Cime tempestose
Problema. Immaginate di dover studiare una popolazione di scimmie: le scimmie più rare d’Africa. Immaginate di non avere campioni di tessuti, perché le timide scimmiette si rendono irrintracciabili. Cosa campionereste per ricavare il DNA delle suddette? È proprio questo il problema che si sono ritrovati a risolvere un gruppo di ricercatori della Wildlife Conservation Society e del National Evolutionary Synthesis […]
Problema. Immaginate di dover studiare una popolazione di scimmie: le scimmie più rare d’Africa. Immaginate di non avere campioni di tessuti, perché le timide scimmiette si rendono irrintracciabili. Cosa campionereste per ricavare il DNA delle suddette? È proprio questo il problema che si sono ritrovati a risolvere un gruppo di ricercatori della Wildlife Conservation Society e del National Evolutionary Synthesis Center di Durham.
Ma di che animali stiamo parlando? Nel 2003 sul monte Rungwe, in una remota regione del sud della Tanzania, una scimmia incappò nella trappola di un agricoltore. Una timida scimmia che abitava sugli alberi, con una faccia nera e un lungo pelo marrone. Inizialmente assegnata al genere Lophocebus, si scoprì ben presto che essa rappresentava un genere completamente nuovo di primati: in onore del luogo di ritrovamento, si stabilì che tale genere dovesse chiamarsi Rungwecebus. Così venne scoperto un nuovo primate: il kipunji (Rungwecebus kipunji).
Successivamente esso venne trovato in due minuscoli frammenti di foresta che insieme misurano meno di 18 km quadrati: la prima popolazione nei territori montuosi della Tanzania del sud (le Southern Highlands), l’altra a più di 400 km di distanza, su una catena montuosa chiamata Udzungwa. Fino a poco tempo fa, poco era noto circa la loro biologia, eccetto ciò che gli scienziati potevano dedurre dalle osservazioni in natura e da un solo esemplare, quello del ritrovamento. Ora, grazie a questo nuovo studio – il più esteso ad oggi sul DNA di kipunji – pubblicato su Biology Letters, abbiamo scoperto che le scimmie più rare d’Africa nascondono un interessante passato sessuale.
I ricercatori hanno censito le due popolazioni, scoprendo che ci sono poco più di 1100 individui allo stato selvatico. Di questi, pressappoco 1000 vivono nelle Southern Highlands, e 100 nell’Udzungwa. Per analizzare i due gruppi gli scienziati sono entrati in possesso di due campioni di tessuto provenienti dalla prima popolazione, la più numerosa. Ma come avere campioni della seconda, esigua e schiva? Sterco. Sei preziosi campioni di sterco di kipunji dei monti dell’Udzungwa.
Armati di questi nuovi campioni i ricercatori sono stati in grado di ricostruire le relazioni genetiche tra questi due gruppi e i loro parenti più stretti. Si è visto quindi che la popolazione delle Southern Highlands contiene parti di DNA simili a quello dei babbuini. Questo fa pensare che le due specie si siano ibridate ad un certo punto dopo la loro divergenza, spiega l’autore dello studio Tim Davenport, della Wildlife Conservation Society. A questo punto il team si aspettava che il DNA della seconda popolazione sarebbe combaciato col primo. Al contrario, la popolazione dell’Udzungwa non mostra tracce di DNA babbuino, come ci dice la prima autrice del paper, Trina Roberts, del National Evolutionary Synthesis Center di Durham, NC.
L’accoppiamento attraverso la barriera di specie non è sconosciuto al regno animale. Normalmente pensiamo al genoma delle specie come a qualcosa di contenuto in ciascuna e non come a qualcosa di condiviso reciprocamente, ma alcune volte una specie prende materiale genetico da un’altra attraverso l’ibridazione, spiega la Roberts. “È come se i genomi facessero un po’ acqua.”
Le scoperte aiutano a risolvere un dibattito sullo status di nuovo primate di queste scimmie. Sebbene analizzando i campioni compaia un po’ di DNA di babbuino, infatti, i kipunji sono ancora un taxa separato, come dice il co-autore Bill Stanley del Field Museum of Natural History di Chicago.
I loro risultati potrebbero aiutare a fissare le priorità di conservazione per questa scimmia a grave rischio di estinzione. Gran parte dell’habitat dei kipunji rimasto è infatti minacciato dalla deforestazione a scopo agricolo e per altri fini. Bisogna proteggerlo, se vogliamo preservare la diversità genetica delle specie. Come spiega la Roberts, quella dell’Udzungwa è una popolazione piccolissima, sostanzialmente diversa dall’altra: non è quindi detto che sia possibile salvarla semplicemente trapiantando kipunji da una popolazione all’altra.
“Il DNA di babbuino ci aiuta a spiegare perché ci siano differenze di numero tra le due popolazioni, o è solo un residuo della storia evolutiva?” si chiede infine Davenport. “È presto per dirlo, ma è qualcosa su cui stiamo indagando.”
“Potrebbe essere che quelle differenze abbiano un impatto sulla loro sopravvivenza in futuro.”
Luca Perri
Riferimenti:
Trina E. Roberts, Tim R. B. Davenport, Kyndall B. P. Hildebrandt, Trevor Jones, William T. Stanley, Eric J. Sargis, Link E. Olson. The biogeography of introgression in the critically endangered African monkey Rungwecebus kipunji. Biology Letters, doi: 10.1098/rsbl.2009.0741
L’immagine è tratta da qui
Ma di che animali stiamo parlando? Nel 2003 sul monte Rungwe, in una remota regione del sud della Tanzania, una scimmia incappò nella trappola di un agricoltore. Una timida scimmia che abitava sugli alberi, con una faccia nera e un lungo pelo marrone. Inizialmente assegnata al genere Lophocebus, si scoprì ben presto che essa rappresentava un genere completamente nuovo di primati: in onore del luogo di ritrovamento, si stabilì che tale genere dovesse chiamarsi Rungwecebus. Così venne scoperto un nuovo primate: il kipunji (Rungwecebus kipunji).
Successivamente esso venne trovato in due minuscoli frammenti di foresta che insieme misurano meno di 18 km quadrati: la prima popolazione nei territori montuosi della Tanzania del sud (le Southern Highlands), l’altra a più di 400 km di distanza, su una catena montuosa chiamata Udzungwa. Fino a poco tempo fa, poco era noto circa la loro biologia, eccetto ciò che gli scienziati potevano dedurre dalle osservazioni in natura e da un solo esemplare, quello del ritrovamento. Ora, grazie a questo nuovo studio – il più esteso ad oggi sul DNA di kipunji – pubblicato su Biology Letters, abbiamo scoperto che le scimmie più rare d’Africa nascondono un interessante passato sessuale.
I ricercatori hanno censito le due popolazioni, scoprendo che ci sono poco più di 1100 individui allo stato selvatico. Di questi, pressappoco 1000 vivono nelle Southern Highlands, e 100 nell’Udzungwa. Per analizzare i due gruppi gli scienziati sono entrati in possesso di due campioni di tessuto provenienti dalla prima popolazione, la più numerosa. Ma come avere campioni della seconda, esigua e schiva? Sterco. Sei preziosi campioni di sterco di kipunji dei monti dell’Udzungwa.
Armati di questi nuovi campioni i ricercatori sono stati in grado di ricostruire le relazioni genetiche tra questi due gruppi e i loro parenti più stretti. Si è visto quindi che la popolazione delle Southern Highlands contiene parti di DNA simili a quello dei babbuini. Questo fa pensare che le due specie si siano ibridate ad un certo punto dopo la loro divergenza, spiega l’autore dello studio Tim Davenport, della Wildlife Conservation Society. A questo punto il team si aspettava che il DNA della seconda popolazione sarebbe combaciato col primo. Al contrario, la popolazione dell’Udzungwa non mostra tracce di DNA babbuino, come ci dice la prima autrice del paper, Trina Roberts, del National Evolutionary Synthesis Center di Durham, NC.
L’accoppiamento attraverso la barriera di specie non è sconosciuto al regno animale. Normalmente pensiamo al genoma delle specie come a qualcosa di contenuto in ciascuna e non come a qualcosa di condiviso reciprocamente, ma alcune volte una specie prende materiale genetico da un’altra attraverso l’ibridazione, spiega la Roberts. “È come se i genomi facessero un po’ acqua.”
Le scoperte aiutano a risolvere un dibattito sullo status di nuovo primate di queste scimmie. Sebbene analizzando i campioni compaia un po’ di DNA di babbuino, infatti, i kipunji sono ancora un taxa separato, come dice il co-autore Bill Stanley del Field Museum of Natural History di Chicago.
I loro risultati potrebbero aiutare a fissare le priorità di conservazione per questa scimmia a grave rischio di estinzione. Gran parte dell’habitat dei kipunji rimasto è infatti minacciato dalla deforestazione a scopo agricolo e per altri fini. Bisogna proteggerlo, se vogliamo preservare la diversità genetica delle specie. Come spiega la Roberts, quella dell’Udzungwa è una popolazione piccolissima, sostanzialmente diversa dall’altra: non è quindi detto che sia possibile salvarla semplicemente trapiantando kipunji da una popolazione all’altra.
“Il DNA di babbuino ci aiuta a spiegare perché ci siano differenze di numero tra le due popolazioni, o è solo un residuo della storia evolutiva?” si chiede infine Davenport. “È presto per dirlo, ma è qualcosa su cui stiamo indagando.”
“Potrebbe essere che quelle differenze abbiano un impatto sulla loro sopravvivenza in futuro.”
Luca Perri
Riferimenti:
Trina E. Roberts, Tim R. B. Davenport, Kyndall B. P. Hildebrandt, Trevor Jones, William T. Stanley, Eric J. Sargis, Link E. Olson. The biogeography of introgression in the critically endangered African monkey Rungwecebus kipunji. Biology Letters, doi: 10.1098/rsbl.2009.0741
L’immagine è tratta da qui