Dalle acque dolci agli oceani

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La storia dei pesci ossei resta a lungo confinata nelle acque dolci, ed e’ solo tra la fine del Cretaceo e l’epoca del terziario denominata Eocene, circa 55 milioni di anni fa, che i sedimenti marini mostrano uno straordinario  arricchimento dei resti di questi organismi, arrivati a noi sotto forma di fossili. La rapida radiazione adattativa, che in pochi milioni […]

La storia dei pesci ossei resta a lungo confinata nelle acque dolci, ed e’ solo tra la fine del Cretaceo e l’epoca del terziario denominata Eocene, circa 55 milioni di anni fa, che i sedimenti marini mostrano uno straordinario  arricchimento dei resti di questi organismi, arrivati a noi sotto forma di fossili. La rapida radiazione adattativa, che in pochi milioni di anni riempie le acque salate, e’ il risultato di un importante cambiamento adattativo, che i biologi dell’Universita’ di Bergen (Norvegia) Roderick Nigel Finn e Børge A. Kristoffersen sembrano aver chiarito. Nella ricerca pubblicata su PLoS ONE  si evidenzia infatti un importante episodio evolutivo: il genoma dei pesci di acqua dolce sarebbe stato sottoposto alla duplicazione dei geni relativi alla produzione del tuorlo, cosi’ fondamentali per lo sviluppo dell’embrione nelle uova. La spontanea degradazione di una proteina presente nell’eccesso di tuorlo avrebbe permesso all’uovo di riempirsi di acqua, indispensabile per il successivo sviluppo in acque di elevata salinita’. D’altra parte sono note specie non ancora adattate in tal senso, come salmoni, lamprede e storioni, che compiono una migrazione da acque salate ad acque dolci proprio per riprodursi. Le uova dei pesci, infatti, non possiedono i sofisticati apparati degli adulti necessari a mantenere l’equilibrio idrico in un ambiente ricco di sali.

Gli autori, esperti di biologia dello sviluppo dei pesci, stanno studiando la storia filogenetica degli Acantomorfi: in particolare cercano evidenze molecolari della cosiddetta ipotesi 3R, e cioe’ che l’attuale genoma di questo gruppo di pesci sia il risultato di ben tre episodi di duplicazione completa del genoma, avvenuti a partire dalla prima separazione dei pesci ancestrali dai cordati. Per verificare questa ipotesi i ricercatori hanno effettuato un’analisi Bayesiana di sequenze allineate dei geni che esprimono la vitellogenina (proteina precursore del tuorlo) in un gruppo di vertebrati, cnidari e molluschi. Dallo studio comparativo emerge che nei pesci teleostei, dopo l’ultimo episodio di duplicazione dell’intero genoma, si e’ verificata una duplicazione, con successiva neo-funzionalizzazione delle copie ottenute: la scissione spontanea di una delle proteine cosi’ prodotte negli amminoacidi costitutivi determina l’entrata di acqua nella cellula-uovo. L’analisi comparata dimostra che i tempi nei quali sarebbe intervenuta questa modificazione sono compatibili con quelli della comparsa di un grande numero di specie di Acantomorfi  nelle acque marine.

Un grande salto evolutivo, dunque, che sarebbe partito dalla duplicazione di alcuni geni per poi produrre vasti effetti nella fisiologia cellulare degli organismi attraverso processi di neo-funzionalizzazione.

Paola Nardi