Supernavigators: come fanno gli animali a non perdersi?

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A differenza nostra, gli altri animali sanno quasi sempre dove andare senza smarrirsi. Lo fanno seguendo il sole, la luna, la via lattea, il campo magnetico terrestre e tanto altro. Come ci riescano è un mistero parzialmente svelato, che il navigatore britannico David Barrie racconta in un libro sorprendente.

In mezzo all’oceano Atlantico, poco a Sud dell’Equatore, c’è un’isola piccolissima che si chiama Ascensione. L’isola è minuscola al punto, che i piloti americani costretti ad atterrarvi per rifornimento, durante la Seconda guerra mondiale, avevano inventato un detto: “Se manchi l’Ascensione, tua moglie si becca una pensione”. Il sarcasmo un po’ macabro fa riflettere sulle straordinarie abilità non esclusive di quei piloti.  
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La base aerea Wideawake sull’isola di Ascensione durante la Seconda guerra mondiale (Military History Now).

Poco più di uno scoglio, a questa e ad altre isole sperdute tornano con regolarità, anno dopo anno, innumerevoli uccelli e altri animali. Come ci arrivino, senza moderni strumenti tecnologici come il GPS, è in parte un mistero.

Supernavigators di David Barrie è un bel libro compatto, che in meno di 300 pagine porta per mano i lettori a scoprire i molti modi stupefacenti e meravigliosi con cui tante bestiole piccole e grandi, dagli insetti ai cetacei, non si perdono lungo percorsi anche di migliaia di chilometri. «Non più di tre secoli fa c’era chi poteva pensare che le cicogne svernassero sulla luna» e ancora «trent’anni fa un branco di elefanti poteva svanire durante la stagione delle piogge», come ha scritto Kathryn Schulz sul New Yorker nel 2021. I maggiori progressi delle ricerche sull’orientamento animale sono decisamente recenti. Grandi passi avanti si sono fatti nella moderna capacità di tracciare i loro spostamenti, grazie a strumenti e tecniche come le foto-trappole, i droni e la geolocalizzazione tramite satelliti e GPS. I dispositivi sono oggi talmente leggeri che permettono di seguire animaletti inconsistenti, come le celeberrime farfalle monarca che svolazzano dal Nord America al Messico e viceversa.  

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Farfalle monarca in Messico (Wikipedia).

Le nostre mirabolanti invenzioni molto ci hanno insegnato su dove vanno volatili, nuotatori e sgambettatori, quando attraversano in lungo e in largo il pianeta. Poco invece riescono ancora a dirci su come essi trovino e raggiungano le proprie mete.

L’ignoranza umana è ancora più profonda di fronte ad animali che si avventurano per la prima volta e senza fallo in una direzione precisa, senza che questa sia stata loro insegnata. Un esempio sono le tartarughe di mare che, appena dopo la schiusa, si lanciano dritte in acqua, guidate solo dalla tenue luce notturna dei riflessi marini, per cui hanno un tropismo innato. Bellissime le ricerche dell’etologo Paolo Luschi che, pur soffrendo tanto il mare, tanto ha scoperto sugli spostamenti di questi simpatici rettili.  

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Un’illustrazione del 1896 di una tartaruga marina liuto (Wikipedia).

Sappiamo davvero poco dei meccanismi non solo cerebrali che le altre specie usano per non perdersi. Scoprirli non ci è facilissimo, essendo noi umani tra i meno dotati da questo punto di vista. Anche per questo l’intuito ci aiuta fino a un certo punto su ciò che a noi manca e in altre specie abbonda.

Non aiuta neppure il fatto che abbiamo via via subappaltato le capacità di orientamento a molteplici protesi esterne. Rispetto ai nostri antenati navigatori o cacciatori-raccoglitori, prima ci affidavamo alle più antiche mappe e ad altri strumenti ingegnosi ma rudimentali. Oggi ci facciamo sempre più pigramente guidare dal GPS, correndo il rischio di indebolire ancora le nostre già modeste capacità di trovare la via. Però qualcosa abbiamo imparato sul modo in cui gli animali non si perdono. Grazie a pionieri dell’etologia italiana come Leo Pardi e Floriano Papi sappiamo, per esempio, che le pulci di mare usano sia il sole sia la luna come bussole, per avvicinarsi o allontanarsi dal mare, secondo le loro particolarissime necessità. Se stanno troppo all’asciutto infatti si seccano e muoiono, mentre se finiscono sommerse dall’acqua salata annegano. Per questo si muovono costantemente avanti e indietro, mentre le maree salgono e scendono. È probabile che da qualche parte nel loro corpo minuscolo posseggano due orologi biologici, uno calibrato sui movimenti giornalieri del sole e uno, leggermente diverso, tarato sul ciclo lunare.  

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Gli etologi Leo Pardi, Karl von Frisch e Floriano Papi (circa 1952, viene da qui).

Sappiamo anche che alcune falene sono capaci di mandare in tilt il sonar dei pipistrelli che vorrebbero cibarsi di loro. Lo fanno emettendo un segnale, proprio quale contromisura rispetto alla notevoli capacità di navigazione e localizzazione dei loro predatori.

Altri indizi per ritrovare la strada, molti animali sembrano trovarli nell’olfatto. Famosi da questo punto di vista gli studi di Papi sulla capacità di “homing” dei piccioni viaggiatori, poi proseguiti dai discepoli. Oggi sappiamo che perfino i salmoni si fanno guidare dal… fiuto! Altri animali usano invece punti di riferimento terrestri, come la luce del sole, della luna e delle stelle, o perfino l’elettricità. I sensi dell’orientamento per noi più alieni sono quelli che hanno a che fare con il magnetismo terrestre. È ormai chiaro che molte specie seguano con profitto tracce elettromagnetiche per evitare ostacoli e trovare mete e prede. Ma come fanno di preciso? E come funzionano i meccanismi cerebrali dedicati? Numerosi neuroscienziati stanno indagando su questi meccanismi, non senza difficoltà. Dai loro affascinanti studi emergono proprietà che riguardano anche noi, sulla memoria, il pensiero astratto e tanto altro. Il libro è anche pieno di incantevoli informazioni di contorno, come il termine Zugunruhe, che ho scoperto essere la parola tedesca per “l’irrequietezza che mostrano gli uccelli quando stanno per migrare”. Né conoscevo la storia degli stercorari africani, introdotti in Australia per affrontare un problema causato dalla mucca, che vi era stata importata in precedenza. Solo che gli stercorari nativi erano abituati a gestire solo escrementi di canguro e non sapevano cosa fare dei cumuli di letame di vacca, che stavano causando gravi danni all’agricoltura…  

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Uno stercorario alle prese con una pallina di letame (Wikipedia).

David Barrie è una guida speciale in questo mondo di spostamenti animaleschi. Membro del Royal Institute of Navigation, lui stesso ha veleggiato in tutto il mondo su lunghe distanze, accanto alla sua attività di diplomatico. Da tempo si interroga sui modi nostri e degli altri animali di trovare rotte e raggiungere luoghi, con una passione amatoriale ma profonda, che gli permette di porre le domande giuste ai maggiori esperti, a volte seguendoli sul campo.

Si prova davvero tanto stupore di fronte al vastissimo, vario, ridondante repertorio di meccanismi e strumenti utilizzati dagli animali in movimento. Del resto, trovare il posto in cui nutrirsi e riprodursi è talmente vitale alla sopravvivenza di una specie, che non sorprende che l’evoluzione abbia promosso una molteplicità di espedienti, adatti alle più diverse condizioni e circostanze. Infine, non vi meraviglierà che il problema principale siamo, come al solito, noi umani. “Le creature che sono forse i peggiori navigatori del pianeta, hanno continuamente ridotto le probabilità che tutte le altre arrivino dove devono andare, interferendo con le loro traiettorie, compromettendo le loro capacità di trovare la rotta e depredando le loro mete”, come ha scritto ancora Katherine Shulz sul New Yorker. Leggibilissimo e godibilissimo anche in inglese, c’è da sperare che qualche editore traduca e pubblichi presto Supernavigators in italiano. Dopo le edizioni spagnola, tedesca, polacca, russa, cinese e giapponese, e numerosi premi, manchiamo solo noi!

Per approfondire, David Barrie, Supernavigators, Experiment (2019). Nell’immagine di apertura (Wikipedia) uccelli in volo in Australia occidentale.

Pubblicato originariamente sul blog Biologia e dintorni dell’Aula di scienze Zanichelli il 30 settembre 2021