Colore, dimorfismo e finti batteri in Anchiornis
E’ possibile dedurre la colorazione delle specie estinte a partire dalla microstruttura dei loro tegumenti?
L’ipotesi che fosse possibile dedurre (almeno in parte) la colorazione di un animale estinto partendo dalla microstruttura del suo tegumento é stata una delle più intriganti e controverse degli ultimi anni. In estrema sintesi, il metodo per dedurre la colorazione in un fossile richiede che questo conservi i pigmenti originari e che questi pigmenti, pur perdendo la colorazione originaria, mantengano la loro forma a livello microscopico: se questa forma é caratteristica nei differenti colori, analizzando al microscopio la forma dei pigmenti fossilizzati sarebbe possibile dedurre la colorazione originale. Questa ipotesi richiede quindi la presenza nel fossile di organelli quali ad esempio i melanosomi. E buona parte delle ricerche sul colore dei fossili si é concentrata appunto sui fossili, come quelli dal Giurassico Medio-Superiore e dal Cretacico Inferiore del Liaoning cinese, che preservano tegumento portatore di melanosomi (piume e peli).
Questa ipotesi é stata contestata sul piano tafonomico, sostenendo che i “melanosomi” osservati nei fossili non siano affatto gli organelli pigmentari, ma piuttosto la traccia dei batteri decompositori responsabili della preservazione delle tracce carboniose sui fossili. In breve, questa interpretazione alternative sostiene che le tracce filamentose che osserviamo nei fossili cinesi sarebbero formate dalle colonie batteriche che crebbero decomponendo le carcasse, e non sarebbero quindi i pigmenti originari: in pratica, questi fossili manterrebbero la forma del piumaggio e della pelle, ma non più la struttura originaria, sostituita dai batteri. Ovvero, secondo questa interpretazione alternative, non sarebbe possibile dedurre il colore da questi fossili. Questa ipotesi alternativa parte dalla constatazione che batteri e melanosomi hanno forma e dimensione comparabile, e quindi non sarebbe possibile distinguere gli uni dagli altri sul piano della mera morfologia e morfometria.
Lo studio pubblicato ieri (Lindgren et al. 2015) risolve la questione analizzando i presunti melanosomi/batteri a livello di ultrastuttura chimica, per determinare se questa sia più compatibile con una origine pigmentaria o batterica. Siccome questo campo biochimico é aldilà delle mie competenze, non entro nei dettagli: lo studio conclude che la struttura molecolare degli organelli campionati é compatibile con i melanosomi e non con i batteri. Pertanto, essi sarebbero genuini pigmenti dell’animale, non tracce fossili dei batteri decompositori. Pertanto, se il ragionamento svolto per dedurre il colore dai melanosomi é valido, questi fossili possono essere usati per dedurre (parte) della colorazione originaria.
Lo studio in questione ha campionato frammenti di tegumento da un esemplare di Anchiornis attualmente in studio a Bruxelles presso l’Istituto Reale delle Scienze Naturali del Balgio, che preserva buona parte del piumaggio attorno gli arti e nella coda. L’esemplare é riferibile ad Anchiornis per la presenza di una ornamentazione caratteristica del coracoide: nelle proporzioni generali esso é molto simile ad altri Anchiornis descritti in precedenza, ma si differenzia da alcuni di questi per la forma e proporzione dell’ischio, che é più robusto e con un marcato processo dorsodistale. Queste differenze in un osso prossimo alla regione genitale potrebbero non essere significativa tassonomicamente, ma indicare un dimorfismo (probabilmente sessuale): ulteriori indagini tra i paraviani potrebbero fare luce su questo fenomeno, ma già ora mi pare interessante notare che una simile variabilità morfologica nell’ischio si osserva tra gli esemplari di Archaeopteryx.
Tratto da Theropoda
Bibliografia:
Johan Lindgren, Peter Sjövall, Ryan M. Carney, Aude Cincotta, Per Uvdal, Steven W. Hutcheson, Ola Gustafsson, Ulysse Lefèvre, François Escuillié, Jimmy Heimdal, Anders Engdahl, Johan A. Gren, Benjamin P. Kear, Kazumasa Wakamatsu, Johan Yans, and Pascal Godefroit (2015) Molecular composition and ultrastructure of Jurassic paravian feathers. Scientific Reports 5, Article number: 13520 (2015). doi:10.1038/srep13520
Credit: Thierry Hubin/RBINS