Come parlare di evoluzione?

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Ad un workshop a Londra si è discusso di scienza e religione e di come parliamo di questo tema nella comunicazione della scienza e sui media.



La scorsa settimana ho partecipato a un workshop a Londra dove si è discusso di scienza e religione e di come parliamo di questo tema nella comunicazione della scienza e sui media. L’evento era organizzato dai ricercatori del progetto Science & Religion: Exploring the Spectrum e dalla British Science Association.

Una regola fondamentale della comunicazione è “conosci il tuo pubblico”, ma siamo sicuri che quando comunichiamo la scienza sappiamo davvero cosa ne pensi la gente? Troppo spesso scienziati e comunicatori pensano di sapere come i cittadini affrontano un certo argomento scientifico, ma in realtà spesso si tratta di opinioni personali più che di fatti basati su ricerca. Ci sono passata di persona quando lavoravo alla Royal Society of Chemistry e ho condotto uno studio sulla opinione pubblica Britannica sulla chimica. Lo studio ha mostrato che i cittadini hanno idee sulla chimica e sui chimici ben diverse da quelle che i chimici solitamente attribuiscono loro.

Quello che crediamo il pubblico pensi su un certo argomento, e le ragioni che crediamo abbiamo influenzato quelle opinioni, condizionano modo con cui parliamo di quel argomento. Ma se quello che pensiamo è solo frutto di pregiudizi, finiamo per comunicare nel modo sbagliato, alimentando quei pregiudizi in cui noi stessi siamo inciampati.

Quando parliamo di evoluzione nel contesto di religione e scienza, siamo davvero sicuri che sappiamo cosa la gente pensi e perché lo pensi? Non ci sono molte ricerche dettagliate sull’opinione pubblica sull’evoluzione, ma al workshop si partiva proprio dalla presentazione di una nuova ricerca su questo tema.

Nella prima parte del pomeriggio la Professoressa Fern Elsdon-Baker (Newman University) ha presentato i dati preliminari di una ricerca sulla percezione pubblica dell’evoluzione nel Regno Unito e in Canada. Questa prima parte dei dati è stata pubblicata di recente e al momento il team di ricercatori sta analizzando il resto dei dati. (Prof Elsdon-Baker ha anche scritto a riguardo sul Guardian). I dati mettono di nuovo in luce che i cittadini hanno opinioni sull’evoluzione molto diverse da quelle solitamente attribuite loro da scienziati e comunicatori, specialmente quando si tratta di persone religiose.

La maggioranza delle persone nel Regno Unito (71%) e in Canada (60%) – incluse quelle che si sono identificate come religiose o spirituali – accettano l’evoluzione, compresa quella umana. Solo il 9% dei rispondenti britannici e 15% dei canadesi ha selezionato l’opzione creazionista. Percentuali molto più basse da quelle attese.

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Da Summary report of preliminary findings for a survey of public perspectives on Evolution and the relationship between Evolutionary Science and Religion.

Uno dei pregiudizi più frequenti quando si parla di evoluzione è che persone religiose facciano fatica ad accettare idee evoluzioniste. In alcuni contesti si arriva a dire che essere religiosi e fare ricerca scientifica siano due cose incompatibili. La ricerca mostra che il 47% della persone che si definiscono atee hanno questa opinione.

Questo conflitto però non è così forte e tra le persone che si sono definite religiose o spirituali, visto che solo 1 su 5 nel Regno Unito (19%) e meno di 1 su 3 in Canada (29%) ha poi detto di avere difficoltà ad accettare la biologia evolutiva.

Tra le persone che si sono identificate atee, 1 su 5 nel Regno Unito (19%) e più di 1 su 3 in Canada (38%) si è poi dichiarato d’accordo con l’affermazione “i processi evolutivi non possono spiegare l’esistenza della coscienza umana”. Più di 1 su 10 nel Regno Unito (12%) and quasi di 1 su 3 in Canada (31%) hanno invece detto di essere d’accordo con l’affermazione “gli animali evolvono nel tempo ma le scienze evolutive non possono spiegare l’origine degli esseri umani”.

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Da Summary report of preliminary findings for a survey of public perspectives on Evolution and the relationship between Evolutionary Science and Religion.

Una volta visti i dati abbiamo poi discusso le implicazioni per la comunicazione dell’evoluzione. 
Misure alla mano, emerge una realtà complessa in merito al rapporto tra religiosità e comprensione e accettazione del consenso scientifico. Essere religiosi o meno non è di per sé predittivo. Per esempio vediamo che in generale alcune persone – religiose o atee – hanno dubbi sull’evoluzione umana.

Ricerche come questa permettono riflettere con cognizione di causa su come presentiamo le tematiche evoluzionistiche nella comunicazione ed educazione (specialmente quando parliamo di scienza e religione). Attendiamo ora che i ricercatori della Newman University finiscano di analizzare il resto dei dati e ci aggiorneremo su Pikaia quando saranno disponibili.

Chiara Ceci @chiara_ceci