Dimensioni dei mammiferi e tumori
Come i meccanismi di controllo dei retrovirus hanno permesso l’esistenza di mammiferi di grandi dimensioni
Con ogni probabilità, i nostri mari non sarebbero popolati da balene se i mammiferi di grandi dimensioni non avessero evoluto meccanismi di controllo per l’insorgenza di tumori più efficienti rispetto ai loro parenti più piccoli. Quest’affermazione ha motivo di esistere, a seguito di uno studio dei ricercatori delle università inglesi di Oxford, Plymouth, Glasgow e del Dipartimento di salute pubblica di Londra, in cui sono stati analizzati i genomi di 38 specie di mammiferi, dal topo (Mus musculus) ai delfini (Tursiops truncatus), uomo compreso, pubblicato su PLoS Genetics. Nei genomi di questi mammiferi, sono stati individuati 27.711 retrovirus endogeni (ERVs) sopravvissuti nelle sequenze genomiche dei loro ospiti nel corso ultimi 10 milioni di anni. Gli ERVs che hanno infettato i genomi dei mammiferi per 100 milioni di anni, di tanto in tanto, replicandosi sono stati incorporati nel DNA dell’ospite con la possibilità di integrarvi le proprie sequenze genetiche, aumentando il rischio di mutazioni nell’organismo infettato e di essere tramandati di generazione in generazione contribuendo quindi al rischio di mutazioni cancerogene.
Dal modello ottenuto nello studio inglese emerge che all’aumentare della dimensione media corporea della specie si osserva una riduzione del numero di ERVs presenti all’interno del suo genoma. Questa correlazione può spiegare circa il 3% della variabilità nel numero di integrazioni di ERVs nel periodo analizzato (10 milioni di anni). Anche se il collegamento diretto tra ERVs ed insorgenza di tumori non è stato finora dimostrato, se non per quelli del sangue, la presenza di sequenze di ERVs può comunque alterare i processi cellulari e possibilmente innescare quelli tumorali. Quindi, considerando l’elevato numero di cellule da cui sono costituiti gli animali di grandi dimensioni, ci si aspetterebbe in questi un’incidenza superiore nel presentarsi della malattia. Tale relazione non viene però osservata nè in natura, ad esempio l’incidenza di cancro negli esseri umani è molto più alta di quella nelle balene, nè nel modello ottenuto nello studio citato.
La correlazione negativa invece osservata tra la dimensione corporea e il tasso di integrazione degli ERVs suggerisce che i mammiferi più grandi siano in grado di esercitare un maggiore controllo sulla proliferazione degli ERVs. Questo potrebbe essere dovuto all’evoluzione dei meccanismi in grado di limitare l’attività retrovirale con conseguente limitazione dell’incorporazione di ERVs nel genoma. In altre parole, l’ipotesi sottesa è che qualche tipo di pressione selettiva abbia agito in modo che gli animali di dimensioni maggiori abbiano sviluppato meccanismi più efficienti con cui controllare l’insorgenza di neoplasie. Questa caratteristica potrebbe essere stata uno dei promotori dell’incremento di taglia nei mammiferi nel corso della loro storia evolutiva.
Questi risultati ben si allineano anche con il Paradosso di Peto, professore che con i suoi studi ha infatti dimostrato, che a livello di specie, l’incidenza di cancro non sembra essere correlato con il numero di cellule in un organismo.
Ilaria Pietrini
Riferimenti:
Katzourakis A., Magiorkinis, G., Lim A.G., Gupta, S., Belshaw, R. and Gifford, R. Larger mammalian body size lead to lower retroviral activity. PLOS Pathogens, July 2014. Volume 10. Issue 7. e1004214. doi:10.1371/journal.ppat.1004214