quand’era viva; o meglio, durante lo sviluppo, non da adulta.

Le specie esaminate erano Australopithecus africanus e Paranthropus robustus, e il risultato è che i possessori dei denti piccoli tendevano a muoversi di più di quelli che avevano denti grandi. E con ciò, direte voi? Poiché a quei tempi il dimorfismo sessuale era molto più pronunciato di oggi, con i maschi che pesavano circa 40 kg molto più grossi delle femmine che arrivavano ai 30, si pensa che i dentoni appartenessero ai maschi e i dentini alle femmine. Quindi al conclusione era che erano le femmine a essere meno affezionate alla casa, e la filopatria era riservata ai maschi. Al di là della descrizione in sé, lo studio è interessante per alcune ragioni collaterali: prima di tutto, visto che i parantropi avevano una struttura corporea simile a quella dei gorilla, si pensava anche la loro struttura sociale fosse uguale, ma questo non è vero.

Che significa? Che inferire comportamenti a partire da somiglianza strutturali è spesso un errore. Ci vogliono più e più prove per avere la conferma di un’ipotesi, per brillante che sia. Non solo, ma gli autori fanno un’interessante osservazione sui maschi “stay-at-home”. Dicono cioè che questi potrebbero aver preferito stare nei dintorni della zona dove sono nati non perché gli piaceva il cibo della mamma, ma solo perché preferivano la vegetazione o la struttura del territorio attorno a casa. Non tutto quindi è come sembra. Interessanti anche alcune osservazioni di Margaret J. Schoeninger, antropologa a La Jolla, San Diego. Dice che sia gli australopitecine sia i gorilla hanno lo stesso home range (circa 25 kmq), ma i primi vivono in una giungla senza predatori – anche perché affrontare un gorilla maschio non è consigliabile neppure per un grosso leopardo – i secondi nella savana aperta, in cui leoni e leopardi sono piuttosto frequenti e pericolosi. Gli animali più simili sarebbero però i gelada (Theropithecus gelada), babbuini dalla vita interessantissima, o meglio alcuni loro antenati. I gelada evitano la predazione perché vivono in gruppi di circa 60 individui (inoltre, avete mai visto i denti di un babbuino maschio adulto?).

Ma allora, come facevano i nostri cugini scomparsi da milioni di anni a difendersi, come i gelada? Insomma, una ricerca che come spesso accade apre più interrogativi di quanti ne chiuda.

Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari

Riferimenti:
Copeland, S., Sponheimer, M., de Ruiter, D., Lee-Thorp, J., Codron, D., le Roux, P., Grimes, V., & Richards, M. (2011). Strontium isotope evidence for landscape use by early hominins Nature, 474 (7349), 76-78 DOI: 10.1038/nature10149

Immagine:
Credit: Darryl de Ruiter