E se il guscio delle tartarughe si fosse evoluto per scavare?
Uno dei più noti adattamenti difensivi contro i predatori potrebbe essersi originato, almeno inizialmente, per motivi completamente diversi: scavare più efficacemente nel terreno
Nuovi fossili rinvenuti in Sudafrica appartenenti ad uno dei più antichi progenitori conosciuti delle odierne tartarughe suggeriscono come l’iniziale allargamento delle costole, preludio della parte ventrale del guscio, sarebbe nato come un adattamento per lo scavo, e solo successivamente queste strutture sarebbero state co-optate per la protezione.
Lo sviluppo di un vero e proprio guscio nelle tartarughe richiese almeno 50 milioni di anni ed uno dei primi passi, secondo evidenze fossili e di biologia dello sviluppo, fu l’allargamento delle costole. La conseguente aumentata rigidità del torace, però, comportava dei problemi sia durante la respirazione che durante il movimento, riducendo la velocità di questi animali.
Se questa e altre caratteristiche tipiche delle tartarughe si sono evolute per selezione naturale, dovremmo immaginare un vantaggio adattativo che superi i notevoli costi. Una funzione protettiva, però, fatica a spiegare l’iniziale allargamento delle costole nei progenitori di questi rettili, in cui il collo, la testa e alcuni muscoli rimanevano comunque esposti ai predatori.
I nuovi fossili di Eunotosaurus africanus (un lontano parente di tartarughe e testuggini) analizzati in questo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, forniscono un’ipotesi alternativa sull’origine delle costole allargate e sulla storia evolutiva del guscio delle tartarughe. Negli scheletri più completi di questi individui, infatti, sono state trovate diverse caratteristiche che fanno pensare che questi animali avessero uno stile di vita fossorio.
Come in molti animali scavatori anche attuali, come il formichiere gigante, le costole allargate forniscono una base più stabile per l’azione di scavo. Inoltre, gli adattamenti alla vita fossoria riscontrati negli scheletri di Eunotosaurus sono simili a quelli presenti in tartarughe odierne con le stesse abitudini, come quelle del genere Gopherus.
Dalla comparazione delle strutture ossee dell’occhio presenti in questi fossili con quelle di alcuni moderni amnioti, i ricercatori hanno concluso che la sensibilità alla luce di questi animali era probabilmente ridotta, un’altra caratteristica diffusa tra le specie fossorie moderne, ma che non vivevano costantemente sottoterra.
Gli adattamenti per lo scavo, soprattutto quelli che interessarono gli arti anteriori (modificazioni simili a quelle per il nuoto), divennero in seguito fondamentali per la propulsione di questi rettili una volta ritornati in habitat acquatici, dove gli antenati delle moderne tartarughe potrebbero essere sopravvissuti all’estinzione che si verificò alla fine del Permiano.
In definitiva, gli adattamenti di Eunotosaurus e di altri antenati delle tartarughe, che fornivano una base stabile per una potente azione di scavo, si sarebbero evoluti rapidamente per vivere in ambienti aridi, dove la fossorialità è una comune strategia di sopravvivenza. Solo successivamente, il carapace ed il torace allargato vennero co-optati per la protezione.
Riferimento:
Tyler R. Lyson, Bruce S. Rubidge, Torsten M. Scheyer, Kevin de Queiroz, Emma R. Schachner, Roger M.H. Smith, Jennifer Botha-Brink, G.S. Bever. Fossorial Origin of the Turtle Shell. Current Biology, 2016; DOI:10.1016/j.cub.2016.05.020
Image credits: Andrey Atuchin