Delle leggende sulle cicale, ci cale ci cale ci cale
Le cicale periodiche stanno emergendo negli Stati uniti, e tornano le leggende metropolitane. Le racconta Sofia Lincos, comunicatrice della scienza ed esperta di folklore del CeRaVoLC
Stanno uscendo, a miliardi, proprio in questi giorni: le cicale degli Stati Uniti si preparano a emergere dalle loro tane sotterranee, dove hanno atteso diciassette lunghi anni. E con loro, stanno riemergendo anche le leggende metropolitane che le riguardano.
La biologia
Stiamo parlando di Magicicada, un genere che raggruppa diverse specie di cicale periodiche, abbastanza diverse da quelle italiane. Sono insetti che passano diversi anni allo stadio di ninfa (13 o 17, a seconda della specie), prima di uscire da terreno, riprodursi e morire dopo cinque-sei settimane di vita da “adulti”. Gli studiosi le raggruppano in broods, cioè nidiate: a battezzarle così fu Charles Lester Marlatt (1863–1954), un entomologo del Kansas. A partire dal 1893 Marlatt assegnò un numero romano ad ogni nidiata che si presentava: I-XVII per le Magicicada che trascorrevano 17 anni sottoterra, XVIII-XXX per quelle che ne passavano 13.
Ora sappiamo che alcuni brood sono ormai estinti; solo quindici ne sopravvivono, alcuni più popolosi, altri meno. Il 2020, per intenderci, è stato l’anno della Nidiata IX, che vive in alcune zone della Virginia e della North Carolina. Ma quella che raggruppa più esemplari è la Nidiata X, diffusa in circa quindici stati (tutti nella parte orientale degli Stati Uniti): è quella che in questi giorni sta scavando i tunnel dai quali riemergere.
Le cicale sono sostanzialmente innocue (anche se molto rumorose): non pungono, non attaccano gli esseri umani e non rovinano i raccolti. Eppure, il folklore statunitense ha finito per associarle alle locuste del ben noto flagello biblico (ben più dannose per l’agricoltura). Avete mai sentito la canzone di Bob Dylan, Day of the Locusts? Ebbene, Dylan si riferisce proprio alle cicale che sciamavano mentre stava festeggiando la sua prima laurea ad honorem, a Princeton (New Jersey). Era il giugno 1970 e si trattava ancora una volta della Nidiata X: le bisnonne degli esemplari che stanno emergendo in questi giorni.
Meglio dei fondi di caffè! O quasi… Il 15 marzo 2021, lo storico Robert Damon Schneck (noto sul web come Historian of the Strange) ha pubblicato sui suoi social un ritaglio di giornale del 13 giugno 1906 tratto da un quotidiano della Pennsylvania (The Daily News). Il titolo era, con la solita confusione tra specie:
La lettera sulle ali delle locuste – I superstiziosi dicono che significa “guerra”
In maniera molto simile sempre in America si è sviluppato il filone delle aracno-profezie. Nel 1917, tanto per fare un esempio, alcune persone di Collinsville (Oklahoma) notarono alcune lettere impresse in una ragnatela: componevano le parole “Army”, “Navy” e “War”, e furono subito messe in relazione con la guerra mondiale in corso, creando un certo scompiglio e mille interpretazioni. Non fu certo l’unico caso: per una rassegna completa di storie simili, consigliamo il sito di Chris Woodyard, che ha raccolto molti esempi dalle cronache statunitensi.
Allo stadio adulto, le cicale sono per lo più nere con gli occhi rossi. Solo in rari casi gli occhi possono essere di altri colori, ad esempio azzurri (in questo video ne vedete un esempio). Catturare un insetto con questa caratteristica sarebbe come trovare un quadrifoglio… Anzi, molto di più.
Ogni volta che le cicale si fanno più numerose, infatti, torna infatti a diffondersi negli Stati Uniti un’altra leggenda metropolitana: un entomologo di un’università sarebbe disposto a pagare 1000 dollari o più per un esemplare dagli occhi blu. La storia circola molto nel Tennessee, dove al centro delle dicerie si trova l’Università Vanderbilt (Nashville). Sul suo sito, si legge:
Avete sentito l’ultima, secondo cui gli scienziati della Vanderbilt starebbero pagando fino a 3000 dollari per un esemplare di rara cicala dagli occhi blu? Se l’avete sentita, spero che non abbiate perso tempo a controllare il colore degli occhi delle cicale, perché si tratta di una bufala.
Non si sa come possa essere nata la voce. Alcuni giornalisti citano, all’origine di tutto, una vera iniziativa di un biologo della John Hopkins, William D. McElroy: nel 1947 aveva assoldato i ragazzini del quartiere per la raccolta di lucciole, indispensabili per i suoi studi sulla bioluminescenza. La ricompensa in palio era comunque abbastanza esigua, 25 centesimi per ogni cento esemplari; e poi, comunque, non erano cicale.
Muovi le ali, attira il serpente
La presenza degli insetti – si dice – attirerebbe i serpenti, che vedrebbero in essi un pasto succulento. Pur avendo qualche fondo di verità, gli esperti fanno notare che il panico di questi giorni è totalmente ingiustificato. Matt Evans, dello Smithsonian National Zoo, ha spiegato all’ABC che le cicale non sono un cibo particolarmente apprezzato dai testa di rame, anche se possono approfittare della presenza dei tanti animali morti sul terreno. Secondo un altro esperto, John Kleopfer (Virginia Department of Wildlife Resources), inoltre:
Non abbiamo alcuna prova che il ciclo di 17 anni delle cicale sia legato a un incremento nella popolazione di testa di rame. Si tratta di pura speculazione e ci sono assolutamente zero evidenze a supporto di questa narrazione.
Immagine: Dan Century da Flickr
Questo articolo è stato pubblicato la prima volta sul sito del Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee (CeRaVoLC) ed è qui riprodotto con il consenso degli interessati.
Il Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee (in sigla CeRaVoLC) è stato fondato ad Alessandria nel settembre del 1990.
Unico esempio nel nostro Paese, da allora il Centro si propone di coordinare, a livello nazionale, le attività di raccolta sulle narrazioni e gli episodi derivanti dal folklore dei nostri giorni, nonché di promuovere lo studio di questo fenomeno relativamente recente e di favorire la circolazione dell’informazione sull’argomento.
Nato sulla base delle singole esperienze dei suoi fondatori, maturate dall’interesse per la questione a partire dalla metà degli anni ’80, il Centro si è sviluppato rapidamente raccogliendo collaboratori in tutta la penisola che hanno contribuito a costituire uno degli archivi più completi a livello nazionale (libri, riviste, pubblicazioni varie, stampa non specializzata, registrazioni di racconti orali, fonti digitali, ecc.).