Dal mondo del pressappoco…
Provate a leggere qua (pdf) e qua… Finito? Allora avete scoperto le venti piccole differenze. Io ne traccio solo alcune. il pezzo italiano è affidato a un sociologo potentemente connotato politicamente, quello americano, che parla di comunicazione della scienza, a un filosofo della scienza. Il primo, e lo dice, non sa quali siano i meccanismi della ricerca scientifica e a […]
Provate a leggere qua (pdf) e qua… Finito? Allora avete scoperto le venti piccole differenze. Io ne traccio solo alcune. il pezzo italiano è affidato a un sociologo potentemente connotato politicamente, quello americano, che parla di comunicazione della scienza, a un filosofo della scienza.
Il primo, e lo dice, non sa quali siano i meccanismi della ricerca scientifica e a tentoni, dal di fuori, cerca di tracciare una genesi degli errori degli scienziati. Il secondo, con la scusa delle recensioni di alcuni libri sul riscaldamento globale, disegna un quadro quasi perfetto, per quel che so, della comunicazione del problema. Il primo dice cose a mio parere banali, anche se certo non scorrette, con l’obbligatorio richiamo a Kuhn e alla sua scienza normale e paradigmatica. Chi ha letto anche solo i libri di divulgazione sa che lo cose si svolgono così proprio solo nei libri di divulgazione. Se arriva uno scienziato con un’idea brillante e dimostrata o dimostrabile (insomma con un meccanismo), non fa troppa fatica a farsi ascoltare; mi viene in mente Darwin ovviamente, e dall’altra parte Alfred Wegener. Il secondo esamina con proprietà e conoscenza dei fatti il dibattito, scoprendo le debolezze di alcuni (mi pare di capire che secondo lui Hansen e forse Schneider esagerano un po’) affermando con forza idee anche eterodosse ma molto interessanti (il fatto che io sia perfettamente d’accordo con lui sulla faccenda del he said-she said – il trattamento bilanciato di ogni argomento – non ha quasi nulla a che fare col mio essere d’accordo con lui). Facendo, quando ne c’è bisogno, i nomi precisi dei veri “distorsori dell’informazione” che Panebianco si “dimentica” nel suo pezzo sulla comunicazione della scienza, specie per quanto riguarda il riscaldamento globale.
Chiudendo infine con una frase rivelatrice di quello che pensa sul processo della ricerca e della sua conoscenza del dibattito appunto sul riscaldamento globale. Ecco la frase: Lasciando da parte i casi di patente malafede (ad esempio, le accertate falsificazioni dei dati da parte di alcuni ricercatori che si occupavano di cambiamenti climatici), tutti gli scienziati dovrebbero avere una chiara percezione del terreno minato in cui si muovono. Mi piacerebbe sapere chi ha accertato quale falsificazione da parte di quali ricercatori. Col solito atteggiamento mafiosetto un po’ italiano, non fa mai nomi (forse non li sa neppure, o li ha letti da Battaglia).
Insomma, da una parte un Solone che si erge a “adesso ti spiego io coma va la scienza”, dall’altra un filosofo che sa come va la scienza e ripercorre le distorsioni che il messaggio subisce andando dai laboratori al mondo della comunicazione al pubblico. Il pezzo di Kitcher è da mandare a memoria, quello di Panebianco da dimenticare.
Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari
Il primo, e lo dice, non sa quali siano i meccanismi della ricerca scientifica e a tentoni, dal di fuori, cerca di tracciare una genesi degli errori degli scienziati. Il secondo, con la scusa delle recensioni di alcuni libri sul riscaldamento globale, disegna un quadro quasi perfetto, per quel che so, della comunicazione del problema. Il primo dice cose a mio parere banali, anche se certo non scorrette, con l’obbligatorio richiamo a Kuhn e alla sua scienza normale e paradigmatica. Chi ha letto anche solo i libri di divulgazione sa che lo cose si svolgono così proprio solo nei libri di divulgazione. Se arriva uno scienziato con un’idea brillante e dimostrata o dimostrabile (insomma con un meccanismo), non fa troppa fatica a farsi ascoltare; mi viene in mente Darwin ovviamente, e dall’altra parte Alfred Wegener. Il secondo esamina con proprietà e conoscenza dei fatti il dibattito, scoprendo le debolezze di alcuni (mi pare di capire che secondo lui Hansen e forse Schneider esagerano un po’) affermando con forza idee anche eterodosse ma molto interessanti (il fatto che io sia perfettamente d’accordo con lui sulla faccenda del he said-she said – il trattamento bilanciato di ogni argomento – non ha quasi nulla a che fare col mio essere d’accordo con lui). Facendo, quando ne c’è bisogno, i nomi precisi dei veri “distorsori dell’informazione” che Panebianco si “dimentica” nel suo pezzo sulla comunicazione della scienza, specie per quanto riguarda il riscaldamento globale.
Chiudendo infine con una frase rivelatrice di quello che pensa sul processo della ricerca e della sua conoscenza del dibattito appunto sul riscaldamento globale. Ecco la frase: Lasciando da parte i casi di patente malafede (ad esempio, le accertate falsificazioni dei dati da parte di alcuni ricercatori che si occupavano di cambiamenti climatici), tutti gli scienziati dovrebbero avere una chiara percezione del terreno minato in cui si muovono. Mi piacerebbe sapere chi ha accertato quale falsificazione da parte di quali ricercatori. Col solito atteggiamento mafiosetto un po’ italiano, non fa mai nomi (forse non li sa neppure, o li ha letti da Battaglia).
Insomma, da una parte un Solone che si erge a “adesso ti spiego io coma va la scienza”, dall’altra un filosofo che sa come va la scienza e ripercorre le distorsioni che il messaggio subisce andando dai laboratori al mondo della comunicazione al pubblico. Il pezzo di Kitcher è da mandare a memoria, quello di Panebianco da dimenticare.
Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari